Fonte: SIR
"La situazione è critica. Nei cristiani iracheni c'è la forte paura del domani. Essi vivono una tragedia che termina con un autoesilio. La preoccupazione della sparizione dei cristiani dall'Iraq è fondata". A denunciarlo è mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini, che oggi è intervenuto al seminario "Cristiani d'Oriente" promosso dalla comunità di S.Egidio. La violenza settaria, l'instabilità e la mancanza di sicurezza hanno spinto molti cristiani a trovare rifugio in Siria, in Giordania oltre che nel Kurdistan iracheno. "La maggioranza vive in grande difficoltà - ha spiegato il presule al Sir - non ha trovato lavoro e parlare di rientro è presto. Qualcuno prova a ritornare in patria ma sono pochi. C'è una sofferenza psicologica poiché tornare significa non aver realizzato niente. Molti per partire hanno venduto tutto, lasciato il lavoro ed è difficile ritrovarlo. Qualcuno è costretto a rientrare perché espulso dal Paese ospitante". "Il sentimento più diffuso tra i rifugiati cristiani - ha aggiunto - è quello di aver perso legami con la Patria, con la sua cultura. Molti arrivano a dire 'questa non è più la mia terra'". "Si registra un lieve miglioramento nella sicurezza - ha aggiunto mons. Sleiman - ma la violenza continua anche sotto forme diverse”.
"La situazione è critica. Nei cristiani iracheni c'è la forte paura del domani. Essi vivono una tragedia che termina con un autoesilio. La preoccupazione della sparizione dei cristiani dall'Iraq è fondata". A denunciarlo è mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini, che oggi è intervenuto al seminario "Cristiani d'Oriente" promosso dalla comunità di S.Egidio. La violenza settaria, l'instabilità e la mancanza di sicurezza hanno spinto molti cristiani a trovare rifugio in Siria, in Giordania oltre che nel Kurdistan iracheno. "La maggioranza vive in grande difficoltà - ha spiegato il presule al Sir - non ha trovato lavoro e parlare di rientro è presto. Qualcuno prova a ritornare in patria ma sono pochi. C'è una sofferenza psicologica poiché tornare significa non aver realizzato niente. Molti per partire hanno venduto tutto, lasciato il lavoro ed è difficile ritrovarlo. Qualcuno è costretto a rientrare perché espulso dal Paese ospitante". "Il sentimento più diffuso tra i rifugiati cristiani - ha aggiunto - è quello di aver perso legami con la Patria, con la sua cultura. Molti arrivano a dire 'questa non è più la mia terra'". "Si registra un lieve miglioramento nella sicurezza - ha aggiunto mons. Sleiman - ma la violenza continua anche sotto forme diverse”.