"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

29 marzo 2010

Council of Christian Church Leaders: “We ask the government for peace and security”


"We're waiting to see which direction and what guidelines the new government will follow. We hope that the government's plans call for peace and security.”
This is what Fides learned from Archbishop Avak Asadourian, Primate of the Armenian Orthodox Church of Iraq and Secretary General of the Iraqi Council of Christian Church Leaders, which brings together leaders of 14 Christian churches in the country. Commenting on the results of the elections, the Archbishop tells Fides about some good signs: "Many citizens have participated in the vote. There was a high level of participation among Christians, as well. Now all we are waiting to see is which direction the government will take. We hope that the guiding principle of action will be to ensure peace and security to the nation, as this is the basis for genuine democracy and for rebuilding infrastructure and work." On the sentiments among leaders and the Christian community, the Archbishop told Fides: "The Christians have hopes for a stable and strong government. We are citizens of Iraq and we have been in this land, our home, for millennia. Politicians leading the country say they hope that Christians will remain in the country and continue to contribute. We ask them not to remain in good intentions, but to put them into practice through works," ensuring a peaceful life to Christian minorities, who are still under fierce attack. On direct commitment in politics, Archbishop Asadourian says: "There are now 5 Christians in Parliament and this is a step forward from the previous Parliament, where there was only one. But it's not enough. We encourage lay Christians to become involved in social life and engage in good politics, to support Christian values such as respect for human dignity and fundamental human freedoms."
The Council of Christian Church Leaders in Iraq was established on Feb. 10 in Baghdad as a coordinating body among the Christian leaders in Iraq. It includes 14 communities: the Chaldean Catholic Church, the Assyrian Church, the Assyrian Catholic Church, the Syrian Orthodox Church, the Syro-Catholic Church, the Armenian-Orthodox Church, the Armenian Catholic Church, the Greek Catholic Church, the Greek Orthodox Church, the Latin Catholic Church, the Presbyterian Church, the Assyrian Evangelical Church, the Seventh Day Adventist Church, and the Coptic Orthodox Church.

Asia/Iraq: Il Consiglio dei leader cristiani: “Al nuovo governo chiediamo pace e sicurezza”


“Aspettiamo di vedere quale direzione e quali orientamenti seguirà il nuovo governo. Auspichiamo che le linee programmatiche dell’azione di governo siano pace e sicurezza”:
è quanto dichiara all’Agenzia Fides l’Arcivescovo Avak Asadourian, Primate della Chiesa Armena Ortodossa dell’Iraq e Segretario Generale del “Consiglio dei Leader delle Chiese cristiane dell’Iraq”, che riunisce i capi di 14 Chiese cristiane del paese.
Commentando i risultati delle elezioni, l’Arcivescovo dice a Fides di notare buoni segnali: “Molti cittadini hanno partecipato al voto; anche la partecipazione dei cristiani è stata alta. Ora tutti attendono di vedere quale strada prenderà il governo. Speriamo che il principio guida dell’azione sia garantire pace e sicurezza alla nazione, che sono la base per una autentica democrazia, e per poter ricostruire infrastrutture e lavoro”.Sui sentimenti dei leader e della comunità cristiana, l’Arcivescovo nota a Fides: “I cristiani sperano in un governo stabile e forte. Siamo cittadini dell’Iraq e siamo presenti in questa terra, casa nostra, da millenni. Rappresentanti politici ai vertici del paese dicono di sperare che i cristiani restino nel paese e continuino a dare un contributo. Chiediamo che queste non restino solo buone intenzioni, ma che seguano i fatti per metterle in pratica”, assicurando una vita pacifica alle minoranze cristiane, ancora sotto tiro.Sull’impegno diretto in politica, Mons. Asadourian afferma: “I cristiani sono ora 5 in Parlamento ed è un passo avanti rispetto al Parlamento precedente, dove ce n’era solo uno. Ma non basta ancora. Incoraggiamo i laici cristiani a coinvolgersi nel sociale e a impegnarsi nella buona politica per portare i valori cristiani come il rispetto della dignità umana e le libertà fondamentali dell’uomo”. Il Consiglio dei Leader delle Chiese cristiane in Iraq (“Council of Christian Church Leaders”) è stato istituito il 10 febbraio scorso a Baghdad come organismo di coordinamento fra i leader cristiani in Iraq. Ne fanno parte 14 comunità: la Chiesa cattolica Caldea; la Chiesa Assira; la Chiesa Assiro-Cattolica; la Chiesa Siro-Ortodossa; la Chiesa Siro-cattolica; la Chiesa Ortodossa-Armena; la Chiesa Cattolica Armena; la Chiesa Greco-Cattolica; la Chiesa Greco-Ortodossa; la Chiesa Cattolica Latina; la Chiesa Presbiteriana; Chiesa Evangelica Assira; la Chiesa Avventista del Settimo giorno; la Chiesa Copto-Ortodossa.

Mosul: bimbo cristiano di tre anni ucciso da un'esplosione


Ennesima vittima cristiana a Mosul. Un bambino di soli tre anni è morto, sabato 27 marzo, per le ferite riportate a causa di un’esplosione provocata da una bomba posta nei pressi della sua abitazione. Nell’attentato sono rimasti feriti anche i familiari del piccolo. A confermare la notizia al Sir è l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shimoun Nona che fornisce dettagli dell’accaduto: “secondo la polizia l’attacco non era diretto all’abitazione della famiglia cristiana ma, forse, ad una chiesa vicina. I terroristi, due, scoperti e fermati dalla polizia si sono dati alla fuga lasciandosi dietro l’ordigno che è esploso nei pressi dell’abitazione causando la morte del piccolo e gravi ferite agli altri componenti che sono ricoverati in ospedale. Ieri mi sono recato in visita alla famiglia per portare tutto il conforto della comunità locale”. “Speriamo che il prossimo Governo sappia arginare questa violenza – afferma l’arcivescovo - la popolazione ha bisogno di riconciliazione, di pace e di stabilità, condizioni necessarie per riprendere la via della rinascita. Siamo ottimisti perché notiamo anche la speranza e la voglia del popolo di camminare in questa direzione”.
Un invito ad “attendere tempi migliori” arriva da mons. George Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico della città, che a Fides parla di “fedeli cristiani terrorizzati. Speriamo in un governo forte che porti pace e giustizia in Iraq. Un governo che non difenda interessi di gruppi religiosi, etnici o di fazioni politiche, ma che guardi con lungimiranza al bene comune del paese, in quanto l’Iraq è di tutti”. Parla di “attacco brutale” il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni riferendosi alla morte del bambino cristiano: “proviamo dispiacere e paura per i nostri cristiani di Mosul – dichiara al Sir – la situazione è difficile. Il nostro auspicio è che qualsiasi Esecutivo sarà formato questo possa affrontare il tema della sicurezza e dei diritti dei nostri fedeli”. Analogo appello alla “pace e sicurezza” giunge anche dall’arcivescovo Avak Asadourian, Primate della Chiesa armena ortodossa dell’Iraq e Segretario Generale del “Consiglio dei Leader delle Chiese cristiane dell’Iraq”, che riunisce i capi di 14 Chiese cristiane del paese. “Speriamo che il principio guida dell’azione del prossimo Governo sia garantire pace e sicurezza alla nazione, basi per una autentica democrazia, e per poter ricostruire infrastrutture e lavoro”.

26 marzo 2010

A new Syriac Orthodox priest in Mosul

By Baghdadhope*

Source of the news: Syriac Orthodox Patriarchate

The Christian community in Mosul is growing in number despite the diffiucult situation of the country and the city.
The Syriac Orthodox bishop of Mosul, Msgr. Saliba Chamoun, will soon have an aide as decided by the Patriarch Mor Ignatius Zakka I.
Fr. David Sharaf, after serving for more than three years in the church of Mar Malke in Sydney, will serve as Mosul bishop's aide going back to the city where he was born in 1976.
Before being sent to Australia Fr. David, who has a BA in Theology, taught at the Theological Seminary in the College of Mar Ephrem, served as a priest for three months in Sweden and then went to study to the University of Athens (Greece) before going back to teach at the Theological Seminary.

Give to Ceasar What Is Ceasar’s (Lk 20:25)

By Baghdadhope*

Iraqi youth use technology to join celebrations in St. Peter's Square

In reporting the piece of news about the "virtual" union of the youth partecipating yesterday to the celebration for the 25° anniversary of WYD in Saint Peter's Sq. in Rome and the youth of Mar Qardagh Chaldean Catholic church in Erbil (Iraq) CNA/ETWN news cited as the source of it SIR agency.

In reality the first to report the news was Baghdadhope.
SIR agency reported the news too but properly citing Baghdadhope as its source, as did also Radiovaticana in the late afternoon.

25 marzo 2010

Young people from Rome and Erbil virtually together

By Baghdadhope*

To mark the 25th anniversary of the first World Youth Day held in Rome in 1985 and to celebrate the 10th anniversary of WYD in Tor Vergata on this afternoon the Holy Father will meet with young people from Rome and Lazio between 7.00 and 9.30 pm in San Pietro square.
Those young people, as it is a tradition, will be virtually joined by those of the Chaldean Catholic parish of Mar Qardagh in Erbil (Iraq) who after a meeting of reflection and prayers led by the parish priest, Father Rayan P. Atto, will follow the event St. Peter's Square by satellite.
"It has become a tradition for young people waiting to be in spiritual communion with the youngpeople preparing for the World Youth Day," said Father Atto to Baghdadhope.
Father, in 2008 a few young of the church of Mar Qardargh were able to attend WYD in Australia. On that time there were many bureaucratic difficulties. Are you still thinking to Madrid's WYD in 2011?
"Certainly. To be physically present at WYD and not only spiritually is a dream for all young people in the world and for the Iraqis in particular. How it was in Sydney we would like to bear witness of our faith and our devotion to the Lord who helps us in living the difficult times Iraq is passing through also in Madrid."
Will you have problems in going to Madrid?
"I really hope not. Going to Australia was not easy. In any case we are already preparing ourselves. We have informal contacts with the Spanish Committee of World Youth Day and as soon as the inscriptions of the groups begin we will ask that all documents necessary to be received and sent can pass through a European embassy in Iraq since there is no the Spanish embassy in the country."
In short, it will not be very easy ..
"As always. Life is never easy for Iraqis, but the challenges don't scare us. We will be in Madrid."

