By Baghdadhope
Parafrasando la dichiarazione resa il 25 dicembre 2007 dal Patriarca della Chiesa Cattolica Caldea irachena, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly all’Associated Press “L’Iraq è un bouquet di fiori, ognuno dei quali rappresenta una diversa religione ed etnia e ha lo stesso profumo degli altri” si potrebbe dire che con gli attentati che oggi hanno colpito chiese e monasteri a Baghdad e Mosul, il fiore dell’Iraq cristiano stia di nuovo appassendo.
Le recenti festività natalizie in Iraq sono trascorse in una relativa pace, e le diverse dichiarazioni che proprio in quei giorni lo stesso Patriarca caldeo aveva rilasciato, per quanto sottolineanti ancora lo stato di pericolo in cui la popolazione vive, alla luce degli avvenimenti di oggi appaiono improntate ad un ottimismo non suffragato dai fatti.
Se nello scorso maggio il Patriarca aveva, per la prima volta dallo scoppio del conflitto del 2003, denunciato apertamente e senza mezzi termini la persecuzione cui gli iracheni cristiani erano soggetti, già a novembre, nel corso della conferenza stampa tenuta a Roma il giorno prima della sua nomina a cardinale egli era sembrato tornare sui suoi passi affermando, come riportato dal SIR, "le loro sofferenze [dei cristiani] sono quelle dei musulmani e viceversa. Sono state distrutte non solo chiese ma anche moschee, ben 134, e le autobomba non fanno distinzione alcuna uccidendo senza guardare all'etnia o religione".
Affermazione, questa, che era stata poi ribadita proprio durante le feste quando sia lui, che altri rappresentanti religiosi cristiani iracheni, da Kirkuk a Bassora, avevano ricevuto gli auguri da numerosi rappresentanti religiosi e politici appartenenti alla maggioranza musulmana.
In una dichiarazione alla Reuters, infatti, Mar Delly, pur riconoscendo la mancanza di libertà religiosa in Iraq, aveva parlato di assoluta mancanza di violazioni nei confronti dei cristiani in quanto tali e, parlando alla Associated Press, aveva addirittura invitato coloro che negli anni sono stati costretti ad abbandonare il paese a causa delle violenze a farvi ritorno “per lavorare per il bene del loro paese e della loro patria a dispetto della situazione.”
E’ evidente che ciò che oggi è successo a Baghdad e Mosul, e che certo non si può imputare al caso né all’opera di un singolo fanatico, frenerà gli iracheni di fede cristiana che, per desiderio o necessità, avevano anche solo per un attimo pensato di far ritorno nella propria patria.
“E’ un messaggio” ha dichiarato in un’intervista telefonica a Baghdadhope il Vicario Patriarcale Caldeo, Monsignor Shleimun Warduni, “se gli attentatori avessero voluto compiere una strage avrebbero potuto farlo solo anticipando l’ora delle esplosioni”
Monsignore, secondo Asia News, il Patriarca Caldeo, Mar Emmanuel III Delly, aveva appena finito di celebrare la Santa Messa nella chiesa di Mar Ghorghis, una di quelle colpite.
“Aveva celebrato la Santa Messa in quella chiesa ma l’aveva lasciata da due ore, e non da poco. Per questo dico che è un messaggio, a meno che gli attentatori non conoscessero gli orari delle funzioni.”
Monsignore, Lei parla di un messaggio, quale?
“Le risposte potrebbero essere molte. Ci sono molte questioni politiche e di interesse in gioco in un paese come l’Iraq. Direi che chi ha compiuto questi attentati ha voluto dimostrare la debolezza delle istituzioni governative in materia di sicurezza e, più in generale, il fatto che in Iraq non ci sia ancora la pace.”
Perché per dimostrare l’insicurezza del paese colpire i luoghi di culto cristiani, e proprio alla fine delle festività cristiane ed alla vigilia del Natale Ortodosso che cadrà domani?
“Questo è ciò che ci chiediamo anche noi. Una cosa è certa, coloro che appartengono alla resistenza dovrebbero lottare contro chi occupa il paese, e non contro gli iracheni cristiani che ne sono invece parte integrante da secoli e che, per di più, sono pacifici e non impugnano le armi contro nessuno.”
Che riflesso avranno gli attacchi di oggi sugli iracheni cristiani che a Natale avevano ascoltato l’invito di Mar Delly a tornare per il bene del paese, e su quelli che ancora vi vivono e che certamente si sentono da oggi di nuovo meno sicuri?
“Ogni cosa negativa che accade in Iraq ha dei riflessi sull’intera popolazione e certamente influisce sulla situazione degli iracheni cristiani. A noi non resta che aspettare e per ora ringraziare Dio per i soli due feriti leggeri di oggi.”
