By Vatican News
Giada Aquilino
Ponti e strade bloccati nel sud, manifestazioni con almeno un morto e decine di feriti a Baghdad. Questo lo scenario di oggi in Iraq, dove i manifestanti, in strada ormai dal 1° ottobre, hanno proclamato uno sciopero generale. La repressione delle dimostrazioni, in quasi due mesi, ha già provocato circa 350 vittime e 16 mila feriti. È la “massa” ad essere “uscita in strada”, “donne, bambini, giovani, anziani”, anche “l’élite intellettuale”: “di giorno in giorno i manifestanti sono più numerosi, non solo a Baghdad ma anche nelle città del Sud”, con ripercussioni generali in tutto il Paese, “le strade sono bloccate, le scuole e le università sono chiuse”. A tracciare a Vatican News un quadro della situazione è il Patriarca caldeo di Baghdad, il cardinale Louis Raphael Sako, che in una nota dei giorni scorsi aveva già evidenziato quanto fosse necessario esaminare “attentamente” ciò che sta accadendo da settimane, “gestire la crisi” e guardare sul serio “alle legittime richieste dei manifestanti” per salvare il Paese, fortemente “debilitato dalle guerre e sopraffatto da debiti e problemi”, evitando un “tunnel” senza uscita.
(Per ascoltare l'intervista per intero clicca qui)
Divario tra popolazione e classe politica
Giada Aquilino
Ponti e strade bloccati nel sud, manifestazioni con almeno un morto e decine di feriti a Baghdad. Questo lo scenario di oggi in Iraq, dove i manifestanti, in strada ormai dal 1° ottobre, hanno proclamato uno sciopero generale. La repressione delle dimostrazioni, in quasi due mesi, ha già provocato circa 350 vittime e 16 mila feriti. È la “massa” ad essere “uscita in strada”, “donne, bambini, giovani, anziani”, anche “l’élite intellettuale”: “di giorno in giorno i manifestanti sono più numerosi, non solo a Baghdad ma anche nelle città del Sud”, con ripercussioni generali in tutto il Paese, “le strade sono bloccate, le scuole e le università sono chiuse”. A tracciare a Vatican News un quadro della situazione è il Patriarca caldeo di Baghdad, il cardinale Louis Raphael Sako, che in una nota dei giorni scorsi aveva già evidenziato quanto fosse necessario esaminare “attentamente” ciò che sta accadendo da settimane, “gestire la crisi” e guardare sul serio “alle legittime richieste dei manifestanti” per salvare il Paese, fortemente “debilitato dalle guerre e sopraffatto da debiti e problemi”, evitando un “tunnel” senza uscita.
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Divario tra popolazione e classe politica
Collegamenti interrotti oggi a Najaf e Bassora e nelle province di
Babel, Diwaniyah, Karbala, Muthanna e Maysan. Nel centro della capitale
una persona è morta oggi e almeno 17 sono rimaste ferite dopo il lancio
di gas lacrimogeni e proiettili di gomma da parte delle forze di
sicurezza, che da settimane cercano di domare la contestazione anti
governativa. Testimonianze sul posto definiscono la protesta come la più
imponente della storia recente irachena, dopo la caduta di Saddam
Hussein nel 2003: a innescarla, secondo i movimenti di protesta, l’alta
disoccupazione - 1 giovane su 4 in Iraq è disoccupato - e la corruzione
dilagante. “Questa gente è scesa in strada chiedendo per la prima volta
una vita degna e servizi, ma anche un’autorità “civile che restituisca
l’unità del Paese, un Paese per tutti senza distinzione”, afferma il
cardinale Sako. “Queste persone - riferisce - non hanno lavoro, c’è
povertà, tutta la vita è paralizzata a causa della corruzione, del
divario tra la popolazione e la classe politica”. Il Patriarca caldeo di
Baghdad sottolinea ancora la “posizione pacifica” dei dimostranti, pur
non escludendo infiltrazioni di chi vuole “rovinare” queste
manifestazioni.
Una iniziativa di dialogo La Chiesa irachena, e in particolare il cardinale Sako che lo fa “per la terza volta”, “chiede che il governo ascolti le richieste dei manifestanti, che - ribadisce il porporato - sono legittime: la sicurezza, la stabilità, il lavoro, i servizi”, invocando inoltre giustizia di fronte a chi ha “rubato le ricchezze del Paese”. “Dal 2003 a oggi - denuncia - non abbiamo visto progetti, l’elettricità non c’è, si interrompe di continuo, come il flusso dell’acqua o il servizio nelle scuole”. Racconta di essere andato “a visitare i feriti delle manifestazioni in un ospedale” che in passato era “ottimo” e adesso è in condizioni precarie. Assieme a tutti i vescovi e i fedeli, riferisce, “aspettiamo una iniziativa per risolvere” tale crisi: “il governo - prosegue - deve ascoltare le richieste della gente e porre fine questa situazione” di stallo: “la soluzione militare”, le violenze, creeranno soltanto “altri problemi”. Il dialogo invece rimane “l’unica maniera per risolvere i problemi” del Paese.