By Fides
Molte comunità caldee della diaspora, sparse nei Paesi occidentali,
chiedono al Patriarcato l'invio urgente di sacerdoti per la cura
pastorale. Ma il Patriarcato caldeo non può inviare all'estero sacerdoti
che operano al servizio delle diocesi in Iraq, anche perchè è
prioritaria la cura pastorale delle comunità presenti nei territori di
radicamento storico della Chiesa caldea. Per questo, le comunità della
diaspora, con i loro Vescovi, sono sollecitate a prendere iniziative per
affrontare in loco il problema della carenza di vocazioni sacerdotali,
anche incentivando le ordinazioni sacerdotali di uomini sposati. Sono
queste le indicazioni e i suggerimenti contenuti in un comunicato appena
diffuso dai canali ufficiali del Patriarcato caldeo, in risposta alle
richieste di invio di sacerdoti indirizzate al Patriarcato dalle
comunità caldee disseminate in tutto il mondo.
Il Patriarcato - si legge nel testo patriarcale, pervenuto all'Agenzia Fides - sa bene che ci sarebbe bisogno di sacerdoti per le comunità caldee “che si trovano in Australia, Canada, Stati Uniti, Europa e in diversi Paesi del Medio Oriente”. Ma la scarsità di vocazioni rende di fatto impossibile venire incontro alle tante richieste. E dovendo scegliere, il Patriarcato riferisce di considerare prioritaria la permanenza di un congruo numero di sacerdoti presso le diocesi che amministrano i territori iracheni.
Il fenomeno dell'esodo dei cristiani caldei – si legge nel documento - si è intensificato negli ultimi quindici anni a causa di diversi fattori: mancanza di sicurezza, estremismo e terrorismo anche di marca settaria, instabilità politica. Per tutti questi fenomeni “i cristiani hanno sofferto tanto, insieme con gli altri cittadini” rimarca il documento del Patriarcato. Ma ora non ci sono sacerdoti caldei in numero sufficiente per essere inviati in tutte le città dove si creano nuove comunità caldee, a causa dei flussi migratori. L'emergenza, ovviamente, riguarda anche altre Chiese d'Oriente. Ma di fronte a questo stato di cose, non si può ridurre ulteriormente il numero di sacerdoti che operano in Iraq, se non si vuole peggiorare la condizione di comunità già a rischio di estinzione proprio nelle terre in cui quelle Chiese autoctone, spesso di origine apostolica, sono fiorite.
Il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, contattato dall'Agenzia Fides, chiama in causa la responsabilità di ogni singolo Vescovo, compresi quelli che guidano le comunità caldee in diaspora. Il comunicato diffuso dal Patriarcato caldeo invita tutti loro a cercare soluzioni per favorire l'aumento del numero dei sacerdoti nelle rispettive diocesi, compreso un maggior ricorso all'ordinazione sacerdotale di uomini sposati, contemplata nella disciplina canonica delle Chiese cattoliche orientali.
Il Patriarcato - si legge nel testo patriarcale, pervenuto all'Agenzia Fides - sa bene che ci sarebbe bisogno di sacerdoti per le comunità caldee “che si trovano in Australia, Canada, Stati Uniti, Europa e in diversi Paesi del Medio Oriente”. Ma la scarsità di vocazioni rende di fatto impossibile venire incontro alle tante richieste. E dovendo scegliere, il Patriarcato riferisce di considerare prioritaria la permanenza di un congruo numero di sacerdoti presso le diocesi che amministrano i territori iracheni.
Il fenomeno dell'esodo dei cristiani caldei – si legge nel documento - si è intensificato negli ultimi quindici anni a causa di diversi fattori: mancanza di sicurezza, estremismo e terrorismo anche di marca settaria, instabilità politica. Per tutti questi fenomeni “i cristiani hanno sofferto tanto, insieme con gli altri cittadini” rimarca il documento del Patriarcato. Ma ora non ci sono sacerdoti caldei in numero sufficiente per essere inviati in tutte le città dove si creano nuove comunità caldee, a causa dei flussi migratori. L'emergenza, ovviamente, riguarda anche altre Chiese d'Oriente. Ma di fronte a questo stato di cose, non si può ridurre ulteriormente il numero di sacerdoti che operano in Iraq, se non si vuole peggiorare la condizione di comunità già a rischio di estinzione proprio nelle terre in cui quelle Chiese autoctone, spesso di origine apostolica, sono fiorite.
Il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, contattato dall'Agenzia Fides, chiama in causa la responsabilità di ogni singolo Vescovo, compresi quelli che guidano le comunità caldee in diaspora. Il comunicato diffuso dal Patriarcato caldeo invita tutti loro a cercare soluzioni per favorire l'aumento del numero dei sacerdoti nelle rispettive diocesi, compreso un maggior ricorso all'ordinazione sacerdotale di uomini sposati, contemplata nella disciplina canonica delle Chiese cattoliche orientali.