Dichiarazioni sugli attentati di oggi sono state rilasciate al canale satellitare Isthar TV anche da Monsignor Faraj P. Rahho, Arcivescovo Caldeo di Mosul e dallo stesso Patriarca di Babilonia dei Caldei, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly.
Deluso. Ecco come si è dichiarato Monsignor Rahho. Deluso da questi atti di violenza e sorpreso per il loro essere stati coordinati alla fine di un periodo che era stato di festa per i cristiani e per i musulmani. Coloro che si fanno chiamare “resistenti”, ha continuato Monsignor Rahho, dovrebbero colpire gli americani che hanno occupato il paese e non i cristiani che ne sono invece i figli originari. Il prelato ha anche richiamato l’attenzione del governo iracheno sulla sorte dei cristiani ed alla necessità di proteggerli vedendo in queste azioni violente una chiara strategia che mira a svuotare il paese dalla sua compente non islamica. Tali atti, ha continuato Monsignor Rahho, potrebbero far svanire la speranza che gli iracheni cristiani hanno di poter continuare a vivere nel proprio paese e che, il seppur leggero miglioramento della situazione della sicurezza durante le passate festività, aveva alimentato.
“Si tratta di azioni che vogliono minare la stabilità del paese” è stato il commento rilasciato a Radiovaticana da Mar Emmanuel III Delly che nell’intervista ad Ishtar TV ha riportato gli avvenimenti nel quadro di violenza generale che investe il paese. In essa Mar Delly si è dichiarato infatti molto amareggiato per gli attacchi ai luoghi di culto cristiani, ma ha anche affermato di essere intenzionato ad inviare una lettera al governo iracheno per chiedere la protezione di tutti i figli “di questa cara terra” di perdonare gli attentatori, e di sperare che cristiani, musulmani, mandei e yazidi possano lavorare insieme per la pace e la stabilità perché: “la religione è per Dio e la patria è di tutti.”
Non resta che sperare che le parole di Mar Emmanuel vengano colte nel loro pieno significato da chi, invece, sembra considerare gli iracheni cristiani come estranei a quella patria, a chi, goccia a goccia, nell’indifferenza del mondo, sta togliendo l’acqua a quel bellissimo fiore cristiano.
Parafrasando la dichiarazione resa il 25 dicembre 2007 dal Patriarca della Chiesa Cattolica Caldea irachena, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly all’Associated Press “L’Iraq è un bouquet di fiori, ognuno dei quali rappresenta una diversa religione ed etnia e ha lo stesso profumo degli altri” si potrebbe dire che con gli attentati che oggi hanno colpito chiese e monasteri a Baghdad e Mosul, il fiore dell’Iraq cristiano stia di nuovo appassendo.
Le recenti festività natalizie in Iraq sono trascorse in una relativa pace, e le diverse dichiarazioni che proprio in quei giorni lo stesso Patriarca caldeo aveva rilasciato, per quanto sottolineanti ancora lo stato di pericolo in cui la popolazione vive, alla luce degli avvenimenti di oggi appaiono improntate ad un ottimismo non suffragato dai fatti.
Se nello scorso maggio il Patriarca aveva, per la prima volta dallo scoppio del conflitto del 2003, denunciato apertamente e senza mezzi termini la persecuzione cui gli iracheni cristiani erano soggetti, già a novembre, nel corso della conferenza stampa tenuta a Roma il giorno prima della sua nomina a cardinale egli era sembrato tornare sui suoi passi affermando, come riportato dal SIR, "le loro sofferenze [dei cristiani] sono quelle dei musulmani e viceversa. Sono state distrutte non solo chiese ma anche moschee, ben 134, e le autobomba non fanno distinzione alcuna uccidendo senza guardare all'etnia o religione".
Affermazione, questa, che era stata poi ribadita proprio durante le feste quando sia lui, che altri rappresentanti religiosi cristiani iracheni, da Kirkuk a Bassora, avevano ricevuto gli auguri da numerosi rappresentanti religiosi e politici appartenenti alla maggioranza musulmana.
In una dichiarazione alla Reuters, infatti, Mar Delly, pur riconoscendo la mancanza di libertà religiosa in Iraq, aveva parlato di assoluta mancanza di violazioni nei confronti dei cristiani in quanto tali e, parlando alla Associated Press, aveva addirittura invitato coloro che negli anni sono stati costretti ad abbandonare il paese a causa delle violenze a farvi ritorno “per lavorare per il bene del loro paese e della loro patria a dispetto della situazione.”
