By Radiovaticana
Giada Aquilino
È una preghiera constate, quella di Francesco, per i martiri cristiani che - ha spiegato in diverse occasioni - oggi sono di più che “nei primi secoli”. Nei saluti all’odierna udienza generale, il pensiero del Papa è andato a domenica prossima, quando in Polonia, per iniziativa dei vescovi locali e di Aiuto alla Chiesa che Soffre, si celebra la nona 'Giornata di solidarietà con la Chiesa perseguitata', un sostegno spirituale e materiale - ha spiegato - ai fratelli e alle sorelle “del Medio Oriente”.
Giada Aquilino
È una preghiera constate, quella di Francesco, per i martiri cristiani che - ha spiegato in diverse occasioni - oggi sono di più che “nei primi secoli”. Nei saluti all’odierna udienza generale, il pensiero del Papa è andato a domenica prossima, quando in Polonia, per iniziativa dei vescovi locali e di Aiuto alla Chiesa che Soffre, si celebra la nona 'Giornata di solidarietà con la Chiesa perseguitata', un sostegno spirituale e materiale - ha spiegato - ai fratelli e alle sorelle “del Medio Oriente”.
“Le vostre preghiere e le vostre offerte - ha detto ai fedeli
polacchi - siano un aiuto concreto e un segno del legame con tutti i
sofferenti del mondo nel nome di Cristo”.
Stessa sollecitudine rivolta ai pellegrini di lingua italiana.
“L’odierna memoria dei Santi Martiri, le cui
reliquie sono custodite qui nella Basilica di San Pietro, accresca in
voi, cari giovani, l’attenzione alla testimonianza cristiana in contesti
difficili; aiuti voi, cari ammalati ad offrire le vostre sofferenze per
sostenere i tanti cristiani perseguitati; incoraggi voi, cari sposi
novelli, a confidare nell’aiuto di Dio e non soltanto nelle vostre
capacità”.
E sono proprio i “contesti difficili” ricordati dal Pontefice a
rendere quotidianamente la loro testimonianza cristiana. Come l’Iraq, la
cui storia da sempre conosce la persecuzione: lo spiega padre Rebwar Audish Basa,
sacerdote iracheno che recentemente, con l’impegno di Aiuto alla Chiesa
che Soffre, ha dedicato un libro a padre Ragheed Ganni, ucciso da
uomini armati nel 2007 a Mosul.
“Prima Al Qaeda, ultimamente l’Is, tutta la nostra storia purtroppo è
così drammatica e - sottolinea padre Rebwar - questo vuol dire che
ancora c’è più bisogno di testimoniare il Vangelo. Se un cristiano nasce
in Iraq significa che è missionario, che - aggiunge il sacerdote - deve
testimoniare il Vangelo nella sua vita quotidiana, perché anche andando
in chiesa ogni domenica per la Messa vuol dire essere pronti a dare la
propria vita per Cristo”.
Proprio perché ancora oggi si è perseguitati in Iraq come in altre parti del mondo - Francesco ha evocato spesso “l’ecumenismo del sangue”
- c’è un maggiore “bisogno dei valori del Vangelo”, che sono pace e
perdono, soprattutto in zone, conclude padre Rebwar, in cui “sono quasi
assenti”.