By La Stampa
Gianni Valente
I militanti di certe organizzazioni occidentali impegnate a tempo
pieno nel lanciare campagne in difesa dei cristiani in Medio Oriente
finiscono a volte per creare frustrazione e amarezza proprio tra coloro
che pretendono di aiutare. Parola di Louis Raphael Sako, patriarca di
Babilonia dei caldei. Nei giorni scorsi, il primate della Chiesa caldea
ha voluto pubblicamente prendere le distanze dagli slogan a effetto di
chi presenta gli aiuti provenienti dall'Occidente come l'unica chance
per assicurare ai battezzati mediorientali un futuro in quella regione,
martoriata da conflitti e settarismi.
Patriarca Louis Raphael, cosa non va bene negli slogan di certe campagne “in difesa” dei cristiani?
«In Occidente certi gruppi di “soccorso” ai cristiani d'Oriente non
hanno remore a dire che senza le mobilitazioni politiche e economiche,
senza il loro sostegno e le loro raccolte fondi, le comunità cristiane
mediorientali non potrebbero sopravvivere. Il loro modo di ragionare
appare confuso. Qualche giorno fa, un rappresentante di un ufficio ha
affermato che senza il loro lavoro con c'è futuro per i cristiani nella regione mediorientale».
Forse era un modo per drammatizzare le cose e raccogliere più donazioni...
«In ogni caso, i cristiani iracheni non vogliono identificarsi con
certi argomenti usati dalle sigle occidentali che pubblicizzano di
continuo la propria mobilitazione a sostegno delle comunità cristiane in
Medio Oriente. Spesso quei gruppi dicono cose inesatte o dimenticano di
raccontare con oggettività quello che è accaduto e accade nella nostra
regione. E poi quello che ci capita non è tutto negativo. Qualche giorno
fa siamo stati rallegrati quando abbiamo visto che alcuni giovani
musulmani stavano restaurando una chiesa distrutta durante l'occupazione
dello Stato Islamico a Telkaif, nella Piana di Ninive».
Quali sono gli argomenti fuorvianti utilizzati nelle campagne “in difesa” dei cristiani mediorientali?
Quali sono gli argomenti fuorvianti utilizzati nelle campagne “in difesa” dei cristiani mediorientali?
«Negli ultimi anni in Medio Oriente i cristiani hanno sofferto
ingiustizie, violenze e terrorismo. Ma questo è accaduto anche agli
altri loro fratelli iracheni musulmani, e a quelli di altre fedi
religiose. Non bisogna separare i cristiani dagli altri, perché in quel
modo si alimenta la mentalità settaria. Inoltre, i cristiani d'Oriente
hanno ben presente che l'Occidente non è certo innocente rispetto a
quello che è accaduto nella regione mediorientale, e che ha provocato
anche a loro tante sofferenze. La situazione conflittuale in cui si
trova l'Occidente è anche un effetto delle geopolitiche occidentali in
Medio Oriente degli ultimi decenni».
Comunque sia, l'importante è che gli aiuti arrivino e siano usati per fare del bene. O no?
«Io credo che non si può avere la raccolta di fondi come unico
orizzonte e metro per misurare la riuscita e la validità del proprio
attivismo. Gli aiuti anche economici sono benvenuti quando sono dati con
spirito di fraternità e di solidarietà, per aiutare la vita delle
comunità cristiane nella parte del mondo dove il cristianesimo ha avuto
inizio».
Ma tanti cristiani danno denaro per queste opere come gesto di vicinanza ai fratelli. Lo hanno sempre fatto…
Ma tanti cristiani danno denaro per queste opere come gesto di vicinanza ai fratelli. Lo hanno sempre fatto…
«Certo, chi dona il proprio denaro per persone che nemmeno conosce fa
un'opera buona, vogliono solo aiutare, e lo fanno davvero. Ma a volte
certi organismi danno l'impressione che la Chiesa sembra diventata una
“Chiesa del fundraising”, tutta concentrata sulla raccolta di risorse!
Con strategie organizzate dove al centro di tutto c'è la ricerca di
nuove tecniche più efficaci per raccogliere denaro. E poi non bisogna
dimenticare che, nonostante la nostra situazione, la nostra gente ha
aiutato i cristiani di altre parti del mondo e le vittime di terremoti,
tsunami e catastrofi naturali, come è avvenuto con Cuba e altri Paesi».
Non servono anche i soldi per ricostruire le case e aiutare i profughi a tornare e rimanere in Iraq?
«I cristiani del Medio Oriente rimangono nella loro terra solo se
questa scelta avviene alla luce della loro fede. Questo è il fattore
decisivo che può muovere coloro che vogliono rimanere, e per questo
cercano anche di collaborare alla riconciliazione, al consolidamento
della pace, alla stabilità e alla ricostruzione delle città e dei
villaggi. Certo, chi vuole andarsene dovrà poterlo fare. Ma chi ha
deciso di rimanere va sostenuto e incoraggiato. E certo non lo aiuta
sentir ripetere che “non c'è futuro” per i cristiani in Medio Oriente».