By Radiovaticana
In Iraq prosegue l’avanzata dei ribelli jihadisti che nei giorni scorsi hanno occupato la città di Mosul: occupata nelle ultime ore la maggior parte della regione strategica di Tallafar verso la frontiera con la Siria. Oltre 40 i morti negli scontro odierni a Diyala. Secondo le Nazioni Uniti la crisi in atto minaccia l’esistenza dell’Iraq e costituisce "la piu' grande minaccia alla sovranita'" del Paese da diversi anni. Sulla situazione Paolo Ondarza ha raggiunto telefonicamente padre Albert Hisham, portavoce del Patriarcato caldeo a Baghdad:
In Iraq prosegue l’avanzata dei ribelli jihadisti che nei giorni scorsi hanno occupato la città di Mosul: occupata nelle ultime ore la maggior parte della regione strategica di Tallafar verso la frontiera con la Siria. Oltre 40 i morti negli scontro odierni a Diyala. Secondo le Nazioni Uniti la crisi in atto minaccia l’esistenza dell’Iraq e costituisce "la piu' grande minaccia alla sovranita'" del Paese da diversi anni. Sulla situazione Paolo Ondarza ha raggiunto telefonicamente padre Albert Hisham, portavoce del Patriarcato caldeo a Baghdad:
E’ una cosa preoccupante per tutti noi, soprattutto per i cristiani: tutti i cristiani – e parlo soprattutto dei cristiani, qui, a Baghdad – hanno paura di questa situazione così preoccupante, proprio perché non sanno cosa sarà il futuro. Non ci sono notizie molto sicure!
Il timore più grande qual è?
Per noi è quello dell’emigrazione, perché adesso la gente comincia di nuovo ad emigrare.
Le forze dell’ordine, i militari stanno agendo per contrastare quanto accade?
Sì. I militari stanno facendo qualcosa, però non c’è alcuna notizia sicura. Non sappiamo niente di sicuro: dove sono andati, dove hanno fatto qualcosa… E’ proprio questa confusione delle notizie che dà questa paura alla gente.
Preoccupa anche l’assenza di Ong, di strutture di riferimento per le persone che stanno tentando di fuggire dalle violenze…
Certo che sì! C’è tanta gente che è scappata da Mosul e da altre città, verso i villaggi. Lì, le famiglie cristiane stanno provando ad accogliere queste famiglie, ma ci sono difficoltà che si stanno cercando di affrontare. Fanno del loro meglio per riuscire ad accogliere e per fare qualcosa.
I miliziani sono alle porte di Baghdad: come vive la popolazione nella capitale?
Nella capitale, a Baghdad, c’è una vita normale adesso, però c’è la paura: paura che entrino i terroristi; c’è paura fra tutta la gente e non solo tra i cristiani.
Negli ultimi mesi, potremmo dire anche negli ultimi anni, l’attenzione verso l’Iraq era calata da parte dei mezzi di comunicazione internazionali. Voi, però, siete stati testimoni di una situazione incandescente, che non è mai mutata: vi aspettavate quando è accaduto nelle ultime ore?
Non ci saremmo mai aspettati tutta questa situazione! Una città così grande, com’è Mosul, è caduta in 2-3 giorni… Questa è una cosa inaspettata! E’ per questo che la gente, che sente queste notizie, ha questa paura.
Qual è l’appello, qual è la speranza della Chiesa in Iraq, dei cristiani in Iraq?
La nostra speranza è quella che ha espresso anche il Patriarca Sako nella dichiarazione che ha fatto alcuni giorni fa e cioè di costruire un Paese secondo una unità nazionale. Questa è la nostra speranza e questa è la soluzione per tutto questo caos stiamo vivendo in questi giorni.
Negli ultimi giorni, il Papa ha espresso viva preoccupazione, levando un appello per l’Iraq: il Papa segue con attenzione quanto sta accadendo in queste ore. La popolazione irachena sente questa vicinanza?
Certo che sì. Abbiamo letto e abbiamo anche sentito l’appello del Papa per il nostro Paese. Di questo noi siamo così lieti, di sentire la voce del Papa, che è così vicino alla nostra popolazione e non solo ai cristiani, ma anche a tutti i musulmani del Paese, a tutti i rifugiati e a tutti coloro che sono scappati da queste città e che hanno perso la loro casa… Abbiamo fiducia nella preghiera del Papa, affinché questo caos finisca presto!
Il timore più grande qual è?
Per noi è quello dell’emigrazione, perché adesso la gente comincia di nuovo ad emigrare.
Le forze dell’ordine, i militari stanno agendo per contrastare quanto accade?
Sì. I militari stanno facendo qualcosa, però non c’è alcuna notizia sicura. Non sappiamo niente di sicuro: dove sono andati, dove hanno fatto qualcosa… E’ proprio questa confusione delle notizie che dà questa paura alla gente.
Preoccupa anche l’assenza di Ong, di strutture di riferimento per le persone che stanno tentando di fuggire dalle violenze…
Certo che sì! C’è tanta gente che è scappata da Mosul e da altre città, verso i villaggi. Lì, le famiglie cristiane stanno provando ad accogliere queste famiglie, ma ci sono difficoltà che si stanno cercando di affrontare. Fanno del loro meglio per riuscire ad accogliere e per fare qualcosa.
I miliziani sono alle porte di Baghdad: come vive la popolazione nella capitale?
Nella capitale, a Baghdad, c’è una vita normale adesso, però c’è la paura: paura che entrino i terroristi; c’è paura fra tutta la gente e non solo tra i cristiani.
Negli ultimi mesi, potremmo dire anche negli ultimi anni, l’attenzione verso l’Iraq era calata da parte dei mezzi di comunicazione internazionali. Voi, però, siete stati testimoni di una situazione incandescente, che non è mai mutata: vi aspettavate quando è accaduto nelle ultime ore?
Non ci saremmo mai aspettati tutta questa situazione! Una città così grande, com’è Mosul, è caduta in 2-3 giorni… Questa è una cosa inaspettata! E’ per questo che la gente, che sente queste notizie, ha questa paura.
Qual è l’appello, qual è la speranza della Chiesa in Iraq, dei cristiani in Iraq?
La nostra speranza è quella che ha espresso anche il Patriarca Sako nella dichiarazione che ha fatto alcuni giorni fa e cioè di costruire un Paese secondo una unità nazionale. Questa è la nostra speranza e questa è la soluzione per tutto questo caos stiamo vivendo in questi giorni.
Negli ultimi giorni, il Papa ha espresso viva preoccupazione, levando un appello per l’Iraq: il Papa segue con attenzione quanto sta accadendo in queste ore. La popolazione irachena sente questa vicinanza?
Certo che sì. Abbiamo letto e abbiamo anche sentito l’appello del Papa per il nostro Paese. Di questo noi siamo così lieti, di sentire la voce del Papa, che è così vicino alla nostra popolazione e non solo ai cristiani, ma anche a tutti i musulmani del Paese, a tutti i rifugiati e a tutti coloro che sono scappati da queste città e che hanno perso la loro casa… Abbiamo fiducia nella preghiera del Papa, affinché questo caos finisca presto!