"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 novembre 2019

Baghdad, parlamentare cristiana: manifestare è un diritto, dal governo servono risposte

Foto Ankawa.com
By Asia News

Le manifestazioni di piazza “sono un diritto legittimo di ogni cittadino irakeno” che viene “garantito dalla Costituzione” ed è compito del governo trovare risposte soddisfacenti ai quesiti sollevati dal popolo “prima che la situazione sfugga al controllo”. È quanto afferma ad AsiaNews Rihan Hanna Ayoub, parlamentare cristiana del collegio di Kirkuk, commentando le violenze di polizia e forze di sicurezza per reprimere le manifestazioni anti-governative che, dal primo ottobre, scuotono il Paese. Un crescendo di repressioni e abusi che hanno provocato oltre 320 morti e migliaia di feriti - in larga parte civili - e spinto la Chiesa caldea a promuovere una tre giorni di digiuno e di preghiera per la pace. 
Le manifestazioni, sottolinea la parlamentare cristiana, sono “un diritto legittimo” a patto che “siano pacifiche e non siano contraddistinte dal caos o dall’invasione della proprietà pubblica o privata”. Come membro della Camera dei rappresentanti e portavoce del popolo, aggiunge, “affermiamo il nostro interesse nel soddisfare queste richieste”, anche e soprattutto perché sono “problemi reali cui il governo avrebbe dovuto dare risposte anni fa”. 
“Per questo - conclude Rihan Hanna Ayoub - mi rivolgo all’esecutivo chiedendo di accelerare l’inchiesta in corso, appurare le responsabilità e fornire risposte efficaci, prima che la situazione sfugga al controllo. In special modo considerando che manifestanti e forze di sicurezza sono stati colpiti in modo grave per il comportamento deviato di alcune persone”.
Nelle ultime settimane una serie di manifestazioni, andate in crescendo, hanno interessato la capitale e le province meridionali. I dimostranti hanno invocato la caduta dell’establishment politico, ritenuto responsabile della attuale situazione di crisi. Ad agitare la piazza la difficile condizione economica in cui versa gran parte della popolazione, a dispetto dei proventi della vendita del petrolio. 
Il greggio finanzia fino all’85-90% delle casse dello Stato. Nel bilancio federale per il 2019 si parla di 79 miliardi legati al petrolio, sulla base di esportazioni previste per 3,88 milioni di barili al giorno al prezzo stimato di 56 dollari. Nell’anno corrente l’economia è cresciuta proprio per l’aumento nella produzione del greggio e l’aumento del Pil dovrebbe attestarsi secondo la Banca mondiale attorno al 4,6%. 
Tuttavia, i frutti di questa ricchezza di rado arrivano fino al cittadino medio a causa di una cattiva gestione delle finanze, di una burocrazia inefficiente e di una corruzione diffusa. Il tasso medio di disoccupazione è dell’11%, con punte di oltre il 20 fra i giovani; il 22% della popolazione vive in condizioni di povertà. 
La crisi ha innescato la protesta, in un primo momento tollerata dalle autorità poi repressa con crescente violenza. Anche ieri si sono registrate almeno quattro vittime e oltre 50 feriti nelle cariche della polizia contro un gruppo di dimostranti nel centro di Baghdad. In piazza vi sono anche diversi giovani cristiani, uniti alla maggioranza musulmana sotto la comune bandiera irakena nel tentativo di dare un nuovo impulso alla nazione e superare divisioni etniche e confessionali. 
Fra i tanti ragazzi e ragazze presenti a piazza Tahrir, il cuore della protesta, vi è Yahya Wartan, che si prodiga assieme a un gruppo di amici nel rifornire i manifestanti con beni di prima necessità, cibo e medicine sulla scorta di quanto fatto a fine ottobre dallo stesso patriarca caldeo. A dispetto dei gas lacrimogeni e delle bombe sonore, i membri del team entrano in piazza per distribuire cibo, acqua, medicinali, articoli per l’igiene e coperte, indossando una maglietta bianca con la scritta “Assemblea dei giovani cristiani irakeni”. L’accoglienza, spiega ad Ankawa, è “incoraggiante e ci ha dato lo slancio per continuare”. Vogliamo lanciare il messaggio, aggiunge, che anche i giovani cristiani irakeni sono presenti in questo momento.