I giovani di Roma ed Erbil virtualmente insieme

By Baghdadhope*

In occasione del 25° anniversario della prima Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a Roma nel 1985 e del 10° aniversario della GMG di Tor Vergata oggi pomeriggio il Santo Padre incontrerà i giovani di Roma e del Lazio dalle ore 19.00 alle ore 21.30 in Piazza San Pietro.
A quei giovani, come è ormai tradizione, si uniranno virtualmente quelli della parrocchia cattolica caldea di Mar Qardagh ad Erbil (Iraq) che dopo un incontro di riflessione e preghiera guidata dal parroco, Padre Rayan P. Atto, seguiranno l'evento di Piazza San Pietro via satellite.

"Ormai è diventata una tradizione attesa dai giovani quella di ritrovarci in comunione spirituale con i giovani che si preparano alla GMG"
ha dichiarato Padre Atto a Baghdadhope
Padre, nel 2008 un piccolo gruppo della chiesa di Mar Qardargh è riuscito a partecipare alla GMG in Australia. Quella volta c'erano state molte difficoltà burocratiche. State comunque pensando a Madrid nel 2011?
"Certamente. Poter essere fisicamente presenti alla GMG e non solo spiritualmente è un sogno per tutti i giovani del mondo. Per quelli iracheni poi in particolare. Come a Sydney anche a Madrid vorremmo portare la testimonianza della nostra fede, del nostro attaccamento al Signore che ci aiuta a vivere nella situazione difficile che l'Iraq sta attraversando da anni."
Avrete problemi anche per Madrid?
"Sinceramente spero di no. Andare in Australia non è stato facile. In ogni caso ci stiamo già muovendo. Ci sono dei contatti informali con il comitato della GMG spagnola e non appena si apriranno le iscrizioni dei gruppi chiederemo che tutti i documenti necessari da ricevere e da inviare transitino attraverso una sede diplomatica europea in Iraq visto che nel paese non c'è un'ambasciata spagnola."
Insomma, proprio facile non sarà..
"Come sempre. La vita non è mai facile per gli iracheni ma le sfide non ci hanno mai spaventato. A Madrid ci saremo anche noi."

Mons. Tomasi: in aumento le violenze contro le minoranze religiose, i cristiani i più colpiti


La tutela del diritto alla libertà religiosa è particolarmente importante in quanto “i valori religiosi sono un ponte per tutti i diritti umani”. Ma questo diritto è oggi ripetutamente oltraggiato da pregiudizi, discriminazioni e violenza. E’ quanto ha affermato ieri l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio dell’Onu di Ginevra, in occasione della 13.ma Sessione del Consiglio dei diritti umani nella città elvetica.
Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Aumentano i casi in cui la religione viene ridicolizzata e si assiste ad una sempre più grave “mancanza di rispetto per personalità e simboli religiosi”. Sono in aumento anche i casi di “discriminazione e di uccisioni” di fedeli di minoranze religiose. A questo – fa notare l’arcivescovo Silvano Tomasi - si aggiunge nell’opinione pubblica una diffusa considerazione negativa della religione, ritenuta “dannosa” per la coesistenza pacifica. Si tratta di fenomeni che sollevano “questioni politiche e giuridiche” sull’attuazione dei diritti umani e, in particolare, per la tutela del “diritto alla libertà religiosa”. Dal momento che i sistemi di fede sono diversi e anche in contrasto tra loro, la motivazione del loro rispetto dovrà provenire da un “fondamento universale che è la persona umana”. Una legislazione pertinente – osserva mons. Tomasi - dovrebbe realizzare il bene comune e dovrebbe essere basata su valori, principi e norme che riflettono la “natura dell'uomo” e fanno parte “della coscienza della famiglia umana”, pur tenendo conto delle “implicazioni della libertà di espressione e di religione”. Il rispetto del diritto di tutti alla libertà religiosa – sottolinea il presule - non richiede la “completa secolarizzazione della sfera pubblica o l'abbandono di tutte le tradizioni culturali”. Un quadro normativo che tuteli “il bene comune e l'uguaglianza dei cittadini in una società sempre più pluralistica” implica che i sistemi legislativi applicabili ai credenti non debbano essere imposti “ai fedeli di altre religioni e ai non credenti”. In caso contrario - afferma mons. Silvano Tomasi - i diritti umani e il diritto alla libertà religiosa possono diventare uno strumento politico per la discriminazione, piuttosto che uno strumento etico nelle relazioni interpersonali. Uno Stato non può diventare l’arbitro dell’ortodossia religiosa, decidendo su questioni teologiche o dottrinali. Sarebbe la “negazione del diritto alla libertà di religione”. Misure contro atteggiamenti offensivi verso la religione basate su discrezione dello Stato per l'introduzione di un concetto vago di “diffamazione” nel sistema dei diritti umani, “non supportano una soluzione efficace e soddisfacente”. C’è il rischio reale – spiega il presule - che l’ulteriore interpretazione di ciò che comporta la diffamazione possa condizionare l'atteggiamento verso la religione o le convinzioni personali, spesso “a tragico discapito delle minoranze”. Questo è purtroppo il caso di quei Stati che non fanno “distinzione tra materia civile e religiosa”. Stati che si identificano con una fede particolare, interpretano la diffamazione in base alle convinzioni della religione o le convinzioni cui aderiscono. Inevitabilmente vengono discriminati i cittadini che non condividono le stesse convinzioni. La Santa Sede – conclude mons. Tomasi - esorta gli Stati ad un nuovo impegno per il dialogo e la riaffermazione del diritto all'appartenenza ad una comunità di fede. Tale scelta, come espressione di personali diritti fondamentali della persona umana, “deve sempre essere esercitata nel contesto del bene comune”.
In diversi Paesi le minoranze religiose sono vittime di attacchi drammatici come in Pakistan, dove un cristiano è stato bruciato vivo perché si è rifiutato di convertirsi all'islam. Come si difende la libertà religiosa?
R. – La comunità internazionale deve assumersene una responsabilità, in qualche modo, nel trattare anche tale questione in maniera sistematica. Tra l’affermazione dei grandi principi che sono enunciati, per esempio nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e la pratica quotidiana in molti Paesi c’è di mezzo un grande vuoto. Dobbiamo rinnovare la volontà politica di poter proteggere i diritti di tutti i cittadini e questo lo si fa attraverso l’educazione in modo che, ad esempio, nelle scuole non ci siano dei manuali o dei testi che sostengono posizioni fondamentaliste o incitino all’odio di altre religioni diverse dalla propria. Lo si fa attraverso non solo l’educazione pubblica ma anche attraverso i mezzi di comunicazione, creando un senso di accettazione reciproca finalizzato ad avere lo spazio pubblico sereno per cercare insieme la verità.
Nel suo intervento ha anche affermato che uno Stato non può diventare l’arbitro dell’ortodossia religiosa introducendo leggi sulla diffamazione che poi, in realtà, possono diventare discriminatorie…
R. – C’è una forte divisione, soprattutto tra i Paesi occidentali e i Paesi in cui c’è una maggioranza islamica. Nel mondo occidentale l’accento viene messo sulla persona come fonte di diritto, mentre nel mondo mediorientale c’è una cultura che dà un certo peso alla comunità. In questo caso, però, si rischia di discriminare le minoranze, perché se il gruppo dominante ha diritti per difendere le proprie posizioni ideologiche o religiose, le minoranze vengono discriminate, messe in una posizione di sottomissione. Dobbiamo perciò riaffermare il diritto della persona alla sua libertà religiosa e, allo stesso tempo, tener presente che le persone sono naturalmente aperte a relazionarsi con gli altri e quindi anche a creare comunità. Certo, i più discriminati in questo momento sono i cristiani. Non è solo questione di caricature o di articoli diffamatori, ma si tratta di vita e morte.
In Occidente si assiste ad un altro allarmante fenomeno: la ridicolizzazione della religione…
R. – La religione viene vista come un qualcosa di sorpassato, un blocco allo sviluppo e al progresso scientifico. Ci sono ancora molti funzionari pubblici – a volte anche nell’Unione Europea – e gruppi o correnti di pensiero che vedono nella religione un ostacolo alla modernità. Quest’atteggiamento porta poi a discriminare la maggioranza della popolazione che è credente. Mi pare che la cultura pubblica occidentale che ridicolizza la religione non faccia un servizio a se stessa ma crei dei problemi per il suo futuro.

24 marzo 2010

IRAQ - In tanta sofferenza. I cristiani iracheni verso la Pasqua

By SIR

di Daniele Rocchi

Domenica 28 Marzo, domenica delle Palme, prenderà il via la Settimana Santa. La passione, la morte e la resurrezione di Cristo, celebrate attraverso riti suggestivi e antichi, saranno vissute con animo particolare dai cristiani iracheni, sia dentro che fuori i confini nazionali. Le violenze cui sono sottoposti ormai da anni, con furia crescente, hanno fatto della Chiesa irachena una comunità di martiri, che vive giornalmente sulla sua pelle, la passione di Cristo, in una sorta di calvario del quale sembra non si veda la fine, ovvero la risurrezione. Un calvario che porta le croci di sacerdoti e vescovi, di tanti uomini e donne costretti alla fuga, umiliati, rapiti, uccisi. Le cifre raccolte dall'Agenzia Fides, della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, tramite fonti delle Chiese locali in Iraq, offrono un quadro esauriente di questa sofferenza: dal 2003 a oggi, circa 2.000 cristiani iracheni sono stati uccisi in diverse ondate di violenza; fra il 27 febbraio e il 1 marzo 2010, 870 famiglie, per oltre 4.400 fedeli, hanno lasciato Mosul a causa della violenza anticristiana; nell'ottobre 2008, oltre 12.000 cristiani sono fuggiti da Mosul per un'ondata di violenza; il 40% dei rifugiati iracheni all'estero (circa 1,6 milioni in totale) sono cristiani (fonte Unhcr); il 44% degli iracheni che hanno fatto domanda di asilo in Siria sono cristiani. Per l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), nel 2009 l'Iraq è risultato il secondo Paese al mondo per richieste di asilo, circa 24 mila domande, preceduto solo dall'Afghanistan con 26.800; il numero complessivo dei cristiani in Iraq, nel 1987, era di 1,4 milioni, nel 2003 era passato a 1,2 milioni, nel 2009 si è dimezzato scendendo a 600 mila, molti dei quali sono sfollati interni.

