By Baghdadhope
D’estate mi piace cambiare spesso il giornale che leggo ma, complice le vacanze, a volte sono un po' in ritardo. Così qualche giorno fa ho preso in mano la copia della STAMPA di domenica 22 luglio ed ho trovato un articolo che ha suscitato in me molti ricordi. Il titolo è "Baghdad, nuovo cinema inferno." Barbara Schiavulli, Reportage, Baghdad.
L'articolo è incentrato su un cinema di Baghdad, il Samiramis, che chiuderà definitivamente i battenti il primo di agosto. Ricordo quel cinema. Non che ci sia mai entrata, ma ho chiara in mente l'immagine di un'assolata mattina di settembre, sarà stato il 1998 o il 1999. Tornavamo in albergo percorrendo proprio Sa'doun Street e ci accorgemmo che sotto una tettoia che riparava l'entrata del cinema sostavano decine di ragazzi (niente donne, neanche allora). L'enorme cartellone al di sopra dell'edificio indicava il film in programmazione. Le scritte erano solo in arabo ma il dipinto riproduceva fedelmente il manifesto che tutti noi riconoscemmo come quello di "Basic Instinct" il giallo "bollente" che nel 1992 aveva fatto conoscere al mondo Sharon Stone con la famosa scena dell'accavallamento di gambe. Ricordo anche che, essendo venerdì, avevamo commentato il fatto che tutti quei ragazzi sembrassero più interessati all'intrigante e torbido sguardo dell'attrice che a celebrare il giorno di preghiera in modo islamicamente consono.
D’estate mi piace cambiare spesso il giornale che leggo ma, complice le vacanze, a volte sono un po' in ritardo. Così qualche giorno fa ho preso in mano la copia della STAMPA di domenica 22 luglio ed ho trovato un articolo che ha suscitato in me molti ricordi. Il titolo è "Baghdad, nuovo cinema inferno." Barbara Schiavulli, Reportage, Baghdad.
L'articolo è incentrato su un cinema di Baghdad, il Samiramis, che chiuderà definitivamente i battenti il primo di agosto. Ricordo quel cinema. Non che ci sia mai entrata, ma ho chiara in mente l'immagine di un'assolata mattina di settembre, sarà stato il 1998 o il 1999. Tornavamo in albergo percorrendo proprio Sa'doun Street e ci accorgemmo che sotto una tettoia che riparava l'entrata del cinema sostavano decine di ragazzi (niente donne, neanche allora). L'enorme cartellone al di sopra dell'edificio indicava il film in programmazione. Le scritte erano solo in arabo ma il dipinto riproduceva fedelmente il manifesto che tutti noi riconoscemmo come quello di "Basic Instinct" il giallo "bollente" che nel 1992 aveva fatto conoscere al mondo Sharon Stone con la famosa scena dell'accavallamento di gambe. Ricordo anche che, essendo venerdì, avevamo commentato il fatto che tutti quei ragazzi sembrassero più interessati all'intrigante e torbido sguardo dell'attrice che a celebrare il giorno di preghiera in modo islamicamente consono.
Scavando nella memoria e nel mio archivio ho trovato altri due articoli molto, molto, simili a quello pubblicato da La Stampa del 12 luglio 2007:
"Baghdad blues" di Kathleen McCaul, pubblicato dal Baghdad Bullettin il 31 agosto 2003.
Per leggere questi due articoli in lingua originale clicca sui titoli.
Clicca su "leggi tutto" per l'articolo "Baghdad, nuovo cinema inferno" della Stampa del 22 luglio e le traduzioni e gli adattamenti in italiano degli articoli di USAToday e Baghdad Bullettin di Baghdadhope.
Una piccola nota. Rileggendo gli articoli mi ha fatto piacere sapere che a distanza di 4 anni il proprietario del cinema Najaa, il Signor Ahmed Nadim, sia ancora vivo. Nella Baghdad degli orrori una tale sopravvivenza ha quasi del miracoloso. Come miracolosa è anche la sua memoria di ferro che gli ha permesso di rendere identica testimonianza nel contenuto a distanza di 4 anni. Sarà perché da come risulta aveva 76 anni nel 2003 ed "anche" nel 2007?
