By Osservatore Romano
Si stima, riferisce la missione delle Nazioni Unite nel Paese (Unami), che dall'inizio dell'anno siano oltre 1,2 milioni gli sfollati: cifre che sono andate crescendo in questi ultimi giorni a seguito dall’avanzata dei miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) che, con le loro efferate violenze, stanno seminando panico e terrore tra la popolazione.
Dal canto suo l’Unicef ha comunicato che in questo scenario il prezzo più alto viene pagato dai bambini: sono circa trecentomila i piccoli che necessitano di cure, poiché stanno venendo meno le più elementari condizioni di igiene e, di conseguenza, cresce il rischio del diffondersi di malattie che andrebbero a colpire anzitutto i più vulnerabili.
In questi giorni l’Unicef ha coordinato diverse missioni per aiutare le autorità locali a coordinare gli interventi più urgenti. Nel frattempo squadre di soccorso hanno raggiunto i bambini e le loro famiglie a Sinjar e a Tel Keif, ad appena qualche chilometro dal fronte dei combattimenti in corso a Mossul.
Intanto si sta cercando di fare chiarezza riguardo ai bombardamenti aerei avvenuti ieri contro postazioni dei qaedisti al confine tra Siria e Iraq. Media governativi iracheni hanno puntato il dito sui droni statunitensi, mentre il Pentagono ha seccamente smentito. Fonti sul terreno hanno affermato che i raid sono stati compiuti da caccia del regime siriano. Nella giornata di ieri sono proseguiti i combattimenti tra l’esercito di Baghdad e i miliziani attorno al complesso petrolifero di Balij. Sempre ieri vi è stato l’incontro tra il segretario di Stato statunitense, John Kerry, e il presidente del Kurdistan iracheno, Massud Barzani, il quale, in un’intervista alla Cnn, ha dichiarato che il Paese «sta cadendo a pezzi» e che «il Governo centrale ha perso il controllo della situazione». Durante il colloquio, a Erbil, Kerry ha chiesto Barzani di «impegnarsi per la coesione nazionale» ricordando che questo è «un momento molto critico per l’Iraq» e che la formazione del nuovo Governo rappresenta «una sfida centrale». In un’intervista alla Cbs il capo della diplomazia statunitense ha poi affermato che l’Amministrazione Obama è «pronta a usare la forza militare» per aiutare l’Iraq, «ma non fino a quando vi sarà un vuoto di potere nel Paese». Lo stesso Kerry ha annunciato che il Parlamento iracheno si riunirà il primo luglio per avviare le consultazioni dirette a dar vita a un nuovo Esecutivo. Ma questa mattina il primo ministro iracheno, Nouri Al Maliki, ha respinto il piano per un Governo di unità nazionale, poiché lo considera «un colpo» contro la Costituzione e contro il processo politico.
Si stima, riferisce la missione delle Nazioni Unite nel Paese (Unami), che dall'inizio dell'anno siano oltre 1,2 milioni gli sfollati: cifre che sono andate crescendo in questi ultimi giorni a seguito dall’avanzata dei miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) che, con le loro efferate violenze, stanno seminando panico e terrore tra la popolazione.
Dal canto suo l’Unicef ha comunicato che in questo scenario il prezzo più alto viene pagato dai bambini: sono circa trecentomila i piccoli che necessitano di cure, poiché stanno venendo meno le più elementari condizioni di igiene e, di conseguenza, cresce il rischio del diffondersi di malattie che andrebbero a colpire anzitutto i più vulnerabili.
In questi giorni l’Unicef ha coordinato diverse missioni per aiutare le autorità locali a coordinare gli interventi più urgenti. Nel frattempo squadre di soccorso hanno raggiunto i bambini e le loro famiglie a Sinjar e a Tel Keif, ad appena qualche chilometro dal fronte dei combattimenti in corso a Mossul.
Intanto si sta cercando di fare chiarezza riguardo ai bombardamenti aerei avvenuti ieri contro postazioni dei qaedisti al confine tra Siria e Iraq. Media governativi iracheni hanno puntato il dito sui droni statunitensi, mentre il Pentagono ha seccamente smentito. Fonti sul terreno hanno affermato che i raid sono stati compiuti da caccia del regime siriano. Nella giornata di ieri sono proseguiti i combattimenti tra l’esercito di Baghdad e i miliziani attorno al complesso petrolifero di Balij. Sempre ieri vi è stato l’incontro tra il segretario di Stato statunitense, John Kerry, e il presidente del Kurdistan iracheno, Massud Barzani, il quale, in un’intervista alla Cnn, ha dichiarato che il Paese «sta cadendo a pezzi» e che «il Governo centrale ha perso il controllo della situazione». Durante il colloquio, a Erbil, Kerry ha chiesto Barzani di «impegnarsi per la coesione nazionale» ricordando che questo è «un momento molto critico per l’Iraq» e che la formazione del nuovo Governo rappresenta «una sfida centrale». In un’intervista alla Cbs il capo della diplomazia statunitense ha poi affermato che l’Amministrazione Obama è «pronta a usare la forza militare» per aiutare l’Iraq, «ma non fino a quando vi sarà un vuoto di potere nel Paese». Lo stesso Kerry ha annunciato che il Parlamento iracheno si riunirà il primo luglio per avviare le consultazioni dirette a dar vita a un nuovo Esecutivo. Ma questa mattina il primo ministro iracheno, Nouri Al Maliki, ha respinto il piano per un Governo di unità nazionale, poiché lo considera «un colpo» contro la Costituzione e contro il processo politico.