Un gregge impaurito.
In questa situazione ha ancora senso parlare di Pasqua, di speranza nella risurrezione?
"Certamente - risponde l'arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shimoun Nona - sebbene quest'anno non la celebreremo in tutte le chiese, per motivi di sicurezza. I nostri fedeli, infatti, non possono recarsi nelle parrocchie della zona antica della città, a causa di blocchi e check point della polizia e dell'esercito. La situazione - dice al SIR - è critica e molto difficile, tuttavia la scelta di celebrare solo nei luoghi più protetti dovrebbe favorire la partecipazione alle liturgie. Non prevediamo riti all'esterno e anche le liturgie dentro le chiese si svolgeranno senza troppa visibilità. Il pericolo di attentati è reale nonostante i dispositivi di sicurezza messi a punto per l'occasione dalle istituzioni".
Ma con quale disposizione d'animo i cristiani vivranno la prossima Pasqua?
"Il mio è un gregge impaurito che rischia di perdere la speranza, tuttavia, la Pasqua serve a concentrarci sul dolore che stiamo vivendo per rileggerlo alla luce della risurrezione, della speranza nella vita eterna", spiega mons. Nona, per il quale "la cosa più difficile è dare un senso a tutta questa sofferenza, viverla cristianamente, come offerta per la salvezza nostra e del mondo. Mai come in questo momento abbiamo bisogno di sperare".
La forza interiore dei cristiani iracheni è enorme: "Ci sono fedeli che camminano per ore per raggiungere una chiesa in cui poter pregare in tutta sicurezza. La loro è una grande testimonianza di fede, che deve far riflettere anche i cristiani dell'Occidente". "In questa sofferenza non siamo soli, sentiamo la vicinanza di altre comunità cristiane che in tante parti del mondo, non solo qui in Medio Oriente, stanno soffrendo allo stesso modo per la violenza, per la mancanza di libertà. Il mondo oggi ha tanti calvari e tante croci. Condividerle ci fa sentire più uniti alla Chiesa". Su un punto, però, mons. Nona, chiede tempo: il perdono. "Giusto parlare di perdono ma adesso è difficile perché non c'è giustizia".

Sofferenza immeritata.
Usa l'immagine biblica del "Servo sofferente" di Isaia, l'arcivescovo di Baghdad dei latini, mons. Jean Benjamin Sleiman, per descrivere il dolore dei cristiani iracheni. Il servo è costretto ad una ingiusta sofferenza, simile per violenza e modalità d'esecuzione a quella descritta nei Vangeli riguardo alla passione di Gesù. Una sofferenza che sembra immotivata, immeritata e senza prospettive di riscatto. "Mi è capitato di paragonare il popolo iracheno e i cristiani, in particolare, al Servo sofferente di Isaia, che prende su di sé il male che gli altri fanno - afferma al SIR l'arcivescovo latino - se c'è una Pasqua qui è quella di pregare affinché non si estingua la speranza. Non possiamo perdere la speranza nella risurrezione, la fine del tunnel dovrà pur esserci, è la speranza che ci salva: questo è il significato della Pasqua soprattutto in Iraq. Vedo tanti cristiani che stanno perdendo la speranza. Questa perdita genera paura, spinge a fuggire altrove, a lasciare tutto per cercare di salvare la propria vita, per trovare un futuro migliore". "La perdita di speranza è un cruccio - prosegue mons. Sleiman - ma la Chiesa universale può aiutarci esortando i suoi fedeli sparsi nel mondo a vivere da cristiani. Questa testimonianza di fedeltà sarebbe una grande forza per noi tutti. Noi vi guardiamo. Se la Chiesa universale è fedele a se stessa e alla speranza, ci aiuterà a vivere con coraggio e in comunione. Il calvario di questi giorni appare assurdo, inspiegabile senza la speranza. Soffriamo - conclude - ma lo dobbiamo fare con lo sguardo di Cristo che ha preso su di sé la nostra debolezza e, malgrado tutto, ha mantenuto il suo sguardo di amore e di perdono".

Iraq: Vescovi di Baghdad e Mosul, "il futuro governo fermi la strage dei cristiani"

By SIR

“Sta crescendo il numero degli iracheni che vogliono un Paese gestito dalla ragione e dalla legge piuttosto che dalla confessione e dall’etnia. C’è desiderio di uno Stato di diritto, e questo mi sembra un fatto molto positivo”. In attesa di conoscere i risultati definitivi, che con molta probabilità saranno resi noti il 26 marzo, mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini, commenta così al Sir il voto del 7 marzo in Iraq. Lo spoglio dei voti, giunto al 95% del totale, vede, al momento, un testa a testa fra il premier uscente Nuri al Maliki e Yyad Allawi, con un leggero vantaggio del primo. “Gli appelli alla laicità in vista del voto – spiega il presule - sono stati recepiti anche in virtù del fatto che un certo tipo di legame tra religione e politica non ha dato frutti a livello sociale, economico e culturale. La novità del voto risiede anche nella varietà delle liste presentate”. Una varietà che però, secondo mons. Sleiman, “ha favorito anche la frammentazione politica dei cristiani che si sarebbe potuta evitare."
Qualunque sia il risultato definitivo sancito dalle urne, aggiunge l’arcivescovo latino, “il nuovo Parlamento ed il nuovo Governo dovranno fermare la strage dei cristiani, in atto specialmente a Mosul, trovando mandanti ed esecutori di questi crimini. Lo Stato deve intervenire, se non è capace, chieda ad altri di farlo. E’ inaccettabile che persone vengano uccise in questo modo”.
Ad auspicare un Governo laico è anche l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shimoun Nona, che a margine di un’intervista al Sir sulle prossime celebrazioni di Pasqua, ha invitato le “autorità della città a fornire notizie sui motivi di tanta violenza nei nostri confronti, sulle indagini sui crimini commessi contro la nostra comunità che sta perdendo fiducia verso lo Stato”.

Iraq: Bishops Sleiman and Nona (Baghdad and Mosul) "Let the future government stop the massacre of Christians"


"The number of Iraqis wanting a country run by reason and law, rather than by confession or ethnic group, is increasing. They want a constitutional state, and this sounds like a very good thing”.
While waiting for the announcement of the final results, which will most likely take place on March 26th, this is how mgr. Jean Benjamin Sleiman, archbishop of Baghdad of the Latins, comments with SIR the vote of 7th March in Iraq. The count, which is now at 95% of the total, is now seeing the outgoing prime minister Nuri al Maliki and Yyad Allawi in a neck-and-neck situation, with the former faring slightly better than the latter. “The appeals to laicism in the run-up to the voting – the prelate explains – have been heeded, not least because a certain kind of bond between religion and politics bore no fruits, in social, economic and cultural terms. The innovation of the vote lies also in the variety of tickets that run for the election”. A variety that, however, according to mgr. Sleiman, “also led to the political fragmentation of the Christians that might have been avoided”.
Whatever the final result the count will guarantee, the Latin archbishop adds, “the new Parliament and the new Government will have to stop the massacre of Christians, which is mainly happening in Mosul, by finding who instigates and who commits such crimes. The State must do something, and, if it cannot, then it must ask someone else to do that. It is unacceptable that people are killed like this”. A lay Government is also wished for by the Chaldean archbishop of Mosul, mgr. Emil Shimoun Nona, who, during an interview with SIR about the forthcoming Easter celebrations, invited the “city authorities to give news about the reasons for such violence against us, and about the investigations into the crimes committed against our community, which is losing confidence in the State”.

23 marzo 2010

Le elezioni prospettano un futuro migliore per i cristiani iracheni


Per i cristiani iracheni, "stanchi della violenza", le elezioni sembrano promettere un futuro migliore, chiunque uscirà vincitore.
Lo sostiene l'Arcivescovo Louis Sako di Kirkuk, che le consultazioni elettorali del 7 marzo e il loro seguito hanno reso "molto ottimista" circa una maggiore sicurezza nel Paese e un ruolo meno marginale delle minoranze, inclusi i cristiani.
Parlando all'associazione caritativa cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), il presule ha sottolineato che la situazione dei cristiani del Paese sembra destinata a migliorare indipendentemente dai risultati delle consultazioni, che verranno resi noti alla fine del mese.
"Le elezioni sono state portate a termine molto bene", ha dichiarato. "Durante il periodo della campagna, i partiti politici hanno dibattuto i propri programmi in modo molto civile".
A differenza delle elezioni del 2005, ha osservato, "la gente ha scelto partiti più secolari". "Qualsiasi cosa accada, sarà un buon risultato. Sono molto ottimista al riguardo".
Circa le ultime notizie che indicherebbero la vittoria dell'ex Primo Ministro Iyad Allawi, ha aggiunto che quando era al potere durante gli scontri a Falluja e Najaf, nel 2004-2005, "è stato decisivo". "Ha imposto la legge, e l'esercito è stato capace di aiutare a stabilizzare la situazione di sicurezza".
"Ma anche se [l'attuale Primo Ministro Nouri] al-Maliki vincesse, andrebbe bene e le cose cambierebbero. La gente è stanca della violenza ed è determinata a vedere un miglioramento".
Monsignor Sako ha aggiunto di essere felice del fatto che almeno cinque cristiani siano stati eletti al Parlamento.
Tra i segni di un miglioramento delle condizioni dei cristiani c'è anche la notizia per la quale la gran parte dei fedeli che avevano lasciato Mosul prima delle elezioni - più di 3.500, diretti soprattutto verso i villaggi della Piana di Ninive - sta tornando in città nonostante la violenza che ha provocato la morte di oltre 30 fedeli.
Padre Bashar Warda ha detto tuttavia ad ACS che molte persone che rientrano a Mosul vogliono lasciare la città definitivamente per iniziare una nuova vita nel nord dell'Iraq o all'estero.
L'Arcivescovo Amil Nona di Mosul, ha aggiunto, è ad ogni modo desideroso di portare avanti le liturgie previste per la Settimana Santa e la Pasqua, nonostante la chiusura di molte chiese della città e le preoccupazioni per la sicurezza.

Irak : Après les élections, un meilleur avenir pour les chrétiens ?


