By Baghdadhope
Tutta la Mosul cristiana, e non solo, si è stretta oggi nella gremitissima chiesa di San Paolo dove in una cerimonia solenne durata due ore è stato ricordato Monsignor Faraj P. Raho ad un anno esatto dalla data del suo funerale.
Baghdadhope ha chiesto a Mons. Warduni un ricordo della giornata.
“E’ stata bella e commovente, la chiesa era pienissima. Tutti volevano onorare la memoria del compianto Mons. Raho. La bara in cui era stato sepolto è stata posta in un’altra bara ed ora riposa in pace nella chiesa che lui stesso aveva fondato e lo aveva avuto come parroco.”
Monsignore, il testo della sua omelia verrà pubblicato domani dal sito del patriarcato caldeo, può dare però un accenno su ciò che ha detto ai fedeli?
“Ciò che ho detto ha trovato ispirazione dal Salmo 111, la beatitudine dell’uomo giusto. Il ricordo di Monsignor Raho rimarrà in eterno. La sua scomparsa, avvenuta in un modo così tragico, ci dà però la certezza del fatto che i Santi in cielo pregano per noi. Ho ricordato ai fedeli come lo stesso Santo padre abbia lodato il coraggio dei credenti e dei martiri, e che quando lo scorso gennaio tutti noi, vescovi iracheni riuniti a Roma per la visita ad limina, gli abbiamo consegnato un piviale di Mons. Raho ed una stola di Padre Ragheed Ganni è stata ipotizzata la loro collocazione nella chiesa di San Bartolomeo sull’Isola Tiberina a Roma dove si ricordano, per volere di Papa Giovanni Paolo II, i martiri del XX secolo.
Come uomini soffriamo di fronte alla morte violenta ma come figli di Dio vogliamo chiedergli di perdonare coloro che compiono tali atti esecrabili perché non sanno ciò che fanno. Monsignor Raho non è più fisicamente con noi ma è in cielo tra i martiri della fede e noi chiediamo la sua intercessione per la pace e la sicurezza, per l’Iraq, per il clero e per i giovani perché rimangano saldi nella fede e possano rimanere a vivere nel proprio paese.
Noi siamo iracheni, originari di questa terra, ed è questa identità che ci riunisce tutti. Con tutti i fedeli ho chiesto alla Santa Vergine ed a San Paolo, il santo che Monsignor Raho amava maggiormente, che ci aiutino a vivere la carità e l’amore. Dio è amore. Ed è l’amore che serve per la riconciliazione.”
Monsignore, può dire qualcosa delle famiglie che lasciarono Mosul lo scorso ottobre?
“Posso dire che circa l’80% di esse hanno fatto ritorno alle proprie case ed alle proprie occupazioni. Un segno di normalizzazione che dà speranza.”
Foto:
Photos by Ankawa.com
Tutta la Mosul cristiana, e non solo, si è stretta oggi nella gremitissima chiesa di San Paolo dove in una cerimonia solenne durata due ore è stato ricordato Monsignor Faraj P. Raho ad un anno esatto dalla data del suo funerale.
Il corpo del vescovo, traslato stamattina da Karamles con eccezionali misure di sicurezza, ha trovato ora finalmente la sua collocazione definitiva. Lo stesso Mons. Raho aveva lasciato scritto nel suo testamento di voler essere seppellito nella chiesa che aveva fondato specificando addirittura il luogo, la parte destra della chiesa dove ha posto il coro.
La cerimonia, guidata dal Patriarca vicario caldeo, Monsignor Shleimun Warduni, ha visto la partecipazione di molti religiosi. C’era, ovviamente il parroco della chiesa di San Paolo, Padre Basman Al Dammar, il giovane sacerdote (27 anni) che, ordinato nel 2006 si è trovato, alla morte di Monsignor Raho, a gestire una situazione molto difficile in qualità di amministratore patriarcale che ha avuto il suo culmine nell’ondata di violenza che lo scorso autunno ha colpito la comunità cristiana della città causando 14 morti e la fuga di migliaia di persone terrorizzate verso le campagne circostanti o all’estero.
