Fonte: Radiovaticana
By Mathilde Auvillain e Giancarlo La Vella
Proprio nel corso della sua visita pastorale a Napoli, è giunta al Papa la notizia della liberazione in Iraq dei due sacerdoti cristiani, di rito siro-cattolico, rapiti nei giorni scorsi a Mossul, nel nord del Paese. “Benedetto XVI ha accolto con grande gioia la notizia della positiva conclusione del sequestro dei due religiosi, per i quali domenica scorsa il Santo Padre aveva lanciato all’Angelus un accorato appello”. Lo ha detto ai giornalisti il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. “Abbiamo intensamente partecipato a questo dramma e seguito la vicenda di padre Mazen Ishoa e di padre Pius Afas con grande preoccupazione – ha detto ancora padre Lombardi – e l’avvenuto rilascio è il segno di una pace che speriamo possa svilupparsi. L'auspicio del Papa – ha concluso – è che eventi del genere non si ripetano più”. Sulla drammatica esperienza vissuta, Mathilde Auvillain, della nostra redazione francese, ha contattato telefonicamente a Mossul proprio uno dei due sacerdoti rapiti, padre Pius Afas:
Clicca su "leggi tutto" per le interviste di Radiovaticana a Padre Pius Afas ed a Monsignor Basel George Casmoussa
"Non abbiamo subito nessuna tortura, nessuna pressione. Assolutamente no. Abbiamo vissuto dei momenti molto difficili, in cui, però, non sono mai mancate la fiducia, la speranza e la preghiera. Noi siamo stati molto contenti e molto grati della grande solidarietà che abbiamo ricevuto a livello mondiale e delle tante preghiere che si sono elevate per noi e che ci hanno tanto aiutato e sostenuto, così come l’appello del Santo Padre. Ieri mattina, ci hanno liberato in un quartiere, dove abbiamo preso un taxi, dal quale ci siamo fatti portare direttamente nella nostra Chiesa e già ieri, nel pomeriggio, abbiamo celebrato la Messa insieme. Molte erano le persone presenti in segno di ringraziamento al Signore. E’ stato veramente molto molto emozionante."
Voi avete incoraggiato i cristiani a rimanere a Mossul...
"Assolutamente. Noi siamo molto preoccupati che si mini l’amicizia con i nostri fratelli musulmani, con i quali conviviamo da secoli. E questo lo abbiamo detto anche ai nostri rapitori: noi non vogliamo rovinare questa amicizia, perdere questa fraternità islamo-crisitana. Noi restiamo, quindi, in Iraq e non siamo disposti a cedere, perché siamo – cristiani e musulmani insieme – per la pace tra gli iracheni."
Quanto è stato importante per voi l’appello del Papa?
"L’appello ci ha dato un grande coraggio: l'appello affinché i nostri rapitori ci lasciassero è stato certamente un grande, grande sostegno."
Il sequestro di padre Ishoa e padre Afas è solo l’ultimo degli attacchi compiuti contro la comunità cristiana in Iraq. Con quale stato d’animo i cristiani stanno vivendo questo momento?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mossul:
"Siamo molto preoccupati per il futuro. Noi rappresentiamo soltanto una minoranza in Iraq e molti cristiani iracheni sono spinti a lasciare le loro case a Baghdad e a Mossul. Ci sono molte famiglie che vanno via da questi luoghi. Alcune volte vengono minacciati affinché lascino le loro case, ma altre volte vengono esortati a convertirsi all’Islam in cambio della libertà; in caso contrario saranno costretti ad andarsene. Ci sono molti episodi del genere fra i cristiani e questo aumenta nella comunità la preoccupazione per il futuro. Normalmente i nostri rapporti sono sempre stati buoni con la popolazione musulmana, con i quali conviviamo in spirito di amicizia e collaborazione. Ma ora, con questa corrente fondamentalista che combatte la presenza delle truppe americane, la situazione è diventata estremamente pericolosa per noi."