Pour les chrétiens irakiens « fatigués par la violence », les élections sont un espoir dans un meilleur avenir, quel que soit le vainqueur, a déclaré l'archevêque de Kirkuk,
Mgr Louis Sako.
Les élections du 7 mars et le suivi de celles-ci ont rendu le prélat «très optimiste» quant à une plus grande sécurité dans le pays et un rôle moins marginal des minorités, y compris chrétiennes.
Evoquant la situation des chrétiens dans le pays, l'évêque rapporte a l'association catholique internationale Aide à l'Eglise en détresse (AED), qu'il a bon espoir que les choses s'améliorent, indépendamment des élections dont les résultats seront rendus publics à la fin du mois.
«Les élections se sont bien déroulées», a-t-il déclaré. «Durant la période de campagne, les partis politiques ont débattu de leurs programmes de manière très civile».
Contrairement aux élections de 2005, a-t-il constaté, «les citoyens ont choisi des partis plus séculiers».
«Quoiqu'il arrive ce sera un bon résultat. Je suis très optimiste sur la question».
Concernant les dernières nouvelles faisant état de la victoire de l'ancien premier ministre, Iyad Allawi, il ajoute que lorsqu'il était au pouvoir durant les affrontements à Fallujah et Najaf, en 2004-2005, son action a été
«décisive». «Il a imposé la loi, et l'armée a pu aider à stabiliser la situation de sécurité».
«Mais si c'était l'actuel premier ministre Nouri al-Maliki qui devait l'emporter, cela serait bien aussi et les choses changeraient, a-t-il précisé. Les gens sont fatigués de la violence et sont déterminés à voir une amélioration».
Mgr Sako s'est dit heureux de l'élection au parlement d'au moins cinq chrétiens.
Un des signes tangibles d'une amélioration des conditions de vie des chrétiens est aussi la nouvelle selon laquelle une grande partie des fidèles qui avaient quitté Mossoul avant les élections (plus de 3.500) pour aller se réfugier dans les villages de la Plaine de Ninive, sont en train de regagner la ville malgré la violence qui a causé la mort de plus de 30 fidèles.
Le père Bashar Warda, rédemptoriste, recteur du grand séminaire Saint-Pierre à Ankawa, situé à l'extérieur d'Erbil, la capitale provinciale du Kurdistan irakien (nord du pays), a néanmoins précisé à l'AED que beaucoup de personnes qui rentrent à Mossoul, veulent quitter la ville définitivement pour commencer une nouvelle vie dans le nord de l'Irak ou à l'étranger. L'archevêque de Mossoul, Mgr Amil Nona, s'est dit décidé à respecter toutes les liturgies prévues pour la Semaine Sainte et Pâques, malgré la fermeture de nombreuses églises de la ville et les préoccupations pour la sécurité.

Las elecciones auguran un futuro mejor para los cristianos iraquíes


Para los cristianos iraquíes, “cansados de la violencia”, las elecciones parecen prometer un futuro mejor, sea quien sea el vencedor.
Así lo afirma monseñor Louis Sako, arzobispo de Kirkuk, subrayando que la consulta electoral del pasado 7 de marzo y sus consecuencias le han dado “mucho optimismo” sobre una mayor seguridad en el país y un papel menos marginal de las minorías, incluidos los cristianos.
Hablando a la asociación caritativa católica internacional Ayuda a la Iglesia Necesitada (AIN), el prelado subrayó que la situación de los cristianos en el país parece destinada a mejorar independientemente de los resultados de las consultas, que se darán a conocer a fin de mes.
“Las elecciones se han llevado a cabo muy bien”, declaró. “Durante el periodo de la campaña, los partidos políticos debatieron sus programas de forma muy civilizada”.
A diferencia de las elecciones de 2005, observó, “la gente ha elegido partidos más laicos”. “Suceda lo que suceda, será un buen resultado. Soy muy optimista al respecto”.
Sobre las últimas noticias que indicarían la victoria del ex Primer Ministro Iyad Allawi, añadió que cuando estaba en el poder, durante los conflictos en Falluja y Najaf, entre 2004 y 2005, su intervención "fue decisiva". "Impuso la ley, y el ejército fue capaz de ayudar a estabilizar la situación d seguridad".
"Pero incluso si [el actual Primer Ministro Nouri] al-Maliki ganase, iría bien y las cosas cambiarían. La gente está cansada de la violencia y está determinada a ver un cambio".
Monseñor Sako también mostró su satisfacción por el hecho de que al menos cinco cristianos hayan sido elegidos al Parlamento.
Entre los signos de una mejora de las condiciones de los cristianos, está también la noticia de que la gran garte de los fieles que habían abandonado Mosul antes de las elecciones – más de 3.500, que se habían refugiado en los pueblos de la Llanura de Nínive – están volviendo a la ciudad, a pesar de la violencia que ha provocado la muerte de más de 30 fieles.
Con todo, el vicario Bashar Warda afirmó a AIN que muchas de las personas que vuelven a Mosul quieren dejar la ciudad definitivamente para comenzar una nueva vida en el norte de Iraq o en el extranjero.
Por su parte, monseñor Amil Nona, arzobispo de Mosul, ha mostrado su deseo de llevar adelante las liturgias previstas para la Semana Santa y la Pascua, a pesar del cierre de muchas iglesias de la ciudad, y de la preocupación por la seguridad.

Eleições anunciam futuro melhor para os cristãos do Iraque


Para os cristãos iraquianos, cansados de tanta violência, a realização das eleições de 7 de março representou uma promessa de um futuro melhor.
“Todos serão vencedores”, disse Louis Sako, arcebispo de Kirkuk, que se disse também “muito otimista” com relação à uma possível melhoria na segurança da minoria cristã na região.
Falando à associação humanitária internacional Ajuda à Igreja que Sofre (AIS), o prelado sublinhou que a situação dos cristãos no país parece “destinada a melhorar, independentemente dos resultados das eleições”, que devem ser divulgados ainda este mês.
“As eleições foram muito bem conduzidas”, declarou. “Durante o período de campanha, os diversos partidos debateram seus programas de maneira muito civilizada”.
Ao contrário do ocorrido nas eleições de 2005, observou ele, “as pessoas escolheram partidos mais secularizados”. “Seja como for, será um bom resultado. Estou muito otimista a esse respeito”.
Comentando os rumores de uma provável vitória do ex-primeiro-ministro Iyad Allawi, Dom Lako disse que, durante os combates de Falluja e Najaf, em 2004-2005, Allawi, que estava no poder, “foi decisivo. Impôs a lei e restabeleceu a segurança”.
“Mas mesmo que o atual primeiro-ministro, Nouri al-Maliki, venha a vencer, as coisas devem mudar para melhor. As pessoas estão cansadas da violência e está determinada a ver melhorias”.
Dom Sako acrescentou ainda estar feliz em saber que pelo menos cinco cristãos foram eleitos para o Parlamento.
Entre os sinais de melhorias nas condições de vida dos cristãos, o prelado mencionou o fato de que parte dos cristãos que abandonaram a região de Mossul antes das eleições – mais de 3.500, principalmente em direção a vilarejos na Planície de Nínive – começa a retornar à cidade, apesar da violência ainda presente, que já causou a morte de mais de 30 fiéis.
Também falando à AIS, o padre Bashar Warda afirmou entretanto que muitas pessoas de Mossul ainda planejam deixar definitivamente a cidade, para iniciar nova vida no norte do Iraque ou fora do país.
O arcebispo de Mossul, Amil Nona, acrescentou que, de qualquer forma, gostaria de levar adiante as celebrações litúrgicas da Semana Santa e da Páscoa, a despeito da maioria das igrejas na região ainda permanecerem fechadas devido às preocupações com a segurança.

Kirkuk Prelate Reports Optimism


Minorities in post-election Iraq are looking to the future with optimism, even if winners still haven't been declared. This is the estimation given by Archbishop Louis Sako of Kirkuk, who told Aid to the Church in Need that a better future is on the horizon since most people are "tired of violence." "The elections were carried out very well. During the campaign period, the political parties debated their programs in a very civilized way," the archbishop said. He contrasted this vote with the 2005 election, which he called "much more sectarian." "Now people have chosen more secular parties, not like last time," Archbishop Sako said. "Whatever happens, it will be a good result. I am very optimistic about that." The results of the vote are expected by the end of the month. The Kirkuk prelate expressed optimism regardless of the outcome, speaking positively of both leading candidates: “When [Prime Minister Iyad] Allawi was in power during the violence in Fallujah and Najaf [in 2004-5], he was decisive. He imposed the law and the army was able to help stabilize the security situation. But even if [current Prime Minister Nouri] Malaki wins, it will be OK and things will change. People are tired of violence and they are determined to see an improvement." Even the Christians of Mosul seem to be showing optimism. Violence in the run-up to the election saw 30 Christians killed in that northern Iraqi city. Perhaps as many as 3,500 consequently fled to nearby villages. But now, most of those have returned. Aid to the Church in Need reported that Archbishop Amil Nona of Mosul is eager to go forward as planned with upcoming Holy Week and Easter liturgies, despite some closed churches and ongoing security concerns.

Irakischer Erzbischof spricht von Optimismus der Minderheiten


Der irakische Erzbischof Louis Sako von Kirkuk hofft seit den jüngsten Wahlen auf eine bessere Zukunft für Minderheiten im Irak. In einer Stellungnahme gegenüber dem weltweiten katholischen Hilfswerk Kirche in Not sagte er, die Menschen seien nun der Gewalt müde. Angehörige der Minderheiten blickten mit Optimismus nach vorn, auch wenn die Gewinner der Wahl noch nicht bekannt gegeben worden sind.
„Die Wahlen sind sehr gut durchgeführt worden. Während der Wahlkampagne haben die politischen Parteien über ihre Programme sehr zivilisiert debattiert", sagte der Erzbischof. Dabei habe sich deutlich der Unterschied zu den vorigen Wahlen im Jahr 2005 gezeigt, die „sehr viel sektiererischer" verlaufen seien.
„Nun haben die Leute säkularere Parteien gewählt, nicht wie beim letzten Mal", erklärt Sako. „Was auch immer geschieht, es wird ein gutes Ergebnis sein. Ich sehe das sehr optimistisch", sagte der Erzbischof. Die Wahlergebnisse werden für Ende des Monats erwartet.
Zu beiden führenden Kandidaten äußerte er sich positiv. „Als [der ehemalige Ministerpräsident Iyad] Allawi während der Gewaltwelle in Fallujah und Najaf [in den Jahren 2004 und 2005] an der Macht war, ging er sehr entschieden vor. Er hat das Gesetz verhängt und die Armee war in der Lage die Sicherheitssituation wieder unter Kontrolle zu bekommen." Aber auch dann, wenn der derzeit amtierende Ministerpräsident Nuri al-Maliki die Wahl gewinnt, wäre es „okay" und die Lage werde sich ändern.
„Die Leute sind der Gewalt überdrüssig und dazu bestimmt, eine Besserung zu sehen."
Sogar die Christen in Mossul zeigen Optimismus. In der nordirakischen Stadt waren im Vorfeld der Wahlen 30 christliche Iraker ermordet worden. Schätzungen zufolge sind 3.500 Menschen in der Folge aus der Umgebung geflohen. Nun sind aber die meisten von ihnen zurückgekehrt. Wie Kirche in Not berichtet, freut sich Erzbischof Amil Nona von Mossul darauf, die bevorstehenden liturgischen Höhepunkte der heiligen Woche und an Ostern nach Plan zu begehen, obwohl einige Kirchen geschlossen blieben und die Sorge um die Sicherheit fortbestehe.

