By Il Giornale
Giovanni Masini
Giovanni Masini
Appaiono sorridenti, rilassati, mentre posano davanti all'obiettivo nelle divise mimetiche. Mostrano i kalashnikov, le giberne piene, le armi automatiche levate al cielo in segno di vittoria.Sono i combattenti cristiani che nel nord dell'Iraq tentano disperatamente di opporsi all'avanzata dell'Isis.
Su Facebook si definiscono "organizzazione comunitaria", ma la traduzione del loro nome, Dwekh Nawsha, significa "Martirio futuro". Delusi dall'inefficacia delle azioni tanto del governo federale iracheno quanto delle milizie curde, questi uomini si sono organizzati in una "brigata cristiana" che giorno dopo giorno raccoglie sempre più consensi.
Secondo un reporter di France Presse, che li ha raggiunti a fine settembre, Dwekh Nawsha opererebbe ormai da quasi tre mesi nella zona compresa Sharafya e Duhok, a nord della piana di Ninive, ad appena qualche decina di chilometri da Mosul. Una zona vicinissa ai territori controllati dagli uomini del Califfato, dove la popolazione civile è terrorizzata dalle violenze che si susseguono quotidianamente.
In questo scenario un pugno di uomini, riuniti sotto il vessillo assiro biancorossoblu con i fucili incrociati, ha deciso di imbracciare le armi e provare a opporsi all'espansione dello Stato Islamico. Al momento Dwekh Nawsha conta ancora pochi effettivi, ma secondo il partito politico locale Movimento democratico assiro, i volontari che si sono presentati per combattere Isis sarebbero già almeno duemila.
Contattati da ilGiornale.it, i combattenti della brigata cristiana ci raccontano di come è nata una formazione militare concepita per "controllare il territorio e tenere lontano il pericolo dell'Isis": "Siamo in pochi ma determinati - ci spiega Henry Sarkis, ufficiale di stanza a Duhok e uno dei fondatori della brigata - Di circa un centinaio di uomini un po' più della metà escono in pattuglia, perché non abbiamo abbastanza armi. Per questo organizziamo dei turni di guardia."
"Con il governo centrale e l'esercito regolare non abbiamo rapporti se non per scambiarci informazioni di carattere strettamente militare, ma per il resto siamo indipendenti - ci spiegano dal comando - Le armi vengono dalle riserve dell'Assryian Patriotic Party (il partito patriottico assiro, ndr), in parte sono di proprietà dei nostri combattenti e in parte le acquistiamo con i soldi delle donazioni che raccogliamo via Internet. Da tre settimane abbiamo attivato un servizio di donazioni via PayPal: per il momento non è ancora molto efficace, è per questo ci vuole tempo".
Le donazioni arrivano da diversi Paesi ma, almeno per il momento, i combattenti sono tutti iracheni.
Per ora, ci spiegano, non sono ancora in grado di affrontare Isis in campo aperto: "Non ne abbiamo ancora la forza. Il nostro dovere è quello di controllare il territorio e tenere i cristiani fuori pericolo - conclude Sarkis - Per questo continuiamo a fare esercitazioni militari e ad addestrarci, continuamente."
I numeri degli effettivi, è vero, sono contenuti, ma la loro visibilità sui media sta crescendo esponenzialmente: attivissimi su Facebook, Instagram e Twitter, i combattenti cristiani di Dwekh Nawsha producono giornalmente foto, audio e video per pubblicizzare la propria lotta e portarla all'attenzione dell'opinione pubblica occidentale. Il loro appello non è rimasto inascoltato e i primi Cristiani occidentali stanno già risponendo alle richieste di aiuto con donazioni in denaro. Loro, in Iraq, non si rassegnano e continuano a lottare perché il Cristianesimo non sia cancellato da quelle terre dove in venti secoli è sempre stato presente.
Su Facebook si definiscono "organizzazione comunitaria", ma la traduzione del loro nome, Dwekh Nawsha, significa "Martirio futuro". Delusi dall'inefficacia delle azioni tanto del governo federale iracheno quanto delle milizie curde, questi uomini si sono organizzati in una "brigata cristiana" che giorno dopo giorno raccoglie sempre più consensi.
Secondo un reporter di France Presse, che li ha raggiunti a fine settembre, Dwekh Nawsha opererebbe ormai da quasi tre mesi nella zona compresa Sharafya e Duhok, a nord della piana di Ninive, ad appena qualche decina di chilometri da Mosul. Una zona vicinissa ai territori controllati dagli uomini del Califfato, dove la popolazione civile è terrorizzata dalle violenze che si susseguono quotidianamente.
In questo scenario un pugno di uomini, riuniti sotto il vessillo assiro biancorossoblu con i fucili incrociati, ha deciso di imbracciare le armi e provare a opporsi all'espansione dello Stato Islamico. Al momento Dwekh Nawsha conta ancora pochi effettivi, ma secondo il partito politico locale Movimento democratico assiro, i volontari che si sono presentati per combattere Isis sarebbero già almeno duemila.
Contattati da ilGiornale.it, i combattenti della brigata cristiana ci raccontano di come è nata una formazione militare concepita per "controllare il territorio e tenere lontano il pericolo dell'Isis": "Siamo in pochi ma determinati - ci spiega Henry Sarkis, ufficiale di stanza a Duhok e uno dei fondatori della brigata - Di circa un centinaio di uomini un po' più della metà escono in pattuglia, perché non abbiamo abbastanza armi. Per questo organizziamo dei turni di guardia."
"Con il governo centrale e l'esercito regolare non abbiamo rapporti se non per scambiarci informazioni di carattere strettamente militare, ma per il resto siamo indipendenti - ci spiegano dal comando - Le armi vengono dalle riserve dell'Assryian Patriotic Party (il partito patriottico assiro, ndr), in parte sono di proprietà dei nostri combattenti e in parte le acquistiamo con i soldi delle donazioni che raccogliamo via Internet. Da tre settimane abbiamo attivato un servizio di donazioni via PayPal: per il momento non è ancora molto efficace, è per questo ci vuole tempo".
Le donazioni arrivano da diversi Paesi ma, almeno per il momento, i combattenti sono tutti iracheni.
Per ora, ci spiegano, non sono ancora in grado di affrontare Isis in campo aperto: "Non ne abbiamo ancora la forza. Il nostro dovere è quello di controllare il territorio e tenere i cristiani fuori pericolo - conclude Sarkis - Per questo continuiamo a fare esercitazioni militari e ad addestrarci, continuamente."
I numeri degli effettivi, è vero, sono contenuti, ma la loro visibilità sui media sta crescendo esponenzialmente: attivissimi su Facebook, Instagram e Twitter, i combattenti cristiani di Dwekh Nawsha producono giornalmente foto, audio e video per pubblicizzare la propria lotta e portarla all'attenzione dell'opinione pubblica occidentale. Il loro appello non è rimasto inascoltato e i primi Cristiani occidentali stanno già risponendo alle richieste di aiuto con donazioni in denaro. Loro, in Iraq, non si rassegnano e continuano a lottare perché il Cristianesimo non sia cancellato da quelle terre dove in venti secoli è sempre stato presente.