La cerimonia, guidata dal Patriarca vicario caldeo, Monsignor Shleimun Warduni, ha visto la partecipazione di molti religiosi. C’era, ovviamente il parroco della chiesa di San Paolo, Padre Basman Al Dammar, il giovane sacerdote (27 anni) che, ordinato nel 2006 si è trovato, alla morte di Monsignor Raho, a gestire una situazione molto difficile in qualità di amministratore patriarcale che ha avuto il suo culmine nell’ondata di violenza che lo scorso autunno ha colpito la comunità cristiana della città causando 14 morti e la fuga di migliaia di persone terrorizzate verso le campagne circostanti o all’estero.
C’erano due vescovi di Mosul, Mons. Gregorius Saliba Chamoun, della chiesa siro ortodossa e Mons. Basilius George Alqas Musa, di quella siro-cattolica. C’erano altri sacerdoti, i giovani disabili ospiti e dell’oasi di Carità Gioia, la casa di accoglienza fondata da Mons. Raho nel 1986 ed ora coordinata da Mons.Warduni, le suore caldee della città, comprese quelle che gestiscono una casa di accoglienza per giovani orfane e le loro assistite. C’erano molti responsabili del governo, compresi il sindaco uscente e quello di fresca nomina, ed un generale responsabile della sicurezza e dei processi di pacificazione.
Baghdadhope ha chiesto a Mons. Warduni un ricordo della giornata.
“E’ stata bella e commovente, la chiesa era pienissima. Tutti volevano onorare la memoria del compianto Mons. Raho. La bara in cui era stato sepolto è stata posta in un’altra bara ed ora riposa in pace nella chiesa che lui stesso aveva fondato e lo aveva avuto come parroco.”
Monsignore, il testo della sua omelia verrà pubblicato domani dal sito del patriarcato caldeo, può dare però un accenno su ciò che ha detto ai fedeli?
“Ciò che ho detto ha trovato ispirazione dal Salmo 111, la beatitudine dell’uomo giusto. Il ricordo di Monsignor Raho rimarrà in eterno. La sua scomparsa, avvenuta in un modo così tragico, ci dà però la certezza del fatto che i Santi in cielo pregano per noi. Ho ricordato ai fedeli come lo stesso Santo padre abbia lodato il coraggio dei credenti e dei martiri, e che quando lo scorso gennaio tutti noi, vescovi iracheni riuniti a Roma per la visita ad limina, gli abbiamo consegnato un piviale di Mons. Raho ed una stola di Padre Ragheed Ganni è stata ipotizzata la loro collocazione nella chiesa di San Bartolomeo sull’Isola Tiberina a Roma dove si ricordano, per volere di Papa Giovanni Paolo II, i martiri del XX secolo.
Come uomini soffriamo di fronte alla morte violenta ma come figli di Dio vogliamo chiedergli di perdonare coloro che compiono tali atti esecrabili perché non sanno ciò che fanno. Monsignor Raho non è più fisicamente con noi ma è in cielo tra i martiri della fede e noi chiediamo la sua intercessione per la pace e la sicurezza, per l’Iraq, per il clero e per i giovani perché rimangano saldi nella fede e possano rimanere a vivere nel proprio paese.
Noi siamo iracheni, originari di questa terra, ed è questa identità che ci riunisce tutti. Con tutti i fedeli ho chiesto alla Santa Vergine ed a San Paolo, il santo che Monsignor Raho amava maggiormente, che ci aiutino a vivere la carità e l’amore. Dio è amore. Ed è l’amore che serve per la riconciliazione.”
Monsignore, può dire qualcosa delle famiglie che lasciarono Mosul lo scorso ottobre?
“Posso dire che circa l’80% di esse hanno fatto ritorno alle proprie case ed alle proprie occupazioni. Un segno di normalizzazione che dà speranza.”
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A sinistra Padre Jibrail Toma, abate generale dell'ordine Antoniano di St. Hormizd dei Caldei nella cerimonia di commemorazione nel monastero di Dair Saida ad Al Qosh.
A destra Padre Raymond Moussalli, vicario patriarcale caldeo in Giordania e Mons. Michael Crotty, incaricato d'affari vaticano in Giordania ed Iraq nella cerimonia di commemorazione ad Amman.