19 marzo 2010

In Memoriam Martyrum. 19 - 20 - 21 marzo 2010

By Baghdadhope*

«Se il chicco di grano non muore…»

Tre giorni di preghiera e riflessione sulla passione di Cristo e della Chiesa a cura di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”

Roma, 19-20-21 marzo 2010

PROGRAMMA
Venerdì 19 marzo

Pontificia Università Lateranense - Piazza S. Giovanni in Laterano, 4
Ore 10:30 – Filmato-Mostra sui sacerdoti martiri (proiezione permanente fino alle ore 12:30)
Ore 13:00 – Trailer del film «Popieluszko»
Basilica di San Crisogono, Piazza Sonnino, 44
Ore 16.15 – Via Crucis in memoria dei Martiri del XX secolo
Ore 18:00 – Santa Messa
presieduta da S.E. Monsignor Joseph Coutts, Vescovo di Faisalabad (Pakistan)

Sabato 20 marzo

Pontificia Università Lateranense
Ore 10:30 – Filmato-Mostra sui sacerdoti martiri (Proiezione permanente fino alle ore 12:30)
Ore 13:00 – Trailer del film «Popieluszko»
Ore 16:00 – Conferenza (Aula Paolo VI)
«Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani»
Saluto iniziale
S.E. Monsignor Rino Fisichella - Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense
Interverranno
S.E. Monsignor Joseph Coutts - Vescovo di Faisalabad (Pakistan)
Jesús Colina - Direttore dell'Agenzia «Zenit»
Monsignor Philip Najim - Procuratore della Chiesa caldea presso la Santa Sede
Moderatore
Monsignor Sante Babolin - Presidente Sezione Italiana “Aiuto alla Chiesa che Soffre”

Domenica 21 marzo

Battistero Lateranense - Piazza S. Giovanni in Laterano, 4
Ore 12:00 – Santa Messa
presieduta dal Prof. don Tone Presern, Assistente Ecclesiastico Sezione Italiana “Aiuto alla Chiesa che Soffre”
Pontificia Università Lateranense
Ore 16:00 – Proiezione film ««Popieluszko» (Aula Paolo VI)
La vicenda dell’eroico sacerdote polacco ucciso dai Servizi segreti nel 1984 (durata 149 minuti)
Introduzione del Prof. don Tone Presern, docente della facoltà di
Scienze della Comunicazione Sociale dell’Università Pontificia Salesiana
Basilica di San Lorenzo fuori le Mura - Piazzale del Verano, 3
Ore 20:45 – Partecipazione alla Veglia missionaria diocesana in memoria dei missionari martiri

Nei tre giorni dell’Evento, nell’atrio della Pontificia Università Lateranense, sarà esposta la Mostra dedicata all’Opera “Aiuto alla Chiesa che soffre”.

Sabato 20 marzo, dalle ore 10:30 alle ore 18:30, nella Cappella dell’Università si terrà l’Adorazione del Santissimo Sacramento in preghiera per la Chiesa che soffre.

Per il bene comune. Dopo il voto: intervista con mons. Sako

By SIR

"Era un gran brava persona. Lo avevo conosciuto quando ero parroco a Mosul, prima di venire qui a Kirkuk".
Inizia con il ricordo dell'ultima vittima della mattanza di cristiani in corso a Mosul, Sabah Yacoub Adam, sposato e padre di un bambino, freddato a colpi di pistola il 17 marzo davanti alla sua vetreria nella zona araba della città, l'intervista con mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk. "Siamo ripiombati nella paura - afferma - la morte di Yacoub ripropone in maniera sempre più drammatica la domanda della sorte dei cristiani iracheni. Dopo il voto la gente, le famiglie stavano facendo ritorno nelle proprie case, a Mosul, adesso non sanno più cosa fare, non sappiamo cosa sia successo. È tornata la paura". Nel frattempo lo spoglio dei circa 12 milioni di voti espressi nelle elezioni del 7 marzo è arrivato all'80% del totale e si profila un testa a testa tra il premier uscente Al-Maliki e Iyad Allawi alla corsa per la guida dell'Iraq. Al-Maliki appare in testa in sette delle 18 province del Paese, tra cui quelle che assegneranno il maggior numero dei 325 seggi del futuro Parlamento. Allawi guida lo spoglio in cinque province, seguito con tre ciascuna dall'Alleanza nazionale irachena e dall'Alleanza Curda. Per i risultati finali bisognerà attendere ancora, anche perché la Commissione elettorale dovrà esaminare prima i ricorsi, circa 2 mila, presentati sino ad oggi.
Ci sono concrete speranze che da queste elezioni possa cambiare qualcosa per l'Iraq?
"Fra pochi giorni il risultato sarà chiaro ma questa volta, credo, sarà necessario un governo di unità nazionale, non settario, la cui priorità dovrà essere, innanzitutto, la sicurezza".
Crede che un governo di coalizione sia la risposta migliore alle esigenze dell'Iraq di oggi che vuole sicurezza, ma anche stabilità e speranza nel futuro?
"Penso di sì. I due blocchi maggiori saranno chiamati a collaborare per governare, così come gli altri partiti. Rispetto alle scorse elezioni credo che qualcosa sia cambiato…".
Cosa, in particolare?
"Nel 2005 le liste erano chiuse e settarie mentre questa volta sono state molte di più e non settarie, aperte a curdi, arabi, turkmeni, cristiani, sciiti, sunniti e tutto ciò è positivo. L'elemento religioso in politica mi è sembrato meno preponderante rispetto al passato. La popolazione, credo, abbia scelto candidati laici e liste non collegate al clero religioso, sia sciita sia sunnita. La popolazione ha potuto scegliere".
Ha notizie circa i cristiani eletti?
"Questa volta i cristiani godranno di una maggiore rappresentatività. Dovremmo avere cinque parlamentari, previsti dalla quota di legge, più altri due o tre votati in altre liste. Tutti insieme potranno lavorare per il bene comune e per mostrare come anche i cristiani iracheni abbiano a cuore le sorti del Paese".
Stante una situazione di instabilità interna, il prossimo governo rischia, però, di subire l'influenza di Paesi vicini, come l'Iran…
"Quello che uscirà dalle urne del 7 marzo dovrà essere un governo forte, libero e non condizionato da influenze esterne. L'Iraq ha tutto per imporsi come una forza regionale importante, di stampo laico, e fronteggiare derive integraliste. L'importante è che sia lasciato libero di crescere. La democratizzazione avviata qui nel Paese, la possibilità di fare liberamente campagna politica, presentare un programma sono cose nuove in queste zone. Il nepotismo è finito".
Quale aiuto potrà venire al nuovo governo dalla comunità internazionale, Usa e Ue in testa?
"Gli Usa e l'Unione europea devono appoggiare il futuro governo per promuovere l'unità e la riconciliazione interna. Lo stesso ritiro americano, credo, non sarà definitivo; una presenza sarà mantenuta".

18 marzo 2010

Nineveh governor wants international probe into attacks against Mosul Christians and minorities


The Governor of the Province of Nineveh has asked the United Nations and the European Union to undertake an international investigation into attacks against Iraqi minorities in his province. Atheel al-Nujaifi said violence against minorities in Nineveh, especially in the provincial capital of Mosul, had surged recently. He said Christians were being forced to flee and some of them have been killed. Other minorities like the Shebek and Yazidis are under immense pressure and targets of mounting violence, he explained.
In a letter, which he also addressed to Prime Minister Nouri al-Maliki and to the commander of US troops in Iraq, Nujaifi said, “I would like to present before you the suffering of my people in the Province of Nineveh and particularly members of Iraqi minorities which started in the past few years and in the aftermath of 2003.”
Nujaifi points the finger at Kurdish militias and the political factions to which they belong. He said the armed Kurdish militias were in control of large areas of the province, including Mosul’s left bank.
Christians and Yazidis are being targeted as part of a plan to force them out so that their areas can be annexed to the Kurdish autonomous region, which borders Nineveh province.
“Those opposing the Kurdish agenda are persecuted, threatened, arrested and even liquidated," Nujaifi said.
Kurdish leaders have declined to comment Nujaifi’s charges, but last year a report by Human Rights Watch accused the Kurds of targeting Christians, Yazidis, Shebek and Turkmen as part of their fight with Arabs over Nineveh’s territory and resources.
Some Kurdish leaders told AsiaNews that insecurity in the Mosul area is mostly due to the presence and action of al-Qaeda militiamen, who are responsible for the targeted killing of Christians, and to the inaction and efficiency of law enforcement agencies.
In the meantime, vote counting from the 7 March election continues. After 83 per cent of the ballots were counted, al-Maliki’s coalition has retaken the lead against the nationalist alliance led by former Prime Minister Iyad Allawi, which had surged ahead yesterday.
The State of Law Alliance leads the Iraqiya List (Iraqi National Movement), Allawi’s party, by 40,000 votes. The Iraqi National Alliance, which includes most Shia-based parties including the Sadrists, is third.

Ninive chiede un’inchiesta internazionale sugli attacchi contro cristiani e minoranze a Mosul


Il governatore di Ninive, nord Iraq, ha chiesto alle Nazioni Unite e all'Unione Europea di aprire un'inchiesta internazionale sugli attacchi contro le minoranze nella sua provincia. Atheel al-Nujaifi denuncia un'escalation delle violenze soprattutto a Mosul, capitale della provincia, ai danni dei cristiani costretti alla fuga o più semplicemente uccisi.
Anche altre minorane, come gli shebek e gli yazidi, subiscono costanti minacce e aggressioni.
Con una lettera, indirizzata al premier Nuri al-Maliki e al comandante delle forze Usa in Iraq, Nujaifi vuole puntare i riflettori della politica sulle “sofferenze della mia gente a Ninive e in particolare delle minoranze irachene, cominciate pochi anni fa”, dopo la caduta di Saddam nel 2003.
Il governatore punta il dito contro le milizie curde e le fazioni politiche a cui appartengono. Sostiene che i peshmerga controllino gran parte del suo territorio, compresa la zona sinistra di Mosul. Secondo il politico, le intimidazioni contro cristiani e yazidi fanno parte di un piano per costringerli a scappare e annettere territorio alla regione semi-autonoma del Kurdistan con cui la provincia di Ninive confina. “Chi è contrario all'agenda curda, viene perseguitato, arrestato e fatto sparire”, continua Nujaifi.
Nessuno dei leader curdi ha commentato le accuse. L'anno scorso un rapporto di Human Rights Watch denunciava che cristiani, yazidi, shabaki e turcomanni “sono presi come bersaglio nel conflitto fra arabi e curdi per il controllo del territorio e delle risorse della provincia di Ninive”.
Ma alcune personalità curde hanno fatto notare ad AsiaNews che l’insicurezza della regione di Mosul è causata soprattutto dalla forte presenza di miliziani di al Qaeda, responsabili delle uccisioni mirate ai cristiani, e dalla mancanza di impegno e di efficacia delle forze dell’ordine.
Intanto prosegue il conteggio delle schede delle presidenziali. La notizia delle ultime ore è che la coalizione di al Maliki è di nuovo in vantaggio sull’alleanza nazionalista guidata dall’ex premier Iyad Allawi, che ieri l’aveva sorpassata a livello nazionale. Con l’83% dei voti conteggiati, l’Alleanza per lo Stato di diritto è in testa, con 40mila voti in più di Iraqiya, la formazione di Allawi. Terza continua è l’Iraqi National Alliance, l’alleanza che raggruppa la maggior parte delle forze sciite, tra cui i sadristi.