Sorprendente, vero?
Baghdad, Nuovo Cinema Inferno
Barbara Schiavulli, La Stampa, 22 luglio 2007
BAGHDAD
Saad Samir siede sconsolato accanto alla biglietteria del suo cinema. Diversi mesi fa ha licenziato l’impiegato che vendeva i biglietti e ancora prima la maschera che li strappava all’entrata della sala. Ora fa tutto Samir, accoglie i clienti e poi fa partire il film. Una volta si usavano quei romantici macchinari dove venivano installate le enormi pizze di pellicole, adesso basta un computer e un dvd. Non serve pagare un tecnico per quel lavoro. E in ogni caso presto i battenti del cinema Samiramis si chiuderanno. Il primo agosto, il cinema più importante e autorevole di Baghdad si arrende. Samir non ce la fa più. Ha tentato, ha lottato, ci ha creduto, ma è arrivato il momento che non sa più come rimandare. Sono trascorsi trentotto anni dalla sua apertura, nella sua sala sono passati film che hanno commosso e fatto ridere tutto il mondo e anche gli iracheni. Dalla serie di Indiana Jones a quella di Batman. «Il mondo del cinema se ne va “via col vento” - dice Samir, ripetendo una frase piuttosto comune tra gli iracheni, tratta dall’omonimo film del 1939 con Clark Gable - Non ho più i soldi per mantenerlo, ormai qui non viene più nessuno. Le famiglie, e il mio cinema è sempre stato per loro, non trascinano fuori i bambini per paura delle autobombe e dei rapimenti. Nessuno ha voglia di rischiare la vita per avventurarsi in una città che è già un film dell’orrore. Senza contare che per un dollaro, contro i due e mezzo del biglietto, si trovano ormai ovunque film pirata, la gente se vuole vedere qualcosa può tranquillamente farlo senza uscire di casa. Anche noi, visto che non potevamo permetterci di pagare le tasse per i film originali, siamo costretti a mandare in onda film piratati. Come Superman 3 ora in programmazione. Per noi una giornata piena non ha più di cinquanta persone, oggi ne abbiamo solo dodici, gente che viene per dormire, per starsene all’aria condizionata o perché non sa dove andare. Quello che metto in onda è irrilevante».Ma non è stato sempre così. Ai tempi d’oro negli Anni 70 si faceva la fila per entrare nel cinema, 1800 posti a sedere, film nuovi che arrivavano dagli Stati Uniti e dall’Italia. Gli spettatori si appollaiavano sugli scomodi sedili di legno, fumavano una sigaretta e si perdevano nel mondo magico della celluloide, l’unico posto dove i sogni per un paio d’ore potevano trasformarsi in realtà. «Questo posto brulicava di persone, di bambini chiassosi che si divertivano per un pomeriggio intero. Adesso a causa del coprifuoco sono costretto a chiudere alle tre del pomeriggio - spiega Samir che non ha ancora deciso cosa farà quando il cinema sarà chiuso - mio padre me lo ha lasciato in eredità, tutta la vita della mia famiglia ha girato intorno a questo posto, ho perfino conosciuto mia moglie qui, era venuta a vedere Forrest Gump accompagnata da sua madre, è rimasta a vederlo tre volte, fino a quando mi sono deciso a parlarle». Samir non crede che la situazione migliorerà in tempi brevi, quindi per lui, è inutile continuare ad investire in qualcosa del quale il pubblico non può usufruire con serenità. «Sono così triste di aver dovuto prendere questa decisione, ma non ho scelta».In realtà i problemi sono cominciati alla fine degli anni ‘90, quando un’ondata di film pirata ha invaso il mercato riducendo drasticamente la clientela dei cinema. «Con gli affari che calavano, abbiamo dovuto smettere di comprare i film americani che uscivano perché i costi raggiungevano i venti, venticinquemila dollari». Durante il regime