By SIR
Daniele Rocchi
Daniele Rocchi
Cresce il numero delle famiglie cristiane sfollate dalla Piana di Ninive
che vuole fare rientro nei loro villaggi e nelle loro abitazioni. È
quanto emerge da un’indagine condotta il mese scorso da Acs, Aiuto alla
Chies che soffre, su un campione di 1500 famiglie sfollate cristiane
(1308 i questionari consegnati) e attualmente accolte a Erbil, capitale
del Kurdistan iracheno. I dati rivelano che il 41,36% di queste famiglie
intende fare ritorno nei loro villaggi di origine, a fronte di un 12%
che ha risposto ‘No’, e con un 46,64% che ha detto ‘forse’. “Un numero
in crescita – commenta al Sir il direttore di Acs Italia, Alessandro
Monteduro – che pure non nasconde le difficoltà sul terreno che Acs
intende aiutare a risolvere varando un vero e proprio ‘Piano Marshall’
per ricostruire i paesi cristiani della Piana di Ninive. Oggi, infatti,
dopo i recenti successi conseguiti contro le milizie fondamentaliste
dall’esercito iracheno e dai peshmerga curdi si pone l’urgenza della
ricostruzione, in primis delle abitazioni”. Su questo punto i dati della
ricerca sono preoccupanti:
“attualmente il 74,54% delle famiglie non ha documenti di identità
perché sottratti loro dai miliziani dello Stato islamico. Circa le loro
abitazioni il 56,96% delle famiglie ha subito saccheggi, il 22,25% le ha
viste distrutte, il 19,42% incendiate. L’1,38% non sa che fine abbiano
fatto le loro case”.
A Mosul e nella Piana di Ninive, prima dell’arrivo
dell’Isis (2014), la presenza cristiana era stimata in 130 mila fedeli.
Attualmente sono circa 90 mila di cui 40 mila sono già andati via a
causa della persecuzione. Per procedere alla ricostruzione, spiega
Monteduro – occorre effettuare delle ricognizioni su ciò che è rimasto
in piedi, rimuovere le macerie e la bonifica delle mine. Inoltre è
urgente provvedere alla fornitura di luce e acqua, rimettere a posto le
strade, ricostruire e riequipaggiare ospedali, cliniche, scuole, e
luoghi di culto.
Fino ad oggi il Patriarcato caldeo ha stanziato l’equivalente di oltre
400mila dollari, ma si stima che ogni abitazione danneggiata avrà
bisogno di ulteriori 3000 dollari da usarsi per rinnovare infissi,
tinteggiatura e per acquistare elettrodomestici. Diverso il discorso per
chi ha avuto le case distrutte e completamente saccheggiate. Per
costoro il programma di aiuto prevede un villaggio più moderno con tutte
le infrastrutture necessarie, a partire da scuole, mercato, centro di
comunità. Un’altra esigenza che appare prioritaria è la sicurezza:
“occorre mantenere alcune delle Forze che hanno contribuito alla
liberazione dei villaggi, sostenute anche da guardie cristiane di questa
area. Importante potrebbe rivelarsi anche la presenza di osservatori
internazionali Onu e Ue, come già accade a Baghdad e Erbil”. In questa
fase che precede il ritorno nelle loro case la Fondazione Acs continua a
sostenere le famiglie di sfollati, fornendo ogni mese pacchi viveri ad
oltre 12.000 nuclei familiari. Oltre a ciò Acs paga affitti per 641
abitazioni per 1.800 famiglie; ma si punta ad arrivare a oltre 3.000
case per più di 5.000 famiglie. “Un obiettivo ambizioso, ma confidiamo
nella generosità di molti” fanno sapere da Acs che dall’inizio della
crisi irachena (2014) ad oggi ha finanziato progetti per oltre 25 milioni di euro in tutto il Paese.