Iraq: Mons. Sako (Kirkuk) "Un governo di unità nazionale per garantiure sicurezza"


"Un governo di unità nazionale, non settario, la cui priorità dovrà essere, innanzitutto, la sicurezza”.
E’ quanto si augura esca dallo spoglio delle schede elettorali irachene, l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako. “L’elemento religioso – dichiara in un’intervista al SIR - appare meno preponderante rispetto al passato. La popolazione sembra aver scelto candidati laici e liste non collegate al clero religioso”. Un panorama politico che si annuncia diverso anche per i cristiani: “questa volta credo che avremo una maggiore rappresentatività. Ai 5 parlamentari eletti, riservati dalla quota di legge, ce ne dovrebbero essere altri due o tre votati in altre liste. Tutti insieme potranno lavorare per il bene comune e per mostrare come anche i cristiani iracheni abbiano a cuore le sorti del Paese”. “Quello che uscirà dalle urne del 7 marzo dovrà essere un governo forte, libero e non condizionato da influenze esterne. L’Iraq ha tutto per imporsi come una forza regionale importante, di stampo laico, e fronteggiare derive integraliste. L’importante è che sia lasciato libero di crescere. La democratizzazione avviata qui nel Paese, la possibilità di fare liberamente campagna politica, presentare un programma è nuovo in queste zone. Il nepotismo è finito”.

17 marzo 2010

Mosul, nuova esecuzione mirata contro un cristiano irakeno

Fonte: Asia News

Nuova esecuzione mirata contro un cristiano irakeno a Mosul, nel nord dell’Iraq. Questa mattina un commando armato ha ucciso un commerciante di 55 anni, sposato e padre di un bambino. Intanto la Commissione elettorale irakena ha scrutinato l’80% dei voti. Secondo una proiezione stilata dall’Afp, si prospetta un testa a testa fra Allawi e al-Maliki, con un leggero margine di vantaggio per l’ex premier, salito al potere dopo la caduta di Saddam Hussein.
L’omicidio è avvenuto questa mattina nel quartiere di al Saa, nei pressi del monastero dei padri domenicani. Sabah Yacoub Adam, 55 anni, sposato e padre di un bambino, è stato freddato a colpi di pistola. Fonti di AsiaNews a Mosul riferiscono che egli era un caldeo praticante, proprietario di una vetreria e abitava nella zona araba della città, alla sinistra del fiume Tigri.
L’esecuzione mirata di oggi è solo l’ultima di una lunga striscia di sangue, che ha costretto centinaia di famiglie cristiane a fuggire dalla città, in direzione della piana di Ninive o all’estero. Una spirale di violenza che è cresciuta nelle settimane che hanno preceduto le elezioni parlamentari del 7 marzo scorso, tanto che mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, aveva parlato di “una Via Crucis che non finisce mai”.
Nel frattempo prosegue il conteggio dei voti della Commissione elettorale irakena, giunta all’80% delle schede scrutinate. Da una proiezione diffusa ieri dall’Afp emerge il testa a testa fra l’attuale premier Nouri al-Maliki e l’ex Primo Ministro ad interim Ayad Allawy, capo del governo fra il maggio 2004 e aprile 2005.
La proiezione assegna alle liste dei due candidati 87 seggi, sui 310 dei quali è composto il Parlamento irakeno. L’Alleanza nazionale irakena, che raggruppa i partiti religiosi sciiti, segue in terza posizione con 67 seggi e la lista che unisce i due grandi partiti curdi conquisterebbe 38 seggi. Dei 310, ne vanno riservati 15 alle minoranze religiose del Paese, fra cui la cristiana.
In base al numero di voti ottenuti, il blocco laico che sostiene Allawi – la lista al-Iraqiya – ha raccolto 2.102.981 consensi, con un margine di 8.984 voti di vantaggio sulla coalizione guidata da al-Maliki, lo State of Law (2.039.997). I partiti religiosi sciiti hanno conseguito 1.597.937 voti e il blocco curdo 1.132.154.
L’attuale premier Nouri al-Maliki registra i maggiori consensi a Baghdad, il bacino più consistente nell’assegnazione dei seggi, e in sei regioni a maggioranza sciita. Allawi, invece, pur essendo un musulmano sciita ha un ampio margine di vantaggio in quattro regioni a maggioranza sunnita. La visione laica e il sostegno di sunniti e sciiti hanno premiato il programma proposto dall’ex Primo Ministro.

Mosul, another targeted execution of Iraqi Christian

Source: Asia News

Another targeted execution of an Iraqi Christians in Mosul, northern Iraq. This morning, an armed commando killed a businessman aged 55, married and father of a child. Meanwhile, the Iraqi Electoral Commission has scrutinized the 80% of the votes. According to an AFP projection it will be a head-to-head between Allawi and al-Maliki, with a slight margin of advantage for the former premier, who came to power after the fall of Saddam Hussein.
The murder took place this morning in the neighbourhood of al Saa, near the monastery of the Dominican fathers. Sabah Yacoub Adam, 55, married and father of a child, was shot down in cold blood. Sources for AsiaNews in Mosul report that he was a Chaldean Catholic, owner of a glass factory and lived in the Arab area of the city, to the left of the river Tigris.
Today’s shooting is just the latest in a long trail of blood that has forced hundreds of Christian families to flee the city toward the plain of Nineveh or abroad. A spiral of violence that grew in the weeks preceding the parliamentary elections of 7 March, so much so that Msgr. Emil Shimoun Nona, Chaldean archbishop of Mosul, spoke of an "Endless Via Crucis".
Meanwhile, the Iraqi Electoral Commission continues to scrutinise votes with now 80% of the ballots counted. An Afp a projection released yesterday shows a head to head between the current Prime Minister Nouri al-Maliki and former interim Prime Minister Ayad Allawy, head of the government between May 2004 and April 2005.
The projection assigns 87 seats to two lists of candidates, about 310 of which make up the Iraqi parliament. The Iraqi National Alliance, which brings together the Shia religious parties, follows in third place with 67 seats and the list that combines the two major Kurdish parties is at 38 seats. Of the 310, 15 will be reserved for religious minorities in the country, including Christians.
Based on the number of votes obtained, which supports Allawi's secular bloc - the list al-Iraqiya - has collected 2,102,981 votes, with a margin of 8984 votes ahead of the coalition led by al-Maliki, the State of Law (2039 .997). The Shiite religious parties have obtained 1,597,937 votes and the Kurdish bloc 1,132,154.
The current Prime Minister Nouri al-Maliki has the greater consensus in Baghdad, the largest basin in the allocation of seats, and six Shiite-majority areas. Allawi, however, despite being a Shia Muslim has a wide margin of advantage in four Sunni-majority areas. The secular vision and the support of Sunnis and Shiites have rewarded the program proposed by the former Prime Minister.

16 marzo 2010

ÁSIA/IRAQUE - “Os cristãos devem entrar na coalizão do governo” - diz Dom Warduni


“Encorajamos os leigos cristãos engajados na política a assumir plenamente suas responsabilidades, até mesmo – quando há possibilidade – entrando na coalizão de governo, para dar sua contribuição direta ao Iraque e fazer triunfar a paz, a segurança e os direitos”:
é o auspício expresso em um colóquio com a Agência Fides, por Dom Shlemon Warduni, Bispo Auxiliar do Patriarcado Caldeu de Bagdá. Todavia, no cenário pós-eleitoral iraquiano, começam a delinear-se resultados positivos para a aliança do Primeiro Ministro Al-Maliki e para a lista nacionalista do ex-premier Iyad Allawi.“Hoje, não é fácil comentar o complicado quadro desta fase pós-eleitoral. Mas um fato deve ser assinalado: o maior risco é que os partidos e facções pensem em seus próprios interesses, esquecendo-se do bem comum do país” – destaca o Bispo. “Também para os cristãos atuantes na política, é preciso unidade: pedimos que superem as fragmentações e divisões étnicas e confessionais, unindo-se para um bem maior. Caso contrário, os cristãos serão marginalizados, tornando-se insignificantes no cenário público”. “Nutrimos a profunda esperança que Deus ilumine a mente e o coração dos governantes para que ajam pelo próprio bem do povo iraquiano, ou seja, na paz e na segurança. Esperamos num governo forte e estável, que realize as promessas da campanha eleitoral, graças também ao apoio da comunidade internacional” – observa Dom Warduni.
Sobre as atuais condições da comunidade cristã no Iraque, o Bispo afirma: “Parece que há uma leve melhoria em relação às violências de antes das eleições. Isto depende também do fato que elevamos a voz a Deus e ao mundo inteiro para pedir ajuda. Hoje, os cristãos são chamados a viver esta delicada situação, realizando sacrifícios e não pensando apenas na fuga do país. Por isso, não nos cansamos de pedir o apoio da oração a todos os cristãos do mundo”.
Sobre o projeto de criar uma Unidade administrativa de maioria cristã na planície de Nínive, Dom Warduni explica que “seria inaceitável se fosse um gueto: a hipótese deve ser discutida, entendida, estudada, com a certeza de que não deve e não pode se tornar um enclave único no qual isolar os cristãos no Iraque. A nossa missão é ser a luz do mundo, sal da terra, fermento na massa da nação iraquiana”.

ASIA/IRAQ - Bishop Warduni encourages Christians to enter into government coalition


"We encourage lay Christians to be involved in politics, to take up their full responsibility, and if there was a possibility, to enter the government coalition, to give a direct contribution to an Iraq in which peace, security, and rights triumph."
This is the hope expressed in an interview with Fides by Bishop Shlemon Warduni, Auxiliary Bishop of the Chaldean Patriarchate of Baghdad, while positive results are being seen in post-election Iraq, for the alliance of Prime Minister Al-Maliki and the national list of former premier Iyad Allawi. "It's hard to comment today on the complicated part of this post-election time. But one fact should be noted... The major risk is that parties and factions consider their own interests, forgetting the common good of the country," said the Bishop. "Even for the Christians in politics, unity is necessary. We ask that all work to overcome fragmentation and ethnic and sectarian divisions, uniting for a greater good. Otherwise, Christians will be marginalized, becoming insignificant in the public arena." "We firmly hope that God may enlighten the minds and hearts of the rulers, so that they may think and act for the true good of the Iraqi people, for peace and security. We seek a strong and stable government, delivering on the promises of the election campaign, thanks to the support of the international community," Bishop Warduni tells Fides.
As for the current conditions of the Christian community in Iraq, the Bishop said: "There seems to be a slight improvement compared to the pre-election violence. This also depends on the fact that we have raised the voice of God and the whole world for help. Today, Christians are called to live in this delicate situation, making sacrifices, without only thinking of fleeing the country. Thus, we never tire of asking for the support of prayer from all the Christians of the world." About the project of creating an administrative unit with a Christian majority in the Nineveh Plain, Bishop Warduni said that "it would be unacceptable if it were a ghetto. Otherwise, the situation must be discussed, understood, studied, with the certainty that it should not and could not become the only enclave where Christians are imprisoned in Iraq. Our mission is to be the light of the world, the salt of the earth, the leaven in the mass of the Iraqi nation."

