"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

24 febbraio 2011

Il venerdì della rabbia in Iraq. Il governo decide: nonostante sia festa tutti al lavoro.

By Baghdadhope*

Quella di stanotte sarà una notte calma a Baghdad? E cosa succederà quando i manifestanti si riuniranno a piazza Tahrir domani? E nel prossimo futuro? Quali saranno le conseguenze della manifestazione che nata come forma di protesta per le inaccettabili condizioni di vita dei cittadini da anni a questa parte ha finito per assumere una valenza politica importante? L'Iraq finirà come l'Egitto, la Tunisia o peggio ancora la Libia, dove il regime ha addirittura bombardato le strade affollate di manifestanti?
A parlare con chi vive a Baghdad si hanno poche risposte ma molte domande. Soprattutto però si percepisce un senso di sfiducia verso tutto e tutti fatto di persone che cavalcano due cavalli, il nostro equivalente di "stanno con un piede in due scarpe", di accordi sotto banco tra le diverse parti politiche del paese e di una democrazia che non ha funzionato e non funziona, un sogno infranto.
La fonte di Baghdadhope nella capitale irachena ha descritto una città in attesa in cui è in vigore fino a domattina il coprifuoco.
Alle 18 di oggi le strade che portano a piazza Tahrir erano ancora aperte, e sotto il Nasb al Hurriya, il monumento alla libertà realizzato dall'artista iracheno Jawad Salim per celebrare la rivoluzione che portò alla caduta della monarchia il 14 luglio 1958 c'erano un centinaio di manifestanti. In altre zone della città invece, da quelle vicine alla piazza come Bab Al Sharji a quelle lontane come Dora, la vita scorreva come al solito e le strade erano piene di gente e di auto.
Nessuno può prevedere quante persone scenderanno in piazza domani. Per ora ciò che si sa è che il governo ha deciso di osteggiare la manifestazione con le parole e con i fatti. Le parole sono quelle del primo ministro Nuri al Maliki che in un messaggio diffuso dalla televisione di stato ha parlato di appartenenti al disciolto partito Baath che guiderebbero le proteste e di possibili attentati da parte di Al Qaeda.
I fatti sono i tre ordini ufficiali diffusi per scoraggiare ulteriormente la popolazione a partecipare alla manifestazione.
Il primo è quello, come si è detto, di non parteciparvi, il secondo è quello che forse più di tutti avrà effetto e che prevede che nonostante la giornata festiva del venerdì islamico tutti gli uomini - ma non le donne - dovranno recarsi al lavoro, ed il terzo prevede serrati controlli alle persone ed ai documenti di identità che potrebbero ulteriormente scoraggiare la partecipazione.
Per ora quindi - riferisce la fonte di Baghdadope - non resta che aspettare.
Intanto per domani è prevista la visita del presidente iracheno Jalal Talabani Kuwait per la festa nazionale del piccolo stato che ogni anno marca la sua indipendenza raggiunta nel 1961.
Proprio domani.