E’ evidente che ciò che oggi è successo a Baghdad e Mosul, e che certo non si può imputare al caso né all’opera di un singolo fanatico, frenerà gli iracheni di fede cristiana che, per desiderio o necessità, avevano anche solo per un attimo pensato di far ritorno nella propria patria.
“E’ un messaggio” ha dichiarato in un’intervista telefonica a Baghdadhope il Vicario Patriarcale Caldeo, Monsignor Shleimun Warduni, “se gli attentatori avessero voluto compiere una strage avrebbero potuto farlo solo anticipando l’ora delle esplosioni”
Monsignore, secondo Asia News, il Patriarca Caldeo, Mar Emmanuel III Delly, aveva appena finito di celebrare la Santa Messa nella chiesa di Mar Ghorghis, una di quelle colpite.
“Aveva celebrato la Santa Messa in quella chiesa ma l’aveva lasciata da due ore, e non da poco. Per questo dico che è un messaggio, a meno che gli attentatori non conoscessero gli orari delle funzioni.”
Monsignore, Lei parla di un messaggio, quale?
“Le risposte potrebbero essere molte. Ci sono molte questioni politiche e di interesse in gioco in un paese come l’Iraq. Direi che chi ha compiuto questi attentati ha voluto dimostrare la debolezza delle istituzioni governative in materia di sicurezza e, più in generale, il fatto che in Iraq non ci sia ancora la pace.”
Perché per dimostrare l’insicurezza del paese colpire i luoghi di culto cristiani, e proprio alla fine delle festività cristiane ed alla vigilia del Natale Ortodosso che cadrà domani?
“Questo è ciò che ci chiediamo anche noi. Una cosa è certa, coloro che appartengono alla resistenza dovrebbero lottare contro chi occupa il paese, e non contro gli iracheni cristiani che ne sono invece parte integrante da secoli e che, per di più, sono pacifici e non impugnano le armi contro nessuno.”
Che riflesso avranno gli attacchi di oggi sugli iracheni cristiani che a Natale avevano ascoltato l’invito di Mar Delly a tornare per il bene del paese, e su quelli che ancora vi vivono e che certamente si sentono da oggi di nuovo meno sicuri?
“Ogni cosa negativa che accade in Iraq ha dei riflessi sull’intera popolazione e certamente influisce sulla situazione degli iracheni cristiani. A noi non resta che aspettare e per ora ringraziare Dio per i soli due feriti leggeri di oggi.”
Dichiarazioni sugli attentati di oggi sono state rilasciate al canale satellitare Isthar TV anche da Monsignor Faraj P. Rahho, Arcivescovo Caldeo di Mosul e dallo stesso Patriarca di Babilonia dei Caldei, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly.
Deluso. Ecco come si è dichiarato Monsignor Rahho. Deluso da questi atti di violenza e sorpreso per il loro essere stati coordinati alla fine di un periodo che era stato di festa per i cristiani e per i musulmani. Coloro che si fanno chiamare “resistenti”, ha continuato Monsignor Rahho, dovrebbero colpire gli americani che hanno occupato il paese e non i cristiani che ne sono invece i figli originari. Il prelato ha anche richiamato l’attenzione del governo iracheno sulla sorte dei cristiani ed alla necessità di proteggerli vedendo in queste azioni violente una chiara strategia che mira a svuotare il paese dalla sua compente non islamica. Tali atti, ha continuato Monsignor Rahho, potrebbero far svanire la speranza che gli iracheni cristiani hanno di poter continuare a vivere nel proprio paese e che, il seppur leggero miglioramento della situazione della sicurezza durante le passate festività, aveva alimentato.
“Si tratta di azioni che vogliono minare la stabilità del paese” è stato il commento rilasciato a Radiovaticana da Mar Emmanuel III Delly che nell’intervista ad Ishtar TV ha riportato gli avvenimenti nel quadro di violenza generale che investe il paese. In essa Mar Delly si è dichiarato infatti molto amareggiato per gli attacchi ai luoghi di culto cristiani, ma ha anche affermato di essere intenzionato ad inviare una lettera al governo iracheno per chiedere la protezione di tutti i figli “di questa cara terra” di perdonare gli attentatori, e di sperare che cristiani, musulmani, mandei e yazidi possano lavorare insieme per la pace e la stabilità perché: “la religione è per Dio e la patria è di tutti.”
Non resta che sperare che le parole di Mar Emmanuel vengano colte nel loro pieno significato da chi, invece, sembra considerare gli iracheni cristiani come estranei a quella patria, a chi, goccia a goccia, nell’indifferenza del mondo, sta togliendo l’acqua a quel bellissimo fiore cristiano.