By Asia News
entinaia di siti archeologici cristiani sparsi fra i governatorati di Kerbala e Najaf, in Iraq, si stanno progressivamente deteriorando e sono a rischio scomparsa a causa dell’incuria, del disinteresse e dell’impotenza delle autorità centrali di Baghdad. È il grido d’allarme lanciato dal parlamentare cristiano Yonadam Kanna, leader dell’Assyrian Democratic Movement, e membro della Commissione parlamentare sul Lavoro e gli affari sociali, che denuncia il nuovo attacco al patrimonio artistico, storico e culturale della comunità irakena.
entinaia di siti archeologici cristiani sparsi fra i governatorati di Kerbala e Najaf, in Iraq, si stanno progressivamente deteriorando e sono a rischio scomparsa a causa dell’incuria, del disinteresse e dell’impotenza delle autorità centrali di Baghdad. È il grido d’allarme lanciato dal parlamentare cristiano Yonadam Kanna, leader dell’Assyrian Democratic Movement, e membro della Commissione parlamentare sul Lavoro e gli affari sociali, che denuncia il nuovo attacco al patrimonio artistico, storico e culturale della comunità irakena.
Il leader cristiano punta il dito contro il ministero federale della
Cultura e del turismo, che a dispetto dei numerosi atti di vandalismo e
danneggiamento nulla ha fatto per salvare gli oltre 400 siti
archeologici dalla rovina. Questi centri, aggiunge il parlamentare, sono
da considerare “il centro della cristianità del Medio oriente” e sono
ormai “in pericolo di scomparsa”. “Questi siti archeologici - prosegue -
hanno iniziato a scomparire a causa della mancanza di fondi dedicati da
parte del ministero della Cultura e del turismo e delle amministrazioni
locali” nel “disinteresse più totale”. Per cercare di rispondere
all’emergenza, egli ha assicurato che “aumenteremo il lavoro di
coordinamento con le parti interessate, per preservare i lasciti della
religione cristiana in queste province”.
All’appello lanciato dal parlamentare cristiano ha risposto il
sottosegretario del ministero della Cultura e del turismo Qais Hussein,
secondo cui il dicastero “non dispone di fondi sufficienti” per
preservare tutti i siti archeologici. Essi necessitano della protezione
di guardie armate oltre alle normali barriere protettive “per
preservarle dalle devastazioni”, a un costo che finora il governo e le
amministrazioni locali non sono state in grado - o non hanno voluto -
sostenere. Di realtà come questa, aggiunge Hussein, ve ne sono “a
decine” e senza soldi “il ministero non può ottemperare ai propri
compiti”.
In passato anche il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako è
intervenuto a più riprese, lanciando appelli comuni a difesa del
patrimonio culturale irakeno, non solo cristiano. L’ultimo di questi
risale al dicembre dello scorso anno, intervenendo alla “Conferenza
internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale nelle aree
teatro in conflitto” di Abu Dhabi. Nell’occasione egli ha auspicato la
creazione di un “rifugio sicuro” per
la conservazione del patrimonio culturale a rischio, devastato a più
riprese dallo Stato islamico (SI, ex Isis). In precedenza, quando era
ancora arcivescovo di Kirkuk, aveva denunciato i pericoli corsi dai
lasciti culturali e archeologici dell’Iraq, “bene universale” da salvaguardare e “più del petrolio”.
Nel frattempo il governo irakeno ha rilanciato la lotta contro il contrabbando di manufatti e antichità, una delle principali fonti di sostentamento
- assieme al petrolio - utilizzate in questi ultimi anni dai jihadisti
dello SI per sostenere e alimentare la loro guerra. In queste ore il
ministero degli Esteri ha annunciato il recupero di oltre 140 pezzi
venduti al mercato nero, diretti in Europa o in altre nazioni del mondo
arabo. Parte di questo materiale frutto del lavoro diplomatico
dell’esecutivo con le cancellerie occidentali e non è stato consegnato
al Museo nazionale irakeno.