di Saddam Hussein, la diffusione dei film era molto controllata, il governo prediligeva le epopee belliche e i film arabi. «La caduta di Saddam nel 2003 non ha portato solo violenza, ma un’era di immoralità». Con la chiusura del Samiramis, se ne va l’ultimo cinema «per tutti» di Baghdad, restano solo le sale cinematografiche, circa una dozzina, che si dedicano a film per adulti proibiti durante l’epoca dell’ex rais. «Il Samiramis è il miglior cinema di Baghdad», ammette Ahmad Nadim, un vecchio di 76 anni che dirige il cinema Najaa da quarantaquattro anni, ad una decina di minuti di strada dall’altro. Si ricorda ancora quando gli inglesi aprirono il primo cinema negli anni ‘20 con i film muti, seguiti da quelli di Charlie Chaplin, solo negli anni ‘40 gli iracheni hanno cominciato a produrre i loro primi film, in genere, tutti romantici. Nadim ora trasmette film pornografici. «L’Iraq è cambiato, al cinema vengono solo uomini e vogliono vedere sesso. Tutti quelli che potevano apprezzare un film di qualità hanno lasciato il paese. Qui sono rimasti i poveracci, gli ignoranti e i combattenti che sono la somma di entrambi. Per tornare al cinema di una volta, c’è solo un modo; raggiungere i cuori dei nostri ragazzi e riparare i pezzi».
Il cinema a Baghdad è andato “via col vento”
Saad Samir siede sconsolato accanto alla biglietteria del suo cinema. Diversi mesi fa ha licenziato l’impiegato che vendeva i biglietti e ancora prima la maschera che li strappava all’entrata della sala. Ora fa tutto Samir, accoglie i clienti e poi fa partire il film. Una volta si usavano quei romantici macchinari dove venivano installate le enormi pizze di pellicole, adesso basta un computer e un dvd. Non serve pagare un tecnico per quel lavoro. E in ogni caso presto i battenti del cinema Samiramis si chiuderanno. Il primo agosto, il cinema più importante e autorevole di Baghdad si arrende. Samir non ce la fa più. Ha tentato, ha lottato, ci ha creduto, ma è arrivato il momento che non sa più come rimandare. Sono trascorsi trentotto anni dalla sua apertura, nella sua sala sono passati film che hanno commosso e fatto ridere tutto il mondo e anche gli iracheni. Dalla serie di Indiana Jones a quella di Batman. «Il mondo del cinema se ne va “via col vento” - dice Samir, ripetendo una frase piuttosto comune tra gli iracheni, tratta dall’omonimo film del 1939 con Clark Gable - Non ho più i soldi per mantenerlo, ormai qui non viene più nessuno. Le famiglie, e il mio cinema è sempre stato per loro, non trascinano fuori i bambini per paura delle autobombe e dei rapimenti. Nessuno ha voglia di rischiare la vita per avventurarsi in una città che è già un film dell’orrore. Senza contare che per un dollaro, contro i due e mezzo del biglietto, si trovano ormai ovunque film pirata, la gente se vuole vedere qualcosa può tranquillamente farlo senza uscire di casa. Anche noi, visto che non potevamo permetterci di pagare le tasse per i film originali, siamo costretti a mandare in onda film piratati. Come Superman 3 ora in programmazione. Per noi una giornata piena non ha più di cinquanta persone, oggi ne abbiamo solo dodici, gente che viene per dormire, per starsene all’aria condizionata o perché non sa dove andare. Quello che metto in onda è irrilevante».Ma non è stato sempre così. Ai tempi d’oro negli Anni 70 si faceva la fila per entrare nel cinema, 1800 posti a sedere, film nuovi che arrivavano dagli Stati Uniti e dall’Italia. Gli spettatori si appollaiavano sugli scomodi sedili di legno, fumavano una sigaretta e si perdevano nel mondo magico della celluloide, l’unico posto dove i sogni