Fonte: Associated Press
Di KIM GAMEL
Di KIM GAMEL
Tradotto ed adattato da Baghdadhope
Il Patriarca Caldeo di Baghdad, recentemente nominato primo cardinale della storia irachena, ha dichiarato martedì che la crescente violenza ha peggiorato la vita degli iracheni cristiani a partire dall’invasione a guida americana del paese, ma anche che è ottimista sul fatto che “la pace prevarrà”
Emmanuel III Delly, che il prossimo mese si recherà in Vaticano per accettare la berretta cardinalizia, ha il compito di mediare tra i pericoli che la sua piccola comunità cattolica sta affrontando e la necessità di mantenere i contatti con i musulmani.
L’ottantenne capo dell’antica Chiesa Caldea in Iraq ha affermato che le speranze di libertà createsi all’indomani della caduta di Saddam Hussein nel 2003 hanno lasciato il posto al terrore diffuso.
“Avevamo sperato che la situazione sarebbe migliorata, ma in effetti è peggiorata” ha detto alla Associated Press nel corso di un’intervista rilasciata nella sede patriarcale difesa da guardie armate nella parte ovest di Baghdad.
“Autobombe, bombe lungo le strade, omicidi. Tutte cose che non succedevano in passato quando c’erano stabilità e sicurezza.”
Delly, uno dei nuovi 23 cardinali nominati il 17 ottobre da Papa Benedetto XVI, da’ la colpa della violenza all’estremismo ed afferma che è suo compito promuovere l’unità con i musulmani ed i fedeli di altri credi.
“Prego ogni giorno perché Dio illumini le menti dei dirigenti e li guidi verso la strada della pace e della riconciliazione.”
Giocherellando spesso con la grossa croce d’argento che pende dal suo collo, il leader spirituale caldeo ha affermato di aver fatto visita ai leaders islamici sunniti e sciiti durante i loro giorni sacri e che essi usano ricambiare queste visite durante il Natale. Ha anche riferito di aver ricevuto centinaia di telefonate di congratulazioni per la sua nomina a cardinale da parte sia di sunniti che di sciiti.
“Tutti vogliamo la pace” ha detto, seduto in una sala di un edificio che fiancheggia un cortile ornato di siepi fiorite e con una statua della Vergine Maria in centro. “Dovremmo però agire e non solo parlare.”
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Delly in passato ha parlato chiaramente della necessità di proteggere i cristiani che rappresentano il 3% dell’intera popolazione irachena che ammonta a 26 milioni di persone.
Lo scorso maggio S.E. Delly ha emesso un comunicato congiunto con il Patriarca della Catholic Assyrian Church of the East*, Mar Dinkha IV, in cui si affermava che i cristiani in Iraq erano vittime di “ricatti e rapimenti, e che erano costretti a lasciare le proprie case” per mano di insorti arabo sunniti legati al al-Qaida in Iraq. I due patriarchi lamentavano il fatto che il governo “fosse rimasto in silenzio senza prendere una chiara posizione.”
Nonostante ciò il messaggio di Delly di martedì è stato un messaggio di unità in cui si è detto che gli iracheni di ogni appartenenza religiosa hanno sofferto a causa del caos, e si è comunque sottolineato l’ottimismo riguardo al miglioramento della sicurezza nel paese.
“Abbiamo vissuto con i nostri fratelli musulmani per 14 generazioni ed abbiamo interessi in comune, il pericolo esiste per tutti senza nessuna eccezione. Preghiamo Dio perché la pace prevalga e che ognuno di noi lavori per essa.”
Questi toni moderati sono stati espressi tre giorni dopo la promessa fatta a Delly da parte del primo ministro Nouri al-Maliki di proteggere ed aiutare la comunità cristiana che è particolarmente vulnerabile considerando il suo scarso peso politico e militare.
Delly, che parla arabo, francese, italiano, latino, inglese ed aramaico, ha riferito che il primo ministro sciita ha definito la sua nomina a cardinale “un onore per tutti gli iracheni” e che ha promesso l’invio di una delegazione governativa a Roma per la nomina del 24 novembre prossimo.
“Mi ha detto che sta facendo del suo meglio per rendere migliore la vita degli iracheni e perché si possa vivere in pace. Io gli ho detto che è nostro dovere lavorare per la pace. Entrambi lavoriamo per il bene di tutti gli iracheni.”
Prima della guerra si stimava che i cristiani in Iraq, la maggior parte dei quali caldeo-assiri ed armeni,* più una piccola percentuale di cattolici romani, fosse di 800.000 persone.
Durante il regime di Saddam essi erano generalmente lasciati in pace e molti, incluso l’ex ministro degli esteri e vice primo ministro Tariq Aziz, raggiunsero alti livelli di potere. Dopo la caduta di Saddam però i cristiani iniziarono ad essere considerati sostenitori degli Stati Uniti, secondo quanto afferma il Minority Rights Group.
I cristiani cominciarono ad essere sempre più vittime dell’insorgenza a guida sunnita. A decine di migliaia fuggirono, mentre molti di coloro che rimasero si barricarono in alcune zone e furono costretti a nascondere la propria appartenenza religiosa se ne uscivano. Circa il 50% dei cristiani potrebbero avere lasciato l’Iraq, ha dichiarato U.S. Commission on International Religious Freedom.
