By AgenSIR
“Oggi Francesco compie il sogno del suo predecessore”, Giovanni Paolo II che sarebbe voluto andare in Iraq, ma gli fu impedito per motivi politici da Saddam Hussein, “con un pellegrinaggio e un viaggio pastorale che conforta i cristiani cattolici (caldei, siro-cattolici) e non (assiri, armeni), ma che parla di pace e rafforza il dialogo interreligioso”.
È quanto scrive Andrea Riccardi, storico della Chiesa, sul numero di marzo di Vita Pastorale, in un articolo dedicato all’imminente viaggio di Papa Francesco in Iraq e intitolato “Nella Chiesa di martiri. Il Papa visita l’Iraq, culla delle fedi abramitiche, ma stremato dalla guerra”.
Passando in rassegna il programma papale, Riccardi sottolinea, in particolare, l’importanza della visita privata del Papa al grande ayatollah, Al Sistani nella città santa degli sciiti, Najaf, dove è sepolto l’imam Ali.
Dopo aver aperto “un dialogo stabile” con il Grande Imam di Al Azhar, l’egiziano Al-Tayyeb, la più alta autorità sunnita, ora è la volta del mondo sciita “forte in Iraq e in Iran”, dove, al contrario dei sunniti, “c’è una gerarchia religiosa. Najaf, è il cuore dell’islam sciita. Gli sciiti – spiega Riccardi – sono stati perseguitati da Saddam Hussein e la stessa Najaf ha subito danni. Non si deve però pensare che la guida sciita irakena di Najaf sia allineata con l’Iran e con Qom, la città religiosa dove risiedeva Khomeini. Gli sciiti irakeni rivendicano il primato di Najaf, l’autonomia dell’Iraq. Non hanno la concezione teocratica, teorizzata da Khomeini in Iran. Sono ‘laici’. Una visita del Papa a Najaf aprirebbe un nuovo fronte di dialogo con l’islam sciita, che ha rappresentanti legittimati a parlare a nome dei fedeli”. Riccardi rimarca anche il fatto che la visita di Francesco, non è solo “un sostegno ai cristiani”, ma anche “un messaggio all’Iraq”.
Così il primo viaggio di un Papa in Iraq e “nel Medio Oriente arabo (se si eccettua la Terra Santa) acquista un grande rilievo per il Paese e la pace”.
È quanto scrive Andrea Riccardi, storico della Chiesa, sul numero di marzo di Vita Pastorale, in un articolo dedicato all’imminente viaggio di Papa Francesco in Iraq e intitolato “Nella Chiesa di martiri. Il Papa visita l’Iraq, culla delle fedi abramitiche, ma stremato dalla guerra”.
Passando in rassegna il programma papale, Riccardi sottolinea, in particolare, l’importanza della visita privata del Papa al grande ayatollah, Al Sistani nella città santa degli sciiti, Najaf, dove è sepolto l’imam Ali.
Dopo aver aperto “un dialogo stabile” con il Grande Imam di Al Azhar, l’egiziano Al-Tayyeb, la più alta autorità sunnita, ora è la volta del mondo sciita “forte in Iraq e in Iran”, dove, al contrario dei sunniti, “c’è una gerarchia religiosa. Najaf, è il cuore dell’islam sciita. Gli sciiti – spiega Riccardi – sono stati perseguitati da Saddam Hussein e la stessa Najaf ha subito danni. Non si deve però pensare che la guida sciita irakena di Najaf sia allineata con l’Iran e con Qom, la città religiosa dove risiedeva Khomeini. Gli sciiti irakeni rivendicano il primato di Najaf, l’autonomia dell’Iraq. Non hanno la concezione teocratica, teorizzata da Khomeini in Iran. Sono ‘laici’. Una visita del Papa a Najaf aprirebbe un nuovo fronte di dialogo con l’islam sciita, che ha rappresentanti legittimati a parlare a nome dei fedeli”. Riccardi rimarca anche il fatto che la visita di Francesco, non è solo “un sostegno ai cristiani”, ma anche “un messaggio all’Iraq”.
Così il primo viaggio di un Papa in Iraq e “nel Medio Oriente arabo (se si eccettua la Terra Santa) acquista un grande rilievo per il Paese e la pace”.