per un paio d’ore potevano trasformarsi in realtà. «Questo posto brulicava di persone, di bambini chiassosi che si divertivano per un pomeriggio intero. Adesso a causa del coprifuoco sono costretto a chiudere alle tre del pomeriggio - spiega Samir che non ha ancora deciso cosa farà quando il cinema sarà chiuso - mio padre me lo ha lasciato in eredità, tutta la vita della mia famiglia ha girato intorno a questo posto, ho perfino conosciuto mia moglie qui, era venuta a vedere Forrest Gump accompagnata da sua madre, è rimasta a vederlo tre volte, fino a quando mi sono deciso a parlarle». Samir non crede che la situazione migliorerà in tempi brevi, quindi per lui, è inutile continuare ad investire in qualcosa del quale il pubblico non può usufruire con serenità. «Sono così triste di aver dovuto prendere questa decisione, ma non ho scelta».In realtà i problemi sono cominciati alla fine degli anni ‘90, quando un’ondata di film pirata ha invaso il mercato riducendo drasticamente la clientela dei cinema. «Con gli affari che calavano, abbiamo dovuto smettere di comprare i film americani che uscivano perché i costi raggiungevano i venti, venticinquemila dollari». Durante il regime di Saddam Hussein, la diffusione dei film era molto controllata, il governo prediligeva le epopee belliche e i film arabi. «La caduta di Saddam nel 2003 non ha portato solo violenza, ma un’era di immoralità». Con la chiusura del Samiramis, se ne va l’ultimo cinema «per tutti» di Baghdad, restano solo le sale cinematografiche, circa una dozzina, che si dedicano a film per adulti proibiti durante l’epoca dell’ex rais. «Il Samiramis è il miglior cinema di Baghdad», ammette Ahmad Nadim, un vecchio di 76 anni che dirige il cinema Najaa da quarantaquattro anni, ad una decina di minuti di strada dall’altro. Si ricorda ancora quando gli inglesi aprirono il primo cinema negli anni ‘20 con i film muti, seguiti da quelli di Charlie Chaplin, solo negli anni ‘40 gli iracheni hanno cominciato a produrre i loro primi film, in genere, tutti romantici. Nadim ora trasmette film pornografici. «L’Iraq è cambiato, al cinema vengono solo uomini e vogliono vedere sesso. Tutti quelli che potevano apprezzare un film di qualità hanno lasciato il paese. Qui sono rimasti i poveracci, gli ignoranti e i combattenti che sono la somma di entrambi. Per tornare al cinema di una volta, c’è solo un modo; raggiungere i cuori dei nostri ragazzi e riparare i pezzi».
Il cinema a Baghdad è andato “via col vento”
Di Zaid Sabah, USA Today, 12 luglio 2007
BAGHDAD
Negli anni 70 ed 80 il cinema teatro Samiramis fu un punto di riferimento nel centro di Baghdad per un’intera generazione di iracheni che si divertiva con film di prima visione che andavano dalla serie di Indiana Jones a Batman. Il primo agosto prossimo il suo grande schermo si spegnerà per sempre. Il cinema, uno degli ultimi del suo genere, chiuderà dopo 38 anni. “Il cinema a Baghdad ed in Iraq è andato “via col vento” ha dichiarato il direttore del Samiramis, Saad Samir, usando un’espressione comune in Iraq che deriva dal classico del 1939 interpretato da Clark Gable. Il cinema da 1800 posti non è stato in grado di resistere alla violenza endemica, ad un coprifuoco che lo costringeva a chiudere alle tre di ogni pomeriggio, alla tendenza globale che fa preferire i DVD visti a casa.