"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

21 febbraio 2008

I vescovi del Medio Oriente affermano che la scomparsa dei cristiani minaccia la speranza


by Cindy Wooden

Translated by Baghdadhope

La scomparsa delle comunità cristiane del Medio Oriente mette a rischio la speranza di trovare un modo per preservare i valori tradizionali arabi ed il riconoscimento individuale dei diritti umani, hanno affermato due dei vescovi cattolici della regione. In Iraq, "tutte le minoranze sono minacciate di estinzione", ha detto l'Arcivescovo di rito latino di Baghdad Mons. Jean Sleiman. "Il dramma dei cristiani è il dramma dell'Iraq. La fuga dei cristiani sta portando ad una omogeneizzazione culturale e religiosa che impoverisce ed indebolisce il paese", ha detto l'arcivescovo il 20 febbraio nel corso di una conferenza a Roma.
Il convegno, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, ha esaminato la situazione dei cristiani in Medio Oriente, il loro status politico e le loro relazioni con i loro vicini musulmani.
Mons. Antoine Audo, Vescovo caldeo di Aleppo, Siria, durante la conferenza ha dichiarato che, sebbene la situazione sia migliore per i cristiani in Siria rispetto all’Iraq, "molti giovani cristiani pensano di lasciare il paese". "I cristiani in Siria - come tutti - vogliono essere cittadini del mondo ed avere libertà, democrazia,benessere e felicità", ha aggiunto Mons. Audo. L’alto tasso di disoccupazione, però, ed i segni di una crescita del fondamentalismo islamico li rendono dubbiosi sul futuro in "un paese che potrebbe diventare a loro ostile". "I cristiani si chiedono perché dovrebbero rimanere (in Siria) ed essere coinvolti quando vedono ciò che è accaduto in Iraq e in Libano".
Il vescovo ha riferirto poi che alcuni capi della comunità musulmana della Siria e il governo del paese si sono impegnati a promuovere il dialogo e la cooperazione tra musulmani e cristiani, ma chedeve essere fatto di più per creare luoghi d'incontro, dove essi possano "esorcizzare le proprie paure". "Gli arabi cristiani, con la loro cultura araba, sono in una posizione privilegiata per fungere da intermediari tra tradizione e modernità”. "Essi possono aiutare i musulmani a recuperare l’apertura verso le scienze umane e trovare il modo di interagire con gli aspetti positivi della modernità, come la libertà religiosa, la separazione tra chiesa e stato, ed il dialogo interreligioso".

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L’Arcivescovo Sleiman ha intitolato il suo discorso sui cristiani iracheni "Dalla malinconia alla disillusione". Secondo Mons. Sleiman mentre i cristiani non erano stati trattati con equità sotto il governo del dittatore iracheno Saddam Hussein i loro sogni di uguaglianza, libertà e pace nell’Iraq post-Saddam in Iraq sono stati infranti. "La situazione in Iraq è ancora grave", ha continuato "la violenza è ancora reale anche se per i media e per i politici, tra cui il presidente americano George W.Bush, essa è diminuita. Questa è una trappola perché impedisce alle persone di cercare soluzioni reali, e rende il dramma delle esplosioni di violenza ancora più scioccante".
"La preoccupazione per la scomparsa dei cristiani (da Iraq), è, purtroppo, ben fondata" ha aggiunto il prelato. “Non solo i cristiani sono ancora in fuga, e solo pochissimi fanno ritorno, quanto quelli che rimangono si sentono sempre meno a casa nel proprio paese”. Sempre secondo Mons. Sleiman non è raro sentire dire ai cristiani "Si stava meglio quando si stava peggio". La situazione varia da quartiere a quartiere a Baghdad e da città a città. In alcuni luoghi, ha detto il vescovo, i cristiani sono sottoposti a forti pressioni per convertirsi all'Islam o abbandonare le proprie case, mentre in altri luoghi cristiani e musulmani vivono in pace fianco a fianco assistendo alle rispettive celebrazioni, ed in particolare ai matrimoni.
Senza il dominio di Saddam sulla società irachena, ha continuato, le forme di tribalismo tradizionali e nuove sono in aumento. "Nella società tribali la persona, come soggetto di diritti e di obblighi, e la libertà e la responsabilità non esistono. Non c'è parità o reciprocità. Il diritto di un gruppo al culto è riconosciuto, ma non quello dell’individuo di seguire la propria coscienza". Con la fine del regime di Saddam, ha detto l'arcivescovo, gli Stati Uniti ed i suoi alleati hanno portato le antenne paraboliche, i telefoni cellulari ed i computer della modernità, ma il paese "non ha ancora una idea moderna sull’identità e la dignità della persona umana." L’Arcivescovo Sleiman ha anche dichiarato che senza i cristiani in quanto cittadini uguali agli altri, un Iraq interamente musulmano non avrebbe urgenza di trovare un modo per preservare i valori tradizionali e di riconoscere anche la diversità e l'uguaglianza di tutti gli uomini e le donne.