By Radiovaticana
“Emergenza Kurdistan-Non lasciamoli soli”: è l'iniziativa di Focsiv e del quotidiano "Avvenire" (d’intesa con Iscos-Cisl, Mcl, Masci, Azione Cattolica e Banca Etica) a sostegno delle famiglie irachene rifugiate in Kurdistan, per sfuggire alla violenza dell’Is. Si parla di quasi 2 milioni di sfollati (soprattutto bambini, donne e anziani) di cui oltre 156 mila si trovano a Erbil, dove sono stati accolti profughi cristiani, yazidi, turcomanni, sunniti e sciiti. Al microfono di Elisa Sartarelli, il presidente della Focsiv, Gianfranco Cattai:
In particolare, noi siamo coinvolti nella zona di Ankawa. E più ancora con 250 famiglie - circa 2 mila persone - che stanno in un palazzo, che doveva essere adibito a centro commerciale, che è stato trasformato come rifugio per queste persone. Stiamo parlando di un edificio che era senza pareti e che hanno improvvisamente isolato con dei lamierini, ma dove in uno spazio equivalente di una stanza normale, ci stanno almeno due famiglie da 7, 8 persone. Quindi coabitazioni abbastanza gravi. Stiamo anticipando, per esempio, dei vestiari per l’inverno, in particolare giacche a vento, scarponi, calzettoni… Oppure i pannolini per i bambini. Molti sono giovani sotto i 16 anni, il 45 per cento della popolazione. Ma molte sono anche le mamme con bambini piccolissimi. Diciamo che una delle nostre attività è quella di tentare di far sorridere i bambini perché in una situazione di disperazione, dove la gente è scappata improvvisamente dalla propria casa, abbandonando tutto e vestendosi soltanto, diciamo della propria paura e forse di una camicia, ma nulla più, è chiaro che è presa da disperazione perché non ha neanche pensato a quello che poteva essere un futuro. Ed oggi guardando nel vuoto l’unica domanda che tutti si fanno è: quando torneremo indietro? E quindi una delle ottiche è di far passare del tempo in un modo positivo e propositivo, soprattutto lavorando con i bambini e i ragazzi, per farli sorridere, per far fare a loro degli esercizi, che sono come esercizi di oratorio, nel nostro ambiente italiano.
Come è possibile aiutarvi?
Fornendo ai nostri operatori italiani e curdi che stanno sul posto disponibilità economiche per far fronte immediatamente agli acquisti di cui dicevo prima. Ma c’è anche un lavoro di prospettiva in cui vari organismi dell’associazione della Focsiv - la Focsiv è una federazione di 70 associazioni - si rendono disponibili a capire che cosa costruire in prospettiva. Molte persone ci dicono: "Ma, io potrei andare e fare qualcosa…". Ecco, su questo, il senso della nostra presenza in loco è anche essere un’opportunità, essere facilitatori per chi vuole muoversi, anche personalmente. Stiamo pensando, grazie a dei contatti con le imprese locali, di fornire delle borse-lavoro. Oppure stiamo pensando a dei corsi, che potremmo definire di alfabetizzazione funzionale, di scuola, ma in modo informale, proprio perché non si perda il tempo ma con il lavoro e la scuola si possa continuare a costruire un proprio futuro.
Quali sono le prospettive che questa situazione rientri?
E’ presto per fare questa domanda ovvero pensare alla possibilità che queste famiglie, donne, con i loro figli, con gli anziani, tornino nei luoghi di origine. E' presto per pensare a questa prospettiva: ne rimangono altre due. Evidentemente, la possibilità di essere accolti in Kurdistan. La terza pista, quella più probabile, tra l’altro, è quella della migrazione a livello internazionale.
“Emergenza Kurdistan-Non lasciamoli soli”: è l'iniziativa di Focsiv e del quotidiano "Avvenire" (d’intesa con Iscos-Cisl, Mcl, Masci, Azione Cattolica e Banca Etica) a sostegno delle famiglie irachene rifugiate in Kurdistan, per sfuggire alla violenza dell’Is. Si parla di quasi 2 milioni di sfollati (soprattutto bambini, donne e anziani) di cui oltre 156 mila si trovano a Erbil, dove sono stati accolti profughi cristiani, yazidi, turcomanni, sunniti e sciiti. Al microfono di Elisa Sartarelli, il presidente della Focsiv, Gianfranco Cattai:
In particolare, noi siamo coinvolti nella zona di Ankawa. E più ancora con 250 famiglie - circa 2 mila persone - che stanno in un palazzo, che doveva essere adibito a centro commerciale, che è stato trasformato come rifugio per queste persone. Stiamo parlando di un edificio che era senza pareti e che hanno improvvisamente isolato con dei lamierini, ma dove in uno spazio equivalente di una stanza normale, ci stanno almeno due famiglie da 7, 8 persone. Quindi coabitazioni abbastanza gravi. Stiamo anticipando, per esempio, dei vestiari per l’inverno, in particolare giacche a vento, scarponi, calzettoni… Oppure i pannolini per i bambini. Molti sono giovani sotto i 16 anni, il 45 per cento della popolazione. Ma molte sono anche le mamme con bambini piccolissimi. Diciamo che una delle nostre attività è quella di tentare di far sorridere i bambini perché in una situazione di disperazione, dove la gente è scappata improvvisamente dalla propria casa, abbandonando tutto e vestendosi soltanto, diciamo della propria paura e forse di una camicia, ma nulla più, è chiaro che è presa da disperazione perché non ha neanche pensato a quello che poteva essere un futuro. Ed oggi guardando nel vuoto l’unica domanda che tutti si fanno è: quando torneremo indietro? E quindi una delle ottiche è di far passare del tempo in un modo positivo e propositivo, soprattutto lavorando con i bambini e i ragazzi, per farli sorridere, per far fare a loro degli esercizi, che sono come esercizi di oratorio, nel nostro ambiente italiano.
Come è possibile aiutarvi?
Fornendo ai nostri operatori italiani e curdi che stanno sul posto disponibilità economiche per far fronte immediatamente agli acquisti di cui dicevo prima. Ma c’è anche un lavoro di prospettiva in cui vari organismi dell’associazione della Focsiv - la Focsiv è una federazione di 70 associazioni - si rendono disponibili a capire che cosa costruire in prospettiva. Molte persone ci dicono: "Ma, io potrei andare e fare qualcosa…". Ecco, su questo, il senso della nostra presenza in loco è anche essere un’opportunità, essere facilitatori per chi vuole muoversi, anche personalmente. Stiamo pensando, grazie a dei contatti con le imprese locali, di fornire delle borse-lavoro. Oppure stiamo pensando a dei corsi, che potremmo definire di alfabetizzazione funzionale, di scuola, ma in modo informale, proprio perché non si perda il tempo ma con il lavoro e la scuola si possa continuare a costruire un proprio futuro.
Quali sono le prospettive che questa situazione rientri?
E’ presto per fare questa domanda ovvero pensare alla possibilità che queste famiglie, donne, con i loro figli, con gli anziani, tornino nei luoghi di origine. E' presto per pensare a questa prospettiva: ne rimangono altre due. Evidentemente, la possibilità di essere accolti in Kurdistan. La terza pista, quella più probabile, tra l’altro, è quella della migrazione a livello internazionale.