By AgenSIR
“Impegnarsi per un rinascimento spirituale, sociale e caritativo in mezzo alla sofferenza del momento presente” nella consapevolezza che il “rinnovamento non è una ‘moda’, come ritiene la mentalità fondamentalista e salafita che rifiuta ogni aggiornamento”.
Al contrario, “il rinnovamento e l’aggiornamento ci aiutano a rendere una testimonianza vivente che riempie tutto il nostro essere”.
Ruota intorno a questa esortazione la lettera pastorale che il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, ha indirizzato ai fedeli all’inizio dell’ultimo periodo del calendario liturgico caldeo, dedicato alla santificazione, che si è aperto ieri, 3 novembre.
Nel testo il cardinale condivide alcune delle sue preoccupazioni legate alla “crisi che noi iracheni abbiamo attraversato e che stiamo ancora vivendo” esprimendo l’auspicio di “vedere i cristiani difendere la loro patria”. “È vero – scrive Mar Sako – che noi e altri iracheni siamo stati attaccati e uccisi da terroristi, molte chiese sono state bombardate, e moltissimi cristiani costretti a fuggire da Mosul e dalla piana di Ninive, per trovare sicurezza e stabilità all’estero. Tuttavia – annota il cardinale – non dovremmo dimenticare di ringraziare Dio e tutti i donatori, che hanno permesso alla Chiesa di svolgere il suo ruolo in tutto l’Iraq e all’estero, dando una mano a tutti, stando al loro fianco e sollevando il morale”. Nonostante “la sicurezza sia migliorata – si legge nella lettera – stiamo ancora vivendo paure, divisioni e sofferenze a causa di ferite causate dall’estremismo religioso e dal terrorismo (Al Qaeda e Isis). Gli stessi immigrati iracheni in Occidente si trovano ad affrontare un ‘secolarismo’ che ha privato la società dei valori cristiani”. Il patriarca caldeo esorta a “confidare nella fede perché la guerra non può durare e la pace tornerà anche in questa parte del mondo. L’Occidente è un esempio di 70 anni di vita in pace, dopo la Prima e Seconda guerra mondiale. Coltiviamo, a partire dalle parrocchie, il nostro senso di appartenenza a questa terra, perseguiamo le nostre responsabilità nazionali e contribuiamo con tutti i cittadini iracheni al raggiungimento della pace, della stabilità, della libertà e della dignità per tutti. La nostra speranza, inoltre, è vedere una risposta seria alla richiesta dei manifestanti”.
“Impegnarsi per un rinascimento spirituale, sociale e caritativo in mezzo alla sofferenza del momento presente” nella consapevolezza che il “rinnovamento non è una ‘moda’, come ritiene la mentalità fondamentalista e salafita che rifiuta ogni aggiornamento”.
Al contrario, “il rinnovamento e l’aggiornamento ci aiutano a rendere una testimonianza vivente che riempie tutto il nostro essere”.
Ruota intorno a questa esortazione la lettera pastorale che il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, ha indirizzato ai fedeli all’inizio dell’ultimo periodo del calendario liturgico caldeo, dedicato alla santificazione, che si è aperto ieri, 3 novembre.
Nel testo il cardinale condivide alcune delle sue preoccupazioni legate alla “crisi che noi iracheni abbiamo attraversato e che stiamo ancora vivendo” esprimendo l’auspicio di “vedere i cristiani difendere la loro patria”. “È vero – scrive Mar Sako – che noi e altri iracheni siamo stati attaccati e uccisi da terroristi, molte chiese sono state bombardate, e moltissimi cristiani costretti a fuggire da Mosul e dalla piana di Ninive, per trovare sicurezza e stabilità all’estero. Tuttavia – annota il cardinale – non dovremmo dimenticare di ringraziare Dio e tutti i donatori, che hanno permesso alla Chiesa di svolgere il suo ruolo in tutto l’Iraq e all’estero, dando una mano a tutti, stando al loro fianco e sollevando il morale”. Nonostante “la sicurezza sia migliorata – si legge nella lettera – stiamo ancora vivendo paure, divisioni e sofferenze a causa di ferite causate dall’estremismo religioso e dal terrorismo (Al Qaeda e Isis). Gli stessi immigrati iracheni in Occidente si trovano ad affrontare un ‘secolarismo’ che ha privato la società dei valori cristiani”. Il patriarca caldeo esorta a “confidare nella fede perché la guerra non può durare e la pace tornerà anche in questa parte del mondo. L’Occidente è un esempio di 70 anni di vita in pace, dopo la Prima e Seconda guerra mondiale. Coltiviamo, a partire dalle parrocchie, il nostro senso di appartenenza a questa terra, perseguiamo le nostre responsabilità nazionali e contribuiamo con tutti i cittadini iracheni al raggiungimento della pace, della stabilità, della libertà e della dignità per tutti. La nostra speranza, inoltre, è vedere una risposta seria alla richiesta dei manifestanti”.