Photo by: Diocesi di Essen
Si è svolta ieri ad Essen (Germania) l’importante cerimonia ufficiale di presentazione alla popolazione della città della chiesa e della comunità caldea, affidata dal settembre del 2007 a Padre Sami Danka che ha spiegato a Baghdadhope l’organizzazione della sua comunità.
“In Germania io non sono l’unico sacerdote caldeo, basti ricordare le comunità a Monaco, Stoccarda, Berlino, Amburgo. L’unica differenza è che la parrocchia di Essen, che comprende anche le comunità di Mönchengladbach, Bonn e Stadtlohn, è la prima interamente caldea. Questo significa che la chiesa dove ieri si è svolta la cerimonia originariamente era una chiesa latina ma ora è una chiesa caldea a tutti gli effetti, una chiesa cioè dove i nostri fedeli possono partecipare alle funzioni secondo il rito caldeo. La chiesa, in quanto edificio è dedicata a Sant’Alberto Magno, ma la parrocchia nel suo insieme è invece dedicata a Sant’Addai e San Mari, apostoli di Gesù”
La cerimonia di ieri si è svolta secondo il rito orientale?
“No. Considerando che si è trattato di una cerimonia ufficiale di presentazione alla città abbiamo seguito il rito latino alternando però nelle preghiere e nei canti il tedesco, l’arabo e l’aramaico.”
Chi era presente alla cerimonia?
“La Santa Messa è stata concelebrata da me, da Mons. Philip Najim, Procuratore caldeo presso la Santa Sede e Visitatore apostolico per l’Europa, ufficialmente invitato per l’occasione dalla diocesi di Essen, e da Mons. Wolfang Miehle, Segretario Generale della Conferenza Episcopale tedesca. Tra i fedeli, circa la metà dei quali erano tedeschi, c’era Padre Cesar Sliwa, sacerdote caldeo a Stoccarda e molte autorità tedesche religiose e civili. C’era Mons. Franz Vorrath, uno dei vescovi ausiliari di Essen che gestiscono per ora la sede vacante visto il trasferimento del precedente vescovo Mons. Felix Genn alla diocesi di Münster. Mons. Hubert Luthe, vescovo emerito della città. Padre Martin Pischel, vicario generale per gli affari del clero. Il dr. Wilhelm Tolksdorf, vicario generale per la pastorale e Padre Nikolai, decano dei sacerdoti di questa zona della città. Per le parte civile c’era il sindaco di Essen Norbert Kleine-Möllhoff, Thomas Kufen, commissario di stato per la migrazione dello stato federale del Nord Reno-Westfalia e l’assessore Gisela Juschka. C’erano alcuni rappresentanti della Caritas e Marie-Ange Siebrecht di Aiuto alla Chiesa che soffre - Germania”
Padre, cosa le ha lasciato questa cerimonia?
“La convinzione che la comunità caldea che vive in Germania è avviata verso l’integrazione nel paese preservando allo stesso tempo la propria identità religiosa. La partecipazione dei fedeli ieri era tangibile a livello emotivo e questo, per una comunità in diaspora, è ciò che la cementa, tiene vivo il pensiero ed il ricordo della madrepatria e la sprona a costruirsi una vita nel paese che l’ha accolta.”
In questi giorni nel mondo si è celebrata, ad un anno dalle sue esequie, la memoria di Mons. Raho. E’ stato ricordato anche nella cerimonia ad Essen?
A rispondere è stato Mons. Philip Najim.
“Naturalmente. D’altra parte nel discorso che sono stato invitato a tenere oltre che a ringraziare la diocesi di Essen per l’enorme disponibilità dimostrata verso la comunità caldea ho parlato proprio di come la chiesa irachena sia una chiesa fondata sul sacrificio dei suoi martiri che da esso trae forza e fede. Ricordare Mons. Raho, quindi, e dedicare un pensiero a lui ed agli altri martiri cristiani è stato naturale. In Germania, come ovunque nel mondo, la comunità caldea avrà sempre un affetto speciale per loro.”
