"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

16 gennaio 2008

Finisce oggi il "Digiuno di Ninive"

By Baghdadhope

Malgrado i proclami che vogliono un Iraq in corso di normalizzazione, poco deve essere in realtà cambiato se, come già aveva fatto a dicembre 2006, il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Mar Emmanuel III Delly, ha chiesto, in una dichiarazione resa ad
Ishtar TV, a tutti gli iracheni, e non solo ai cristiani, di pregare per la “pace, la sicurezza e la stabilità.”
La richiesta è stata fatta in occasione dei tre giorni che la chiesa caldea, ed in generale le chiese di rito orientale, dedicano al pentimento con il “Digiuno di Ninive” o Ba-oota d' Ninevayee, in ricordo della conversione a Dio degli abitanti di Ninive a seguito della predicazione del profeta Giona.
Le celebrazioni, iniziate lunedì e che termineranno questa sera, sono state ovunque caratterizzate dalla richiesta a Dio della pace per tutto l’Iraq e per la sua componente cristiana, ancora provata dai recenti attentati che in tre giorni hanno colpito ben 9 luoghi di culto a Baghdad, Mosul e Kirkuk.
Così, come riferito a Baghdadhope, la pace è stata invocata dai fedeli a Kirkuk proprio nella chiesa caldea del Sacro Cuore, colpita la scorsa settimana, dove i fedeli sono stati invitati a non perdere la speranza di una vita “nella cara terra d’Iraq e nella nostra amata Kirkuk.”
Ad Ankawa, dove, secondo le parole del sacerdote della chiesa caldea di Mar Qardagh, Padre Rayan P. Atto, i fedeli hanno trovato i segni della speranza non solo nel conforto della preghiera ma anche, durante la prima giornata delle celebrazioni, nel battesimo di quattro bambini “veri segni del nostro futuro.” Il Digiuno di Ninive però non è stato celebrato solo in Iraq ma anche dalle varie comunità caldee nel mondo. Così ad esempio è stato, sempre come riferito a Baghdadhope dal sacerdote in Germania, Padre Sami Al Rais, nelle città di Bonn, Colonia, Essen e Münchengladbach dove se l’assenza di suddiaconi non ha permesso lo svolgimento dell’intero rito secondo l’antichissima liturgia non sono mancate le preghiere e gli inni a rimarcare “l’importanza del pentimento e la speranza nell’opera divina.”

Per chi volesse ascoltare alcune delle preghiere che caratterizzano le celebrazioni del “Digiuno di Ninive” come salmodiate nella giornata di ieri nella cattedrale caldea di San Pietro in California cliccare
qui

Per meglio capire il significato e la storia di questa tradizione liturgica leggi il post: “I caldei celebrano il “Digiuno di Ninive” o leggi l’articolo scritto per la rivista Sawra e riportata dal sito Kaldu.org da Padre Andrew Younan e tradotta ed adattata da Baghdahope cliccando su “Leggi tutto”
Implorare la misericordia:Ba’utha of the Ninevites
by: Padre Andrew Younan

I tre giorni di penitenza del periodo di Ba’utha d-Ninwaye, o “Supplica degli abitanti di Ninive” commemorano la visita del profeta Giona alla città di Ninive ed il pentimento della stessa città davanti a Dio, così come descritto nel libro di Giona. La relazione tra la nostra chiesa e la storia narrata è reale dato che l’antica città di Ninive era vicina a quella che è oggi la città di Mosul, attorno alla quale si trovano molti villaggi caldei.

Cecità
Ancora più forte è però la relazione spirituale tra noi e la gente descritta nella storia, una relazione universale perchè non erano solo gli abitanti di Ninive a doversi pentire dei propri peccati, ma tutti noi, tutta l’umanità.
Le somiglianze però non finiscono qui, la gente di Ninive descritta nella storia era così immersa nei propri peccati da non vederli più, da non capire che ciò che facevano era sbagliato. Questo è uno dei più amari frutti del peccato: la cecità spirituale. Quasi sempre i santi furono i primi ad ammettere il loro essere peccatori, e quasi sempre coloro che si definiscono “brave persone" sono i peggiori peccatori. Coloro che riconoscono i propri peccati ed umilmente li confessano sono più vicini a Dio di coloro che li ignorano, che chiudono gli occhi di fronte alle proprie colpe e pretendono di essere perfetti. E’ sempre stato un santo a dire semplicemente “sono un peccatore che ha bisogno della pietà di Dio” ed è sempre stato un peccatore a dire “Sono una brava persona e quindi ...”

Perdono
Questo è il tempo del vero pentimento, non quello vuoto delle parole, ma quello della vera consapevolezza della nostra debolezza e della nostra totale dipendenza da Dio. Noi non meritiamo nulla da Lui, ed Egli non ci deve nulla perchè già tutto ci ha dato. Ma grazie alla Sua misericordia, e non ai nostri meriti, Egli ci ama e sceglie sempre di perdonare i nostri peccati attraverso il prezioso sangue di Suo Figlio.
Tra le domande più ridicole che si possono fare c’è: “Perchè dobbiamo confessarci?”
Il Sacramento della Confessione è, per prima cosa, dato da Cristo per il bene della Chiesa (Giovanni 20:23) ed è strano pensare che Cristo ci abbia dato qualcosa di cui non abbiamo bisogno. Oltre a ciò la Confessione è uno dei più grandi favori che Dio ci ha fatto! Com’è sublime e bello poter esprimere il nostro pentimento in modo umano ma anche sacramentale! Che opportunità per noi di crescere più vicini a Dio! La questione che ogni persona saggia dovrebbe porre non è quindi “perchè devo confessarmi” ma “come posso non farlo?” Come posso non godere di questa grazia enorme? Come posso allontanare la mano di Dio che ci viene porta per aiutarci in modo così misericordioso?

Implorare la misericordia

Lunedi, martedi e mercoledi di questa settimana (Gennaio 14-16) ci viene chiesto di digiunare fino a mezzogiorno e di non mangiare carne nel resto della giornata. Questo è un atto di pentimento, di umiltà, di obbedienza e di solidarietà con la Chiesa Caldea nel mondo, ma non è un atto fine a se stesso.
La ragione del digiuno come atto esteriore è il pentimento interiore nella Grazia di Dio che attraverso esso ci viene data. Apriamo il nostro cuore ed usciamo dall’isolamento. Insieme, come la gente di Ninive, guardiamo alla profondità delle nostre debolezze e, con lacrime ed umiltà, volgiamoci a Dio con tutto il nostro cuore.