By Baghdadhope*
A scendere in piazza a Baghdad per protestare contro la mancanza di servizi e la dilagante corruzione sono state ieri le vedove e gli orfani delle violenze degli ultimi anni, ha dichiarato uno dei responsabili della manifestazione come riportato dal quotidiano degli Emirati Arabi Al Khaleej.
Al corteo che si è svolto nel quartiere sunnita di Yarmouk hanno partecipato 18 associazioni umanitarie, irachene o sostenute dall'estero.
I partecipanti, tra cui molti bambini che portavano cartelli con cui hanno reclamato il loro "diritto a vivere come tutti i bambini del mondo", hanno chiesto al governo maggiore attenzione verso la situazione di alcuni degli strati più deboli della società irachena, vedove ed orfani appunto.
Le Nazioni Unite hanno stimato nel 2008 la presenza in Iraq di circa 1.140.000 orfani e di circa 3 milioni di donne, molte delle quali vedove, che sono l'unica fonte di sostegno per la propria famiglia, (rispettivamente 336.000 e 871.000 nella sola Baghdad). Secondo le statistiche del Ministero della Pianificazione riferite dalla consigliera del presidente iracheno per gli affari femminili, Selma Jabu, le vedove irachene sarebbero tra le 900.000 ed il milione.
Intanto tra i vari gruppi che si stanno preparando alla manifestazione del 25 febbraio prevista in Piazza Tahrir si è unito quello del "Masiarat Kafa" che si potrebbe tradurre come la "Marcia del basta!".
Di giorno in giorno quindi anche a Baghdad le proteste aumentano. E coinvolgono tutta la popolazione. Ancora da Al Khaleej, infatti, si apprende che la manifestazione nel quartiere sunnita di Yarmouk è stata preceduta l'altro ieri da una nel quartiere sciita di Khadimiya che ha avuto come scopo il chiedere la fine della corruzione, il rispetto della costituzione e le dimissioni del governatore di Baghdad, Saber al Essawi, richieste avanzate anche dai partecipanti, molti dei quali intellettuali e studenti universitari, che si sono riuniti invece nella centralissima Mutanabi Street, da sempre considerata il cuore culturale della capitale irachena per la presenza di venditori di libri e dello storico Shabandar, dal 1917 luogo di elezione degli incontri tra intellettuali prima come stamperia e poi come caffè.
L'ondata di protesta ha anche raggiunto la regione autonoma del Kurdistan iracheno. A Sulemaniya centinaia di manifestanti hanno marciato per chiedere ragione dei feriti e dei due morti di giovedì scorso durante una manifestazione per rivendicare servizi migliori terminata davanti alla sede del Kurdistan Democratic Party guidato da Masoud Barzani, ed ad essi si sono uniti gli studenti che hanno chiesto giustizia e riforme politiche nella sede dell'università dove ci sarebbero stati dei feriti.
Nel frattempo il parlamento iracheno si è riunito ieri a Baghdad alla presenza di ben 245 deputati per discutere di possibili miglioramenti in termini di servizi e sicurezza.
Riuscirà il governo a contenere le proteste dei suoi cittadini?
Per adesso generazioni, sessi ed etnie diverse, religioni in conflitto, ceti sociali e culturali differenti sembrano aver trovato, almeno per ora, un punto in comune.
Una parola sola: basta!
A scendere in piazza a Baghdad per protestare contro la mancanza di servizi e la dilagante corruzione sono state ieri le vedove e gli orfani delle violenze degli ultimi anni, ha dichiarato uno dei responsabili della manifestazione come riportato dal quotidiano degli Emirati Arabi Al Khaleej.
Al corteo che si è svolto nel quartiere sunnita di Yarmouk hanno partecipato 18 associazioni umanitarie, irachene o sostenute dall'estero.
I partecipanti, tra cui molti bambini che portavano cartelli con cui hanno reclamato il loro "diritto a vivere come tutti i bambini del mondo", hanno chiesto al governo maggiore attenzione verso la situazione di alcuni degli strati più deboli della società irachena, vedove ed orfani appunto.
Le Nazioni Unite hanno stimato nel 2008 la presenza in Iraq di circa 1.140.000 orfani e di circa 3 milioni di donne, molte delle quali vedove, che sono l'unica fonte di sostegno per la propria famiglia, (rispettivamente 336.000 e 871.000 nella sola Baghdad). Secondo le statistiche del Ministero della Pianificazione riferite dalla consigliera del presidente iracheno per gli affari femminili, Selma Jabu, le vedove irachene sarebbero tra le 900.000 ed il milione.
Intanto tra i vari gruppi che si stanno preparando alla manifestazione del 25 febbraio prevista in Piazza Tahrir si è unito quello del "Masiarat Kafa" che si potrebbe tradurre come la "Marcia del basta!".
Di giorno in giorno quindi anche a Baghdad le proteste aumentano. E coinvolgono tutta la popolazione. Ancora da Al Khaleej, infatti, si apprende che la manifestazione nel quartiere sunnita di Yarmouk è stata preceduta l'altro ieri da una nel quartiere sciita di Khadimiya che ha avuto come scopo il chiedere la fine della corruzione, il rispetto della costituzione e le dimissioni del governatore di Baghdad, Saber al Essawi, richieste avanzate anche dai partecipanti, molti dei quali intellettuali e studenti universitari, che si sono riuniti invece nella centralissima Mutanabi Street, da sempre considerata il cuore culturale della capitale irachena per la presenza di venditori di libri e dello storico Shabandar, dal 1917 luogo di elezione degli incontri tra intellettuali prima come stamperia e poi come caffè.
L'ondata di protesta ha anche raggiunto la regione autonoma del Kurdistan iracheno. A Sulemaniya centinaia di manifestanti hanno marciato per chiedere ragione dei feriti e dei due morti di giovedì scorso durante una manifestazione per rivendicare servizi migliori terminata davanti alla sede del Kurdistan Democratic Party guidato da Masoud Barzani, ed ad essi si sono uniti gli studenti che hanno chiesto giustizia e riforme politiche nella sede dell'università dove ci sarebbero stati dei feriti.
Nel frattempo il parlamento iracheno si è riunito ieri a Baghdad alla presenza di ben 245 deputati per discutere di possibili miglioramenti in termini di servizi e sicurezza.
Riuscirà il governo a contenere le proteste dei suoi cittadini?
Per adesso generazioni, sessi ed etnie diverse, religioni in conflitto, ceti sociali e culturali differenti sembrano aver trovato, almeno per ora, un punto in comune.
Una parola sola: basta!