Cecilia Seppia
Lo Stato Islamico continua a seminare terrore nonostante la morsa in cui prova a stringerlo la comunità internazionale. In Iraq, sono diverse le città sotto assedio: a Ramadi le autorità hanno imposto il coprifuoco totale dalla mezzanotte scorsa, perché secondo informazioni di intelligence i jihadisti sarebbero pronti a colpire le forze di sicurezza e gli abitanti in modo indiscriminato. A Tikrit, l’esercito ha lanciato un’offensiva per liberare almeno le zone del nord, occupate da giugno. Baghdad, invece ieri è stata teatro di sanguinosi attacchi costati la vita a 36 persone, in seguito rivendicati dai miliziani, però poi il Pentagono ha rassicurato: “La capitale non è più sotto la minaccia imminente dell'Is”. A Kobane, città siriana al confine con la Turchia, si combatte ancora, ma secondo fonti giornalistiche locali il sedicente Stato islamico starebbe perdendo terreno e nell’arco di pochi giorni – stando anche ai peshmerga curdi – potrebbe essere cacciato definitivamente, sempre con il sostegno dei raid della coalizione internazionale che nelle ultime ore sono stati 14. E mentre il costo di vite umane si è fatto pesantissimo – oltre 660 le persone rimaste uccise nella cittadina – arrivano nuove minacce in video: a volto scoperto in inglese, francese e tedesco i miliziani dicono “taglieremo le teste di tutti quelli che manderete”.
Nonostante le rassicurazioni del Pentagono, in molte città irachene, e soprattutto a Baghdad la preoccupazione resta forte e non c’è alcuna chiarezza sulle strategie usate. Lo spiega mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, al microfono di Cecilia Seppia:
Questi miliziani hanno seminato terrore. Non c’è tranquillità. La gente non è più tranquilla perché pensa sempre che queste persone possano arrivare da un momento all’altro, anche se sono lontane, perché tutti dicono una cosa ma poi ne accade un’altra. E' stato così in Siria, così è stato qui nella Piana di Ninive, a Mosul. Per questo, la gente da una parte teme queste cose, ma dall’altra deve vivere: va e viene, continua a lavorare quando può e dove c’è lavoro, perché molti non hanno lavoro.
Quindi, fondamentalmente, questa dichiarazione che avrebbero fatto gli Stati Uniti, dicendo che non c’è minaccia reale per Baghdad da parte dello Stato islamico, secondo lei è vera o no?
Spero sia così, perché questa sarebbe una grande grazia per il nostro popolo. Però, loro hanno il loro punto di vista, sono sul campo di battaglia, noi non possiamo sapere... Abbiamo la speranza che sia così, cioè che questo gruppo non arrivi a Baghdad. Poi, d’altra parte, noi dobbiamo pensare che ci sono sei milioni di persone a Baghdad e la maggioranza di loro è contro l’Is. Quindi, speriamo non ci sia minaccia per la capitale. Però, dicevo ciò che si vede, e cioè che si dice una cosa e dopo si sente altro. Io avevo detto che il mondo deve prendere la questione sul serio, deve agire insieme con un progetto concreto.
Lei diceva anche: “Stiamo cercando di stare vicino alle persone e di pregare ovviamente”. Che cosa sta facendo in concreto la Chiesa?
La Chiesa cerca prima di tutto di trovare case per le persone che si trovano a nord. Loro hanno molte difficoltà. Poi, cerca di dare loro ciò che possono per vivere: cibo, cose per riscaldarsi un po’ di notte, di giorno, così… La Chiesa fa ciò che può.
Ieri, Baghdad è stata scossa da una serie di attacchi sanguinosi. Inizialmente, si pensava che fossero i soliti attentati tra sunniti e sciiti. Invece, poi è arrivata la rivendicazione dello Stato islamico. Quindi, c’è una guerra che si aggiunge alla guerra. La situazione in Iraq si sta davvero complicando con la presenza dello Stato islamico.
Certamente. Non è facile. Ho sempre detto che non è facile. Si sente subito che questi sono andati lì, sono arrivati lì, sono forti. D'altra parte, il governo non fa niente, l’esercito iracheno è debole - e si vede - mentre dall’altra parte i Daech (Is) fanno le cose in segreto e vanno avanti. Speriamo che le forze internazionali riescano a tenerli lontani. La nostra fiducia però è nel Signore, solo nel Signore.