Lo scorso anno l’Unione Europea aveva invitato gli stati membri ad accogliere 10.000 profughi iracheni che vivono in Siria e Giordania ma tra tutti gli stati si è arrivati fino ad ora ad una disponibilità per 5.000 di loro di cui ben 2.500 arriveranno in Germania. Tra i profughi per i quali l’Unione ha perorato l’accoglienza ci sono anche i membri delle minoranze religiose.
La decisione dell’UE ha suscitato le proteste di diversi vescovi iracheni che hanno visto in essa un’ulteriore spinta all’emigrazione per la comunità irachena cristiana. Critiche che sembrano non trovare appiglio nella politica immigratoria del governo tedesco. L’ufficializzazione di Mar Addai e Mar Mari come prima parrocchia caldea su suolo germanico, per quanto attesa e “nell’ordine delle cose,” sembra proprio voler ribadire il concetto di uno stato “accogliente,” che decide autonomamente chi far entrare sul proprio territorio.
E che potrebbe andare anche oltre nei numeri. Da una parte le organizzazioni per i diritti umani tedesche che spingono in questa direzione chiedendo l’istituzione di un programma di accoglienza permanente (attualmente ai profughi del programma dell’UE viene offerto un permesso di soggiorno triennale rinnovabile) o Guenter Burkhardt di Pro-Asyl, che afferma come ben più di 2500 rifugiati abbiano bisogno di aiuto e che alla Germania servono persone come loro, la maggior parte delle quali è istruita. D’altra parte il cambio della presidenza dell’Unione Europea che da luglio sarà affidata alla Svezia, la nazione che, secondo quanto dichiarato da Dan Eliasson, a capo dell’Ufficio Migrazione, solo dal 2006 ha accolto 80.000 iracheni, metà richiedenti asilo e metà rifugiati, e che non mancherà di certo di fare pressioni sugli altri governi europei perché contribuiscano maggiormente all’aiuto ai profughi che arrivano nel vecchio continente.
Magari con disappunto di chi sta cercando di fermare l’emorragia della comunità irachena cristiana per preservarne origine e tradizione però, forse, con sollievo da parte di quei profughi che comunque non possono o non vogliono tornare in Iraq.
“In Germania io non sono l’unico sacerdote caldeo, basti ricordare le comunità a Monaco, Stoccarda, Berlino, Amburgo. L’unica differenza è che la parrocchia di Essen, che comprende anche le comunità di Mönchengladbach, Bonn e Stadtlohn, è la prima interamente caldea. Questo significa che la chiesa dove ieri si è svolta la cerimonia originariamente era una chiesa latina ma ora è una chiesa caldea a tutti gli effetti, una chiesa cioè dove i nostri fedeli possono partecipare alle funzioni secondo il rito caldeo. La chiesa, in quanto edificio è dedicata a Sant’Alberto Magno, ma la parrocchia nel suo insieme è invece dedicata a Sant’Addai e San Mari, apostoli di Gesù”
La cerimonia di ieri si è svolta secondo il rito orientale?
“No. Considerando che si è trattato di una cerimonia ufficiale di presentazione alla città abbiamo seguito il rito latino alternando però nelle preghiere e nei canti il tedesco, l’arabo e l’aramaico.”
Chi era presente alla cerimonia?
“La Santa Messa è stata concelebrata da me, da Mons. Philip Najim, Procuratore caldeo presso la Santa Sede e Visitatore apostolico per l’Europa, ufficialmente invitato per l’occasione dalla diocesi di Essen, e da Mons. Wolfang Miehle, Segretario Generale della Conferenza Episcopale tedesca. Tra i fedeli, circa la metà dei quali erano tedeschi, c’era Padre Cesar Sliwa, sacerdote caldeo a Stoccarda e molte autorità tedesche religiose e civili. C’era Mons. Franz Vorrath, uno dei vescovi ausiliari di Essen che gestiscono per ora la sede vacante visto il trasferimento del precedente vescovo Mons. Felix Genn alla diocesi di Münster. Mons. Hubert Luthe, vescovo emerito della città. Padre Martin Pischel, vicario generale per gli affari del clero. Il dr. Wilhelm Tolksdorf, vicario generale per la pastorale e Padre Nikolai, decano dei sacerdoti di questa zona della città. Per le parte civile c’era il sindaco di Essen Norbert Kleine-Möllhoff, Thomas Kufen, commissario di stato per la migrazione dello stato federale del Nord Reno-Westfalia e l’assessore Gisela Juschka. C’erano alcuni rappresentanti della Caritas e Marie-Ange Siebrecht di Aiuto alla Chiesa che soffre - Germania”
Padre, cosa le ha lasciato questa cerimonia?
“La convinzione che la comunità caldea che vive in Germania è avviata verso l’integrazione nel paese preservando allo stesso tempo la propria identità religiosa. La partecipazione dei fedeli ieri era tangibile a livello emotivo e questo, per una comunità in diaspora, è ciò che la cementa, tiene vivo il pensiero ed il ricordo della madrepatria e la sprona a costruirsi una vita nel paese che l’ha accolta.”
In questi giorni nel mondo si è celebrata, ad un anno dalle sue esequie, la memoria di Mons. Raho. E’ stato ricordato anche nella cerimonia ad Essen?
A rispondere è stato Mons. Philip Najim.
“Naturalmente. D’altra parte nel discorso che sono stato invitato a tenere oltre che a ringraziare la diocesi di Essen per l’enorme disponibilità dimostrata verso la comunità caldea ho parlato proprio di come la chiesa irachena sia una chiesa fondata sul sacrificio dei suoi martiri che da esso trae forza e fede. Ricordare Mons. Raho, quindi, e dedicare un pensiero a lui ed agli altri martiri cristiani è stato naturale. In Germania, come ovunque nel mondo, la comunità caldea avrà sempre un affetto speciale per loro.”
Lo scorso anno l’Unione Europea aveva invitato gli stati membri ad accogliere 10.000 profughi iracheni che vivono in Siria e Giordania ma tra tutti gli stati si è arrivati fino ad ora ad una disponibilità per 5.000 di loro di cui ben 2.500 arriveranno in Germania. Tra i profughi per i quali l’Unione ha perorato l’accoglienza ci sono anche i membri delle minoranze religiose.
La decisione dell’UE ha suscitato le proteste di diversi vescovi iracheni che hanno visto in essa un’ulteriore spinta all’emigrazione per la comunità irachena cristiana. Critiche che sembrano non trovare appiglio nella politica immigratoria del governo tedesco. L’ufficializzazione di Mar Addai e Mar Mari come prima parrocchia caldea su suolo germanico, per quanto attesa e “nell’ordine delle cose,” sembra proprio voler ribadire il concetto di uno stato “accogliente,” che decide autonomamente chi far entrare sul proprio territorio.
E che potrebbe andare anche oltre nei numeri. Da una parte le organizzazioni per i diritti umani tedesche che spingono in questa direzione chiedendo l’istituzione di un programma di accoglienza permanente (attualmente ai profughi del programma dell’UE viene offerto un permesso di soggiorno triennale rinnovabile) o Guenter Burkhardt di Pro-Asyl, che afferma come ben più di 2500 rifugiati abbiano bisogno di aiuto e che alla Germania servono persone come loro, la maggior parte delle quali è istruita. D’altra parte il cambio della presidenza dell’Unione Europea che da luglio sarà affidata alla Svezia, la nazione che, secondo quanto dichiarato da Dan Eliasson, a capo dell’Ufficio Migrazione, solo dal 2006 ha accolto 80.000 iracheni, metà richiedenti asilo e metà rifugiati, e che non mancherà di certo di fare pressioni sugli altri governi europei perché contribuiscano maggiormente all’aiuto ai profughi che arrivano nel vecchio continente.
Magari con disappunto di chi sta cercando di fermare l’emorragia della comunità irachena cristiana per preservarne origine e tradizione però, forse, con sollievo da parte di quei profughi che comunque non possono o non vogliono tornare in Iraq.