By Famiglia Cristiana
Andrea Riccardi
Andrea Riccardi
Il primo ministro libanese Saad Hariri si è clamorosamente dimesso
mentre stava in Arabia Saudita e non è più tornato in patria. Si
sospetta che sia ostaggio dei sauditi. Le sue dimissioni (è un musulmano
sunnita, figlio di Rafik Hariri, politico e magnate libanese, ucciso
dai siriani) mostrano l’innalzamento del livello di scontro tra sunniti e
sciiti in Libano. Il conflitto tra le due maggiori componenti
dell’islam riguarda l’intero Medio Oriente: dallo Yemen, sconvolto dalla
guerra, all’Iraq e alla Siria. Il Libano, che ha conosciuto una
lunghissima guerra civile tra il 1975 e il 1990 e poi nel 2006, è
decisivo per la presenza cristiana nel mondo arabo. Lì vive la grande comunità cattolica maronita, ma hanno anche sede vari patriarcati e istituzioni dei cristiani mediorientali.
Soprattutto, c’è libertà d’opinione, a lungo negata nei Paesi arabi.
Infatti il Libano fu creato, dopo la Prima guerra mondiale, per
realizzare uno Stato dove i cristiani fossero maggioritari, tanto che il
presidente della Repubblica è, per accordo non scritto, sempre un
cristiano maronita (il primo ministro è invece un musulmano sunnita).
Dal 1932, però, non si fanno censimenti: i cristiani sono stati
superati come numero dai musulmani, divenuti – sembra – il 60% della
popolazione. Un conflitto in Libano tra sunniti e sciiti metterebbe in
crisi questo “baluardo” della presenza cristiana nel mondo arabo, oltre a
rappresentare una tragedia per il Paese. Del resto i cristiani stanno
abbandonando tutto il Medio Oriente in questi primi due decenni del XXI
secolo. In Siria, dentro una terribile guerra che dura dal 2011, la
popolazione cristiana si è almeno dimezzata e rappresenta un milione di
persone. Ad Aleppo i cristiani sono un terzo di prima dell’assedio. In Iraq la situazione è drammatica: i cristiani erano 1,3 milioni e ora sono meno di 300 mila,
in buona parte profughi in Kurdistan. Hanno subìto la violenza di
Daesh. Tutti gli appartenenti alle diverse Chiese si chiedono se ci sarà
un futuro in quelle terre per loro. Hanno resistito coraggiosamente
negli ultimi anni, dopo secoli duri; ma ora sembrano giunti a un punto
limite. Ci sono interventi delle organizzazioni della Chiesa in loro
aiuto.
Il problema è però drammatico: un mondo di fede e cultura, durato
quasi venti secoli nelle terre d’origine del cristianesimo, sta finendo.
Non è allora necessario, da parte dei cristiani del mondo, concentrare più attenzione ed energie su questa storia dolorosa?
Non riguarda solo i cristiani della regione, ma il cristianesimo
universale. Nessuna Chiesa, specie le fragili comunità orientali, può
affrontare problemi così grandi da sola. Ci vorrebbero nuovi gesti e
nuovi impegni: i primati delle Chiese cristiane potrebbero riunirsi,
risvegliare i cristiani del mondo, lanciare un movimento di solidarietà
ecumenica.