Lo Stato Islamico continua a seminare terrore nonostante la morsa in cui prova a stringerlo la comunità internazionale. In Iraq, sono diverse le città sotto assedio: a Ramadi le autorità hanno imposto il coprifuoco totale dalla mezzanotte scorsa, perché secondo informazioni di intelligence i jihadisti sarebbero pronti a colpire le forze di sicurezza e gli abitanti in modo indiscriminato. A Tikrit, l’esercito ha lanciato un’offensiva per liberare almeno le zone del nord, occupate da giugno. Baghdad, invece ieri è stata teatro di sanguinosi attacchi costati la vita a 36 persone, in seguito rivendicati dai miliziani, però poi il Pentagono ha rassicurato: “La capitale non è più sotto la minaccia imminente dell'Is”. A Kobane, città siriana al confine con la Turchia, si combatte ancora, ma secondo fonti giornalistiche locali il sedicente Stato islamico starebbe perdendo terreno e nell’arco di pochi giorni – stando anche ai peshmerga curdi – potrebbe essere cacciato definitivamente, sempre con il sostegno dei raid della coalizione internazionale che nelle ultime ore sono stati 14. E mentre il costo di vite umane si è fatto pesantissimo – oltre 660 le persone rimaste uccise nella cittadina – arrivano nuove minacce in video: a volto scoperto in inglese, francese e tedesco i miliziani dicono “taglieremo le teste di tutti quelli che manderete”.
Nonostante le rassicurazioni del Pentagono, in molte città irachene, e soprattutto a Baghdad la preoccupazione resta forte e non c’è alcuna chiarezza sulle strategie usate. Lo spiega mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, al microfono di Cecilia Seppia:
Questi miliziani hanno seminato terrore. Non c’è tranquillità. La gente non è più tranquilla perché pensa sempre che queste persone possano arrivare da un momento all’altro, anche se sono lontane, perché tutti dicono una cosa ma poi ne accade un’altra. E' stato così in Siria, così è stato qui nella Piana di Ninive, a Mosul. Per questo, la gente da una parte teme queste cose, ma dall’altra deve vivere: va e viene, continua a lavorare quando può e dove c’è lavoro, perché molti non hanno lavoro.
Quindi, fondamentalmente, questa dichiarazione che avrebbero fatto gli Stati Uniti, dicendo che non c’è minaccia reale per Baghdad da parte dello Stato islamico, secondo lei è vera o no?
Spero sia così, perché questa sarebbe una grande grazia per il nostro popolo. Però, loro hanno il loro punto di vista, sono sul campo di battaglia, noi non possiamo sapere... Abbiamo la speranza che sia così, cioè che questo gruppo non arrivi a Baghdad. Poi, d’altra parte, noi dobbiamo pensare che ci sono sei milioni di persone a Baghdad e la maggioranza di loro è contro l’Is. Quindi, speriamo non ci sia minaccia per la capitale. Però, dicevo ciò che si vede, e cioè che si dice una cosa e dopo si sente altro. Io avevo detto che il mondo deve prendere la questione sul serio, deve agire insieme con un progetto concreto.
Lei diceva anche: “Stiamo cercando di stare vicino alle persone e di pregare ovviamente”. Che cosa sta facendo in concreto la Chiesa?
La Chiesa cerca prima di tutto di trovare case per le persone che si trovano a nord. Loro hanno molte difficoltà. Poi, cerca di dare loro ciò che possono per vivere: cibo, cose per riscaldarsi un po’ di notte, di giorno, così… La Chiesa fa ciò che può.
Ieri, Baghdad è stata scossa da una serie di attacchi sanguinosi. Inizialmente, si pensava che fossero i soliti attentati tra sunniti e sciiti. Invece, poi è arrivata la rivendicazione dello Stato islamico. Quindi, c’è una guerra che si aggiunge alla guerra. La situazione in Iraq si sta davvero complicando con la presenza dello Stato islamico.
Certamente. Non è facile. Ho sempre detto che non è facile. Si sente subito che questi sono andati lì, sono arrivati lì, sono forti. D'altra parte, il governo non fa niente, l’esercito iracheno è debole - e si vede - mentre dall’altra parte i Daech (Is) fanno le cose in segreto e vanno avanti. Speriamo che le forze internazionali riescano a tenerli lontani. La nostra fiducia però è nel Signore, solo nel Signore.