“Non speriamo neanche più che le cose possano migliorare” ha aggiunto Samir un mercoledì pomeriggio mentre 12 persone assistevano alla proiezione di una copia pirata di Spider Man 3. “Siamo molto tristi, ma non avevamo altra scelta.”I problemi del Samiramis iniziarono alla metà degli anni 90 quando un’ondata di copie pirata di film in Iraq ridussero drasticamente il numero degli spettatori, ha spiegato Samir. Col diminuire degli affari il cinema ha smesso di importare i film di prima visione americani perché non poteva permettersi di pagare spese di 20.000/25.000 $, ed ha cominciato a proiettare i DVD pirati. Il rovesciamento di Saddam Hussein nel 2003 non ha portato solo violenza, ha aggiunto Samir, ma anche un’epoca di immoralità. La maggior parte della dozzina di cinema di Baghdad ora proiettano film pornografici – proibiti sotto Saddam – mentre altri sono stati distrutti o semplicemente hanno chiuso.“Samiramis è l’unico cinema ancora decente a Baghdad” ha dichiarato Firas Hamdi, 27 anni, un ingegnere disoccupato, “la gente a cui piacevano i film americani ha lasciato il paese, e quella che è rimasta è senza istruzione o ha come principale interesse il sesso.”Nel cinema il numero massimo di spettatori è di 50 persone. “Molti vengono non per guardare il film ma per passare delle ore in un ambiente con aria condizionata” ha detto Samir in un giorno in cui la temperatura era di quasi 48°, la media per metà luglio, “alcuni vengono a fare un sonnellino.”Hamdi, infatti, è contento di aver pagato 2.40 $ di ingresso per sfuggire al calore del suo appartamento dove l’aria condizionata funziona per circa un’ora al giorno quando c’è elettricità, di essere “sfuggito al caos” e di poter vedere l’ultimo episodio di Spider Man:“spero sia un giorno calmo” ha detto “così potrò passare un po' di tempo in pace.”
Baghdad Blues
Di Kathleen McCaul, Baghdad Bullettin, 31 agosto 2003
Venerdì. Cinema “Le Stelle” in Sadun Street. Normalmente è il giorno da passare in famiglia o in moschea, ma la fiumana di uomini che entrano ed escono dal cinema ha scelto un luogo di incontro alternativo. Il cartellone del film è pittoresco. Dipinto a colori vivaci reclamizza un film italiano degli anni 70. All’interno della hall alcune foto tratte dal film sono appese a dei tabelloni. Ad osservarle è chiaro che non si tratta di un film romantico, ma di ciò che viene definito “film hard.” Dall’inizio dell’occupazione i molti cinema di Baghdad si sono riempiti, ma c’è una sola scelta: film pornografici. Sebbene si tratti nella maggior parte dei casi di film datati e casti se paragonati a ciò a cui si è abituati in occidente, si tratta di un fenomeno nuovo a Baghdad. “Saddam controllava tutti i film, ma l’assenza di un ministero dello spettacolo ha creato una situazione di anarchia" dice Ahmed Nadim, 76 anni, direttore per 44 anni del cinema Najaa, che si dichiara esperto di cinema e teatro.“Oggi si può vedere ogni tipo di film. Sebbene prima si proiettassero pochi film romantici non c’erano scene spinte, ora invece si tratta di puro sesso”Nadim è andato al cinema ed ha scritto recensioni sui film a Baghdad per quasi tutta la sua vita. Conserva ancora nel portafoglio un biglietto sbiadito del cinema Simbad che risale al 1948 ed è disgustato da ciò che viene proiettato oggi. “La qualità e lo spirito dei film cui sono abituato non esiste più, oggi non riesco più a vederli – la mia generazione non li accetta, è la generazione di Saddam.” Malgrado ciò, però, Nadim ammette di proiettare anche lui i film hard perchè è l’unico modo per poter guadagnare a Baghdad. "Il cinema Sameera Ramees è uno dei migliori di Baghdad, proiettava solo film adatti a tutti, ma non incassava più nulla, le famiglie non vanno più al cinema per ragioni di sicurezza, gli unici spettatori sono uomini” dice. Anche il rispettabile cinema Sameera Ramees è cambiato ora. Sebbene pubblicizzi