ASIA/IRAK - “Los cristianos entren en el gobierno de coalición”, dice Mons. Warduni


“Animamos a los laicos cristianos comprometidos en política para que asuman plenamente sus responsabilidades; incluso si hubiera una posibilidad, entrando en la coalición de gobierno, para dar una contribución directa a un Irak donde triunfen la paz, la seguridad, los derechos”
: es el deseo expresado en una entrevista con la Agencia Fides de S. Exc. Mons. Shlemon Warduni, Obispo Auxiliar del Patriarcado Caldeo de Bagdad, mientras en el escenario post-electoral de Irak están surgiendo resultados positivos para la alianza del Primer Ministro Al-Maliki, y la lista nacionalista del ex presidente Iyad Allawi.
“No es fácil hacer un comentario sobre el complicado cuadro de esta fase post-electoral. Pero un hecho debe tenerse en cuenta: el principal riesgo es que los partidos y facciones piensen en sus propios intereses, olvidando el bien común del país”, subraya el Obispo. “Incluso para los cristianos presentes en política es necesaria la unidad: pedimos que se superen la fragmentación y las divisiones étnicas y confesionales, uniéndose por un bien mayor. De lo contrario, los cristianos serán marginados, siendo insignificantes en el ámbito público”.“Tenemos la firme esperanza de que Dios ilumine las mentes y los corazones de los gobernantes, para que piensen y actúen por el verdadero bien del pueblo iraquí, es decir por la paz y la seguridad. Esperamos un gobierno fuerte y estable, que cumpla las promesas de la campaña electoral, también gracias al apoyo de la comunidad internacional”, señala a Fides Mons. Warduni.
Sobre las condiciones actuales de la comunidad cristiana en Irak, el Obispo afirma: “Parece que hay una ligera mejora en comparación con la violencia previa a las elecciones. Esto depende también del hecho que hemos levantado la voz hacia Dios y hacia el mundo entero pidiendo ayuda. Hoy los cristianos están llamados a vivir en esta delicada situación, haciendo sacrificios, sin pensar sólo a huir del país. Por eso, no nos cansamos de pedir el apoyo de la oración a todos los cristianos del mundo”.Sobre el proyecto de crear una Unidad administrativa con una mayoría cristiana, en la llanura de Nínive, Mons. Warduni explica que “sería inaceptable si se tratara de un gueto: si no es así, entonces la hipótesis debe ser discutida, comprendida, estudiada, con la certeza de que no debe ni puede convertirse en el único enclave donde encerrar a los cristianos de Iraq. Nuestra misión es ser luz del mundo, sal de la tierra, levadura en la masa de la nación iraquí”

ASIA/IRAQ - “I cristiani entrino nella coalizione di governo”, dice Mons. Warduni

Fonte: Fides

“Incoraggiamo i laici cristiani impegnati in politica ad assumersi in pieno le loro responsabilità; anche, se ve ne fosse la possibilità, entrando nella coalizione di governo, per dare un contributo diretto a un Iraq dove trionfino la pace, la sicurezza, i diritti”:
è l’auspicio espresso in un colloquio con l’Agenzia Fides da S. Ecc. Mons. Shlemon Warduni, Vescovo Ausiliare del Patriarcato Caldeo di Baghdad, mentre nello scenario post elettorale iracheno vanno delineandosi risultati positivi per l’alleanza del Primo Ministro Al-Maliki e per la lista nazionalista dell’ex premier Iyad Allawi.“Non è facile commentare oggi il complicato quadro di questa fase post-elettorale. Ma un fatto va segnalato: il rischio maggiore è che i partiti e le fazioni pensino ai propri interessi, dimenticando il bene comune del paese”, sottolinea il Vescovo. “Anche per i cristiani presenti in politica è necessaria l’unità: chiediamo di superare le frammentazioni e le divisioni etniche e confessionali, unendosi per un bene più grande. Altrimenti i cristiani saranno emarginati, divenendo insignificanti sulla scena pubblica”.“Nutriamo la profonda speranza che Dio illumini la mente e il cuore dei governanti perché pensino e agiscano per il vero bene del popolo iracheno, cioè pace e sicurezza. Speriamo in un governo forte e stabile, che realizzi le promesse della campagna elettorale, anche grazie al sostegno della comunità internazionale”, nota a Fides Mons. Warduni.
Sulle attuali condizioni della comunità cristiana in Iraq, il Vescovo afferma: “Sembra vi sia un leggero miglioramento, rispetto alle violenze pre-elettorali. Questo dipende anche dal fatto che abbiamo alzato la voce verso Dio e verso il mondo intero per chiedere aiuto. I cristiani oggi sono chiamati a vivere in questa delicata situazione, compiendo sacrifici, senza pensare solo alla fuga dal paese. Per questo non ci stanchiamo di chiedere il sostegno della preghiera a tutti i cristiani del mondo”.
Sul progetto di creare una Unità amministrativa a maggioranza cristiana nella Piana di Ninive, Mons. Warduni spiega che “sarebbe inaccettabile se fosse un ghetto: Diversamente, l’ipotesi va discussa, compresa, studiata, con la certezza che non deve e non potrebbe diventare l’unica enclave dove rinchiudere i cristiani in Iraq. La nostra missione è essere luce del mondo, sale della terra, lievito nella massa della nazione irachena”.

ASIEN/IRAK - „Christen sollten sich darum bemühen, dass sie in die Regierungskoalition aufgenommen werden“, so Bischof Warduni


"Wir ermutigen christliche Laien, die sich in der Politik engagieren, ihre ganze Verantwortung zu übernehmen; uns sollte dies möglich sein, auch Teil der Regierungskoalition sein, damit sie einen direkten Beitrag zu einem Irak leisten können, in dem Frieden, Sicherheit und Menschenrechte triumphieren":
dies wünscht sich der Weihbischof des chaldäischen Patriarchats von Bagdad, Shlemon Warduni, vor dem Hintergrund der jüngsten Wahlen in Irak. "Es ist nicht einfach heute einen Kommentar zur komplexen Lage in dieser Phase nach der Wahl abzugeben. Doch eines steht fest: die größte Gefahr besteht darin, dass die Parteien und die Fraktionen ihre eigenen Interessen in den Vordergrund stellen und dabei das Gemeinwohl vernachlässigen", so der Bischof. "Auch für die in der Politik engagierten Christen ist vor allem Einheit notwendig: deshalb bitten wir sie darum, Spaltungen und ethnische und konfessionelle Fragmentierungen zu überwinden und sich mit Blick auf ein höheres Wohl gemeinsam zu engagieren. Sollte dies nicht geschehen, werden Christen ausgegrenzt und in der Öffentlichkeit kaum wahrgenommen". "Wir hoffen, dass Gott die Gedanken und die Herzen der Regierenden erleuchten möge, damit sie zum Wohl des irakischen Volkes denken und handeln und vor allem Frieden und Sicherheit im Auge haben. Wir hoffen, dass es eine starke und stabile Regierung geben wird, die die Versprechen der Wahlkampagne auch mit Unterstützung der internationalen Staatengemeinschaft einhält", so Bischof Warduni.
Zur gegenwärtigen Lage der christlichen Gemeinde in Irak sagt der Weihbischof: "Die Lage scheint sich etwas verbessert zu haben, im Vergleich zur Welle der Gewalt im Vorfeld der Wahl. Dies hängt auch davon ab, dass wir unsere Stimme zu Gott erhoben und die Welt um Hilfe gebeten haben. Di Christen sind heute angesichts dieser Situation berufen, Opfer zu bringen, und nicht nur an die Flucht zu denken. Deshalb werden wir nie müde werden, um die Unterstützung und das Gebet der Christen in aller Welt zu bitten".
Zur geplanten Schaffung einer mehrheitlich christlichen Sonderverwaltungsregion in Ninive sagt Bischof Warduni: "Die Vorstellung eines Ghettos ist nicht akzeptabel. Doch der Vorschlag sollte diskutiert, verstanden und analysiert werden, um sicherzustellen, dass es sich nicht um eine Enklave handelt, in die alle irakischen Christen eingeschlossen werden sollen. Denn unsere Sendung besteht darin, dass wir Licht der Welt, Salz der Erde und Ferment unter der Masse der irakischen Bevölkerung sind."

ASIE/IRAQ - “Que les chrétiens entrent dans la coalition de gouvernement” dit Mgr Warduni


«Nous encourageons les laïcs chrétiens engagés en politique à assumer pleinement leurs responsabilités ; et même, s’ils en ont la possibilité, à entrer dans la coalition de gouvernement, pour apporter une contribution directe à un Iraq où triomphent la paix, la sécurité, les droits»: c’est le souhait exprimé dans un entretien avec l’Agence Fides par son Exc. Mgr Shlemon Warduni, Evêque auxiliaire du Patriarche chaldéen de Bagdad, tandis que dans le scénario post-électoral iraquien, apparaissent des résultats positifs pour l’alliance du Premier ministre Al-Maliki et pour la liste nationaliste de l’ancien premier ministre Iyad Allawi.«Ce n’est pas facile de commenter aujourd’hui le tableau compliqué de cette phase post-électorale. Mais un fait doit être signalé: le risque majeur est que les partis et les factions pensent à leurs propres intérêts, oubliant le bien commun du pays», souligne l’évêque. «Même pour les chrétiens présents en politique, l’unité est nécessaire: nous leur demandons de dépasser les fragmentations et les divisions ethniques et confessionnelles, s’unissant pour un bien plus grand. Sinon ils seront marginalisés, devenant insignifiants sur la scène publique». «Nous nourrissons la profonde espérance que Dieu éclaire l’esprit et le cœur des gouvernants pour qu’ils pensent et agissent pour le vrai bien du peuple iraquien, à savoir la paix et la sécurité. Nous espérons en un gouvernement fort et stable, qui réalise les promesses de la campagne électorale, grâce aussi au soutien de la communauté internationale» note pour Fides Mgr Warduni.
Sur les conditions actuelles de la communauté chrétienne en Iraq, l’évêque affirme: «Il semble qu’il y ait une légère amélioration, par rapport aux violences préélectorales. Cela dépend entre autres du fait que nous avons levé la voix vers Dieu et vers le monde entier pour demander de l’aide. Les chrétiens aujourd’hui sont appelés à vivre dans cette situation délicate, en faisant des sacrifices, sans penser uniquement à fuir du pays. C’est pourquoi nous ne nous lassons pas de demander le soutien de la prière à tous les chrétiens du monde».Sur le projet de créer une unité administrative à majorité chrétienne dans la Plaine de Ninive, Mgr Warduni explique que «ce serait inacceptable qu’il y ait un ghetto: l’hypothèse doit être discutée, comprise, étudiée de façon différente, dans la certitude qu’elle ne doit pas et ne pourrait pas devenir l’unique enclave où enfermer les chrétiens en Iraq. Notre mission est d’être la lumière du monde, le sel de la terre, le levain dans la masse de la nation iraquienne».

