Foto: Ankawa.com
di Louis Sako*
Oggi in Iraq si ricorda il primo anniversario della morte di mons. Paulo Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul. A Kirkuk è stata celebrata stamane una messa, presieduta da mons. Louis Sako, arcivescovo della diocesi, il quale ha ricordato “il martirio del vescovo di Mosul” e “il lungo elenco dei martiri cristiani irakeni”. Alla funzione hanno partecipato anche “diversi amici musulmani”, che hanno voluto testimoniare la loro vicinanza “alla comunità cristiana”.
Mons. Rahho era stato rapito il 29 febbraio al termine della Via Crucis celebrata nella chiesa del Santo Spirito. Il presule era molto malato, pochi anni prima aveva subito un infarto e da allora aveva bisogno di cure quotidiane. Le difficili trattative condotte nei 14 giorni di sequestro avevano lasciato poche speranza, per la totale assenza di contatti con l’ostaggio. Durante le concitate fasi del sequestro sono state uccise altre tre persone: si tratta di Faris Gorgis Khoder, l’autista, e Ramy e Samir, due guardie del corpo.
Di seguito il messaggio che mons. Louis Sako ha inviato ad AsiaNews:
Oggi si celebra l’anniversario del martirio del vescovo Paolo Faraj Rahho e dei suoi compagni. Un anno fa, siamo stati colpiti e scandalizzati da questa azione assurda! E, allo stesso tempo, si celebra la memoria di un lungo elenco di martiri cristiani: 710 in Iraq, compresi i 21 di Kirkuk, tra cui il chierichetto Fadi, le due sorelle Margaret e Fadhila, il colonnello diacono W. Boraji.
Questa celebrazione non é una memoria dal passato, ma una presenza concreta che oltrepassa il tempo. Siamo di fronte ad un grande mistero, il mistero della vita in tutta la sua pienezza. Difatti il martirio spiega tutta l’intensità della vita e la sua gloria. Vita che noi chiamiamo “eterna” non nel modo pensato dai filosofi, ma secondo la testimonianza concreta di Gesù Cristo. In Lui troviamo motivo di adorazione, speranza, perseveranza, e la forza di sopportare tutto.
Ci sono molte sfide e difficoltà, ma non dobbiamo cedere al pessimismo e alla paura… Noi cristiani dobbiamo continuare ad essere il difficile numero dell’equazione. La morte di questi eroi ci deve ci deve aiutare a vincere le nostre paure e i nostri dubbi. Il loro martirio è segno della trasfigurazione e resurrezione ed è diventato per la nostra Chiesa e il nostro paese “un’oasi di benedizione”.
Non possiamo tacere, bisogna ricordare alla comunità irakena e a tutto il mondo l’importanza della presenza dei cristiani e la loro testimonianza di lealtà, fedeltà, onestà. La nostra volontà è di continuare questa esistenza nell’amore e nel rispetto dei diritti umani. Noi vogliamo vivere in pace e fratellanza con gli altri.
Il Sangue di tanti martiri irakeni ci invita tutti a tornare ad una vita sociale degna e a cooperare per la riconciliazione nazionale in modo sincero; esso ci invita ance a creare una società democratica, che rispetta la libertà di tutti i cittadini e la loro dignità.
Questa commemorazione dei martiri ha per noi un grande significato di amore, speranza, consolazione e gioia. Il Venerdì santo sarà seguito sicuramente dalla domenica della Pasqua.
*Arcivescovo caldeo di Kirkuk
Mons. Rahho era stato rapito il 29 febbraio al termine della Via Crucis celebrata nella chiesa del Santo Spirito. Il presule era molto malato, pochi anni prima aveva subito un infarto e da allora aveva bisogno di cure quotidiane. Le difficili trattative condotte nei 14 giorni di sequestro avevano lasciato poche speranza, per la totale assenza di contatti con l’ostaggio. Durante le concitate fasi del sequestro sono state uccise altre tre persone: si tratta di Faris Gorgis Khoder, l’autista, e Ramy e Samir, due guardie del corpo.
Di seguito il messaggio che mons. Louis Sako ha inviato ad AsiaNews:
Oggi si celebra l’anniversario del martirio del vescovo Paolo Faraj Rahho e dei suoi compagni. Un anno fa, siamo stati colpiti e scandalizzati da questa azione assurda! E, allo stesso tempo, si celebra la memoria di un lungo elenco di martiri cristiani: 710 in Iraq, compresi i 21 di Kirkuk, tra cui il chierichetto Fadi, le due sorelle Margaret e Fadhila, il colonnello diacono W. Boraji.
Questa celebrazione non é una memoria dal passato, ma una presenza concreta che oltrepassa il tempo. Siamo di fronte ad un grande mistero, il mistero della vita in tutta la sua pienezza. Difatti il martirio spiega tutta l’intensità della vita e la sua gloria. Vita che noi chiamiamo “eterna” non nel modo pensato dai filosofi, ma secondo la testimonianza concreta di Gesù Cristo. In Lui troviamo motivo di adorazione, speranza, perseveranza, e la forza di sopportare tutto.
Ci sono molte sfide e difficoltà, ma non dobbiamo cedere al pessimismo e alla paura… Noi cristiani dobbiamo continuare ad essere il difficile numero dell’equazione. La morte di questi eroi ci deve ci deve aiutare a vincere le nostre paure e i nostri dubbi. Il loro martirio è segno della trasfigurazione e resurrezione ed è diventato per la nostra Chiesa e il nostro paese “un’oasi di benedizione”.
Non possiamo tacere, bisogna ricordare alla comunità irakena e a tutto il mondo l’importanza della presenza dei cristiani e la loro testimonianza di lealtà, fedeltà, onestà. La nostra volontà è di continuare questa esistenza nell’amore e nel rispetto dei diritti umani. Noi vogliamo vivere in pace e fratellanza con gli altri.
Il Sangue di tanti martiri irakeni ci invita tutti a tornare ad una vita sociale degna e a cooperare per la riconciliazione nazionale in modo sincero; esso ci invita ance a creare una società democratica, che rispetta la libertà di tutti i cittadini e la loro dignità.
Questa commemorazione dei martiri ha per noi un grande significato di amore, speranza, consolazione e gioia. Il Venerdì santo sarà seguito sicuramente dalla domenica della Pasqua.
*Arcivescovo caldeo di Kirkuk