Gli attacchi ai cristiani hanno raggiunto il culmine in un attacco coordinato ad alcune chiese di Baghdad* nell’estate del 2004 e di nuovo lo scorso settembre dopo i commenti del Papa considerati anti islamici.
Il pontefice tedesco ha successivamente dichiarato che le sue parole sull’Islam erano state male interpretate e che gli dispiaceva che i musulmani si fossero offesi, e recentemente ha imvoacto il dialogo tra la cristianità e l’Islam.
Delly, che è nato a Tel Kaif, a nord della città settentrionale di Mosul, ha riferito che Papa Benedetto XVI gli ha chiesto di dialogare con i musulmani iracheni.
“Lui vuole il bene di tutti e mi ha chiesto di aprire un dialogo con i nostri fratelli musulmani qui. Questo è il suo messaggio ai musulmani ed al mondo intero” ha detto Delly, “Dovremo fare il possibile per far capire e sentire loro che li amiamo e che ci amano. Questo è il vero dialogo.”
Lo scorso maggio S.E. Delly ha emesso un comunicato congiunto con il Patriarca della Catholic Assyrian Church of the East*, Mar Dinkha IV, in cui si affermava che i cristiani in Iraq erano vittime di “ricatti e rapimenti, e che erano costretti a lasciare le proprie case” per mano di insorti arabo sunniti legati al al-Qaida in Iraq. I due patriarchi lamentavano il fatto che il governo “fosse rimasto in silenzio senza prendere una chiara posizione.”
Nonostante ciò il messaggio di Delly di martedì è stato un messaggio di unità in cui si è detto che gli iracheni di ogni appartenenza religiosa hanno sofferto a causa del caos, e si è comunque sottolineato l’ottimismo riguardo al miglioramento della sicurezza nel paese.
“Abbiamo vissuto con i nostri fratelli musulmani per 14 generazioni ed abbiamo interessi in comune, il pericolo esiste per tutti senza nessuna eccezione. Preghiamo Dio perché la pace prevalga e che ognuno di noi lavori per essa.”
Questi toni moderati sono stati espressi tre giorni dopo la promessa fatta a Delly da parte del primo ministro Nouri al-Maliki di proteggere ed aiutare la comunità cristiana che è particolarmente vulnerabile considerando il suo scarso peso politico e militare.
Delly, che parla arabo, francese, italiano, latino, inglese ed aramaico, ha riferito che il primo ministro sciita ha definito la sua nomina a cardinale “un onore per tutti gli iracheni” e che ha promesso l’invio di una delegazione governativa a Roma per la nomina del 24 novembre prossimo.
“Mi ha detto che sta facendo del suo meglio per rendere migliore la vita degli iracheni e perché si possa vivere in pace. Io gli ho detto che è nostro dovere lavorare per la pace. Entrambi lavoriamo per il bene di tutti gli iracheni.”
Prima della guerra si stimava che i cristiani in Iraq, la maggior parte dei quali caldeo-assiri ed armeni,* più una piccola percentuale di cattolici romani, fosse di 800.000 persone.
Durante il regime di Saddam essi erano generalmente lasciati in pace e molti, incluso l’ex ministro degli esteri e vice primo ministro Tariq Aziz, raggiunsero alti livelli di potere. Dopo la caduta di Saddam però i cristiani iniziarono ad essere considerati sostenitori degli Stati Uniti, secondo quanto afferma il Minority Rights Group.
I cristiani cominciarono ad essere sempre più vittime dell’insorgenza a guida sunnita. A decine di migliaia fuggirono, mentre molti di coloro che rimasero si barricarono in alcune zone e furono costretti a nascondere la propria appartenenza religiosa se ne uscivano. Circa il 50% dei cristiani potrebbero avere lasciato l’Iraq, ha dichiarato U.S. Commission on International Religious Freedom.
Gli attacchi ai cristiani hanno raggiunto il culmine in un attacco coordinato ad alcune chiese di Baghdad* nell’estate del 2004 e di nuovo lo scorso settembre dopo i commenti del Papa considerati anti islamici.
Il pontefice tedesco ha successivamente dichiarato che le sue parole sull’Islam erano state male interpretate e che gli dispiaceva che i musulmani si fossero offesi, e recentemente ha imvoacto il dialogo tra la cristianità e l’Islam.
Delly, che è nato a Tel Kaif, a nord della città settentrionale di Mosul, ha riferito che Papa Benedetto XVI gli ha chiesto di dialogare con i musulmani iracheni.
“Lui vuole il bene di tutti e mi ha chiesto di aprire un dialogo con i nostri fratelli musulmani qui. Questo è il suo messaggio ai musulmani ed al mondo intero” ha detto Delly, “Dovremo fare il possibile per far capire e sentire loro che li amiamo e che ci amano. Questo è il vero dialogo.”
* Il nome esatto della chiesa che Mar Dinkha Iv guida è Assyrian Church of the East. L’aggettivo “catholic” è assente visto che la chiesa non è legata al Pontefice Romano.
* Ricordiamo anche i fedeli della chiese Siro cattolica, Siro Ortodossa, Copta Cattolica, Copta Ortodossa, Melikita e le diverse confessioni protestanti.
*Il primo di agosto del 2004 furono attaccate 5 chiese, 4 a Baghdad ed 1 a Mosul.
Note di Baghdadhope