15 marzo 2010

ASIA/LIBANO - A Beirut una giornata di solidarietà per i cristiani iracheni

Fonte: Fides

Una Messa presso il Santuario di “Nostra Signora del Libano” sulla collina di Harissa, nei pressi della capitale libanese Beirut, ha chiuso la giornata di preghiera e riflessione intitolata “La croce in Iraq sanguina, a quando la risurrezione?”, organizzata il 13 marzo per ricordare le sofferenze dei cristiani iracheni. Alla giornata hanno partecipato il Vescovo Bshara-Raii a nome del patriarca maronita Nasrallah Boutros Sfeir, l’Ambasciatore iracheno in Libano Omar Al-Barzanji, Sua Eccellenza Mons. Gabriele Giordano Caccia, Nunzio Apostolico in Libano e diversi leader religiosi cristiani.
"La presenza dei cristiani in Mesopotamia e in tutto l'Oriente è una causa umanitaria", ha detto il Patriarca Siriaco cattolico Ignatius Joseph Younan III. "Per questo motivo, esprimiamo la nostra solidarietà, che non è fatta solo di parole e sentimenti”. “I cristiani in Iraq sono colpiti da fanatici estremisti che mirano a privare l'Iraq della sicurezza, e commettono le loro azioni in nome della religione. L'Iraq non ha niente a che fare con assassini fanatici” ha detto l'ambasciatore Barzanji. Mons. Caccia ha pronunciato un discorso citando Papa Benedetto XVI, nel quale ha esortato i cristiani iracheni a perseverare, nonostante le difficoltà.

ASIA/LÍBANO - Se realizó una jornada de solidaridad a favor de los cristianos iraquíes


Con una Misa en el Santuario de “Nuestra Señora del Líbano” en la colina de Harissa, cerca de la capital libanesa, Beirut, se concluyó la jornada de oración y reflexión titulada “La Cruz en Irak sangra, y para cuándo la resurrección?”, organizada el 13 de marzo para recordar los sufrimientos de los cristianos iraquíes. En la jornada participaron el Obispo de Bshara-Raii a nombre del patriarca maronita Nasrallah Boutros Sfeir, el Embajador iraquí en Líbano Omar Al-Barzanji, S.E.R. Mons. Grabiele Giordano Caccia, Nuncio Apostólico en Líbano y varios líderes religiosos cristianos. “La presencia de los cristianos en Mesopotamia y en todo el Oriente es una causa humanitaria” afirmó el Patriarca Siro-católico Ignatius Joseph Younan III. “Por este motivo, expresamos nuestra solidariedad, que no está hecha sólo de palabras y sentimientos”. “Los cristianos en Irak han sido golpeados por fanáticos extremistas que tratan de privar a Irak de su seguridad, y comenten sus acciones en nombre de la religión. Irak no tiene nada que hacer con asesinos fanáticos” afirmó el embajador Barzanji. Mons. Caccia pronunció un discurso citando al Papa Benedicto XVI, en el que exhortó a todos los cristianos iraquíes a perseverar, a pesar de las dificultades.

ÁSIA/LÍBANO - Em Beirute, um dia de solidariedade com os cristãos iraquianos


Beirute (Agência Fides)- Uma Missa no Santuário de “Nossa Senhora do Líbano” na colina de Harissa, nas proximidades d capital libanesa Beirute encerrou o dia de oração e reflexão intitulado “A cruz no Iraque sangra, quando será a ressurreição?”, organizada em 13 de março para recordar os sofrimentos dos cristãos iraquianos. Participaram do dia o Bispo Bshara-Raii, em nome do patriarca maronita Nasrallah Boutros Sfeir, o Embaixador iraquiano no Líbano Omar Al-Barzanji, Dom Gabriele Giordano Caccia, Núncio Apostólico no Líbano e diversos líderes religiosos cristãos. "A presença cristã na Mesopotâmia e em todo o Oriente é uma causa humanitária” – disse o Patriarca Siríaco católico Ignatius Joseph Younan III. "Por este motivo, expressamos a nossa solidariedade, que não é feita só de palavras e sentimentos”. “Os cristãos no Iraque estão sendo atingidos por fanáticos extremistas que querem tornar o Iraque inseguro, e cometem ações em nome da religião. O Iraque não tem nada a ver com assassinos fanáticos” – disse o embaixador Barzanji. Dom Caccia proferiu um discurso citando Papa Bento XVI, no qual exortou os cristãos iraquianos a perseverar, apesar das dificuldades.

ASIE/LIBAN - A Beyrouth une journée de solidarité pour les chrétiens iraquiens


Une messe au sanctuaire “Notre-Dame du Liban” sur la colline de Harissa, près de la capitale libanaise Beyrouth, a clos la journée de prière et de réflexion intitulée “La croix saigne en Iraq, à quand la résurrection?”, organisée le 13 mars pour rappeler les souffrances des chrétiens iraquiens.A la journée, ont participé Mgr Bshara-Raii, au nom du patriarche maronite Nasrallah Boutros Sfeir, l’Ambassadeur iraquien au Liban, Omar Al-Barzanji, Son Exc. Mgr Gabriele Giordano Caccia, Nonce apostolique au Liban, et plusieurs chefs religieux chrétiens. «La présence des chrétiens en Mésopotamie et dans tout l’Orient est une cause humanitaire», a dit le Patriarche syriaque catholique Ignatius Joseph Younan III. «C’est pourquoi nous exprimons notre solidarité, qui n’est pas faite de paroles et de sentiments».
«Les chrétiens en Iraq sont touchés par des fanatiques extrémistes qui visent à priver l’Iraq de la sécurité, et qui commettent leurs actions au nom de la religion. L’Iraq n’a rien à voir avec les assassins fanatiques» a dit l’ambassadeur Barzanji.Mgr Caccia a prononcé un discours en citant le Pape Benoît XVI, dans lequel il a exhorté les chrétiens iraquiens à persévérer, malgré les difficultés.

ASIEN/LIBANON - Tag der Solidarität mit den irakischen Christen in Beirut


Mit einem Gottesdienst im Heiligtum "Unserer Lieben Frau vom Libanon" auf dem Berg Harissa in der Nähe der libanesischen Hauptstadt Beirut, ging der Tag des Gebets zu Ende, der am 13. März unter dem Motto "Das Kreuz im Irak blutet, wann wird es eine Auferstehung geben?" im Gedenken an das Leiden der Christen im Irak veranstaltet wurde. An der Initiative nahm stellvertretend für den maronitischen Patriarchen Nasrallah Boutros Sfeir, Bischof Bshara-Raii teil. Anwesend waren auch der irakische Botschafter im Libanon, Omar Al-Barzanji, der Apostolische Nuntius im Libanon, Erzbischof Gabriele Giordano Caccia und verschiedene christliche Religionsführer. "Die Präsenz der Christen in Mesopotamien und im ganzen Nahen Osten ist ein humanitäres Anliegen", so der syrisch-katholische Patriarch Ignatius Joseph Younan III. "Aus diesem Grund möchten wir eine Solidarität zum Ausdruck bringen, die nicht nur aus Worten und Gefühlen besteht". "Die Christen im Irak leiden unter dem Vorgehen fanatischer Extremisten, die darauf abzielen, die Sicherheit im Irak zu untergraben und dabei im Namen der Religion agieren. Doch der Irak identifiziert sich in keiner Weise mit diesen fanatischen Mördern", betonte der irakische Botschafter im Libanon-Erzbischof Caccia zitierte in seiner Ansprache Papst Benedikt XVI. und rief die Christen im Irak trotz aller Schwierigkeiten zur Ausdauer und Standhaftigkeit auf.

12 marzo 2010

Dominicans Concerned for Community in Iraq

Source: Zenit

Dominicans in various countries are expressing concern for their sisters in Iraq and other Christians under attack in that country. On Tuesday, Dominican Father Philip Neri Powell, of the philosophy faculty in Rome's Pontifical University of St. Thomas Aquinas, posted a letter on his blog detailing the "terrible situation of our Dominican sisters in Iraq and the entire Christian community in Mosul."
The letter, written by Sister Donna Markham, prioress of the Adrian Dominicans in Michigan, related "very tragic news about the situation in Iraq." She explained that she had been with several Iraqi sisters who are currently in the United States. Sister Markham stated that the Christians are all fleeing Mosul. She continued: "There have been murders and rapes of Christians there and for now they are fleeing to the Christian villages."
Sister Maria [prioress of the Iraqi nuns] is very frightened about the safety of the sisters and the Christian people. "As of now, the five elderly sisters who have been holding down the Motherhouse are choosing to remain there because they do not want to lose their Motherhouse to the terrorists," Sister Markham said.

Evacuation

She added that her Iraqi sister reported that "most Christians are making plans to evacuate from Iraq and, as a consequence, she does not know what will happen with her congregation.""She said they will follow the Christian people where they go, but where that will be is uncertain," the letter noted. "The sisters' families remain in grave danger and, as you can imagine, the young ones with us and with Springfield are terrified."
Sister Markham lamented that "nothing is being reported" by many media sources. Speaking on behalf of her Iraqi sisters, the nun asked for others to spread the word and to send prayers to the Christians suffering in Iraq.
Over the past few weeks, a killing spree has claimed many lives. Among these, eight Christians were murdered in the span of 10 days, and many others are fleeing Mosul. Some 15,000 Christians remain in the Muslim-majority city of Mosul, where their families have lived for 2,000 years. For this reason, Archbishop Louis Sako of Kirkuk declared a day of fasting and prayer at the beginning of the month for an end to the violence.