"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

22 febbraio 2011

Democrazia e islam Vescovo d'Iraq: MO, rischio islamismo

By MissiOnline, 18/02/2011
(testo non rivisto dall'autore, raccolto da Lorenzo Fazzini)

di Louis Sako
(Arcivescovo caldeo di Kirkuk, Iraq)

Da tempo in Medio oriente esistono regimi teocratici di marca islamica: religione e politica, infatti, nell’islam vanno a braccetto. Alla base della legge, dell’economia, della società e della politica c’è la religione islamica. Allo stesso tempo vige un sistema dittatoriale dal punto di vista politico. Nel contesto islamico c’è sempre bisogno di un leader che deve governare tutti i gruppi contrastanti e il mosaico etnico-religioso di ciascun Paese. Comunque in queste diverse rivolte che vedo sorgere nel Medio oriente si scorge un’esigenza di democrazia. Ma l’affermazione della democrazia, ricordiamocelo, resta qualcosa che non deve essere prefabbricato e nemmeno che può essere imposto.
Secondo me queste rivolte popolari in Medio oriente non sono innocenti. Sono causate dalla volontà di cambiare lo status quo della regione. Dietro ci sono delle forze esterne che intendono indebolire, ad esempio, l’Egitto che rappresenta una forza importante nel mondo arabo. Eppure il cambiamento non deve essere fatto in modo teorico e calato dall’alto, bensì preparato perché il rischio di disordini è forte. Nel caso dell’Egitto si poteva lasciare Mubarak al suo posto fino a settembre e preparare una transizione tranquilla del potere, formando la gente al voto, coinvolgendo i media, la scuola, le moschee.
Penso che dietro quanto successo in Egitto vi siano Usa e Israele, visto che Obama vuole un “nuovo Medio oriente” ma senza arrivare all’uso della guerra, visto che non ha funzionato l’esempio iracheno. Gli Usa vogliono anche cambiare l’assetto del governo teocratico islamico in Iran facendo un gioco di sponda con la base musulmana, che in maggioranza è contraria al fondamentalismo in quanto deformazione della religione islamica. È chiaro che le rivolte sono finanziate dall’estero: in Egitto piazza Tahir è stata occupata per 3 settimane da centinaia di migliaia di persone.
Chi paga questa gente che non va al lavoro? Tre settimane senza lavorare, come va avanti l’economia? Risulta evidente che vi sono spinte esterne, di carattere regionale: non è un caso che Khamenei ha parlato di «risveglio islamico».
Obama ha dichiarato che di fronte ai fatti egiziani «siamo spettatori della storia». Ma di quale storia sta parlando? Quella del caos, dopo aver visto quanto gli Usa hanno fatto in Iraq e Afghanistan? I progetti americani sono attraenti, i loro slogan sono belli, ma come vengono applicati? Bisogna vedere il metodo. Che garanzie ci saranno adesso per l’Egitto dopo l’uscita di Mubarak? Anche rispetto all’Iraq vi sarebbe stato un diverso modo di affrontare le cose dopo la fine della guerra. Vi è la strada dell’educazione all’educazione, un cammino che prende tempo ma è la più solida e sicura.
L’Occidente deve appoggiare l’islam moderato. Ci sono intellettuali e scrittori musulmani moderati, come i libanesi Mohammed al Sammak e Raduan Asseyd. Queste voci vanno sostenute.
In realtà, di questa situazione si possono avvantaggiare i fondamentalisti islamici, come i Fratelli musulmani. In pratica, hanno scopi diversi dagli Stati Uniti ma il risultato è identico: suscitare il cambiamento dello status quo in Medio oriente. Il fondamentalismo ha paura che i paesi islamici perdano la loro identità religiosa: vedono l’Occidente come uno spazio vuoto dal punto di vista religioso e privo di valori spirituali. Quello che osservano dalla televisione è un mondo senza moralità, dove la religione non mantiene più la sua importanza. Se la modernità arriverà in Medio oriente, l’islam crollerà perché, a differenza del cristianesimo, non saprà capace di aggiornarsi.
Non so come sarà la situazione in Egitto, e più in generale in Medio oriente, rispetto al futuro. Sono veramente preoccupato. L’Egitto è considerato un Paese-faro del mondo islamico, dove vi sono intellettuali, artisti, uomini di cultura che fanno da guida alla umma. C’è il pericolo che diventi una società integralista come l’Iran. Adesso stiamo a vedere come si pronuncerà l’università di Al Azhar.
L’Occidente non deve fare l’errore di guardare ai fatti mediorientali dall’esterno, bisogna comprenderli dall’interno, dalla mentalità della gente di lì. Che, ad esempio, sa come i propri governi sono corrotti e sostenuti dall’Occidente per avere il petrolio. Spesso in Occidente vige un’analisi superficiale del Medio oriente.
I cristiani del Medio oriente hanno paura di fronte a questi cambiamenti. Sono in attesa di questa nuova fase con una speranza fragile e delicata. Hanno molto sofferto, per loro la democrazia è una bella soluzione ma vogliono capire il come e il quando della sua applicazione piena. Se non vedono soluzioni concrete e positive, se ne vanno dai loro paesi. Il vero nodo, di fronte ai vari cambiamenti in Medio oriente, è la sicurezza: come è possibile vivere, soprattutto in quanto minoranza, quando la sicurezza non esiste? In Egitto oggi i cristiani sono cittadini di serie B, non possono nemmeno costruire un gabinetto senza il permesso dello Stato. E chi cambierà la Costituzione egiziana dopo l’uscita di scena di Mubarak? Verranno dati tutti i diritti solo ai musulmani e così si sancirà che manca libertà di religione, di culto e coscienza. Solo gli islamici hanno il diritto, tutti gli altri non hanno il permesso di predicare. Insomma, davanti a noi in Medio oriente c’è tanta nebbia.