"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

24 marzo 2009

24 marzo 2009: In catene per Cristo liberi di amare

Fonte: Movimento Giovanile Missionario

24 marzo 2009: GIORNATA DEI MISSIONARI MARTIRI

ELENCO DELLE MISSIONARIE E DEI MISSIONARIUCCISI NELL’ANNO 2008
S.Ecc. Mons. Paulos Faraj Rahho
Iraq
Arcivescovo Caldeo di Mosul (Iraq)
13 marzo (?) – Mosul (Iraq)

Nel giorno che ricorda l'uccisione di Mons. Oscar Arnulfo Romero, il 24 marzo del 1980, la Chiesa Italiana si ritrova per celebrare una giornata di preghiera e digiuno facendo memoria dei missionari martiri e di quanti ogni anno sono stati uccisi solo perché incatenati a Cristo. La ferialità della loro fede fa di questi testimoni delle persone a noi vicine, modelli accessibili, facilmente imitabili. Don Gianni, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie ci parla del tema della XVII Giornata: In catene per Cristo, liberi di amare. Di seguito il materiale per celebrare e vivere personalmente e comunitariamente la giornata e il progetto in India che sarà finanziato con le offerte raccolte.
Manifesto [ZIP]
Dossier Agenzia Fides [DOC]
Indicazioni per vivere la Giornata [PDF]
Progetto di solidarietà [PDF]
Elenco Missionari Uccisi [PDF] [DOC]
Riflessione Tematica [PDF]
Veglia di Preghiera [PDF] [DOC]
Adorazione Eucaristica [PDF] [DOC]
Via Crucis [PDF] [DOC]
Celebrazione Ecumenica [PDF] [DOC]

Nella pace monastica dell’Abbazia delle Tre Fontane di Roma centinaia di giovani si sono ritrovati all’inizio dello scorso ottobre per vivere insieme la conclusione della Carovana Missionaria della Pace 2008, celebrando insieme una Veglia di preghiera al sabato notte e una coinvolgente Eucaristia domenicale la mattina seguente.
Lo spazio dell’Abbazia è particolarmente suggestivo perché la tradizione ce lo consegna come luogo del martirio di san Paolo, l’apostolo che aveva assistito – come Saulo – al sacrificio del primo martire Stefano e che come lui sarà messo in catene, senza perdere mai la libertà di amare e di annunciare con le parole e con i fatti la forza e la gioia del Vangelo.
Nei suoi scritti Paolo più volte rivendica di avere patito in varie forme sofferenze per Cristo e nello stesso tempo di avere patito anche per la sua “preoccupazione per tutte le Chiese”, per le quali invocava dal Signore con una sofferenza quasi fisica il dono della fedeltà al Vangelo ricevuto.
L’anno 2008 appena trascorso consegna alla storia della Chiesa un altro lungo elenco di sofferenze, di uccisioni, di assurdità, di diritti negati anche ai cristiani e spesso proprio a causa della loro appartenenza religiosa.
Pensiamo agli eventi dell’India, della Nigeria, della Somalia, dell'Iraq, del Darfur, del Nord Kivu e della Terra Santa, alle difficoltà tuttora vissute in Cina così come in molte regioni segnate da fondamentalismi religiosi e politici. Accanto allo sgomento e all’angoscia per la sorte di migliaia di persone abbiamo conosciuto commoventi testimonianze di pace e di perdono da parte di coloro che sono stati messi davvero in catene per Cristo, liberi di amare.
Pensiamo che dietro a ogni missionario martire o ucciso o rapito o perseguitato vi sono le sofferenze costanti delle loro comunità, la precarietà della vita quotidiana, le minacce a molti umili testimoni del Vangelo, specialmente laici e laiche, che non godono di mobilitazione di folle e di giornali e la cui difesa è spesso affidata alla sola voce di missionari e missionarie che condividono ogni piega di quelle situazioni, motivati solo dalla forza dell’amore.
In catene per Cristo, liberi di amare: san Paolo è non solo l’autore, ma anche il robusto esempio di questo messaggio. Esso chiede indubbia solidarietà con le comunità sofferenti, ma chiede anche a ciascuno di noi di realizzare nella preghiera, nel digiuno e nella vita quella intercessione che non è rassegnazione alle contese, alle negazioni dei diritti, alle logiche della violenza, ma è uno stare in mezzo, inventando gesti e relazioni di riconciliazione e tenendo comunque presente la misteriosa parola che Gesù riserva a quanti sono perdenti agli occhi del mondo, ma beati agli occhi di Dio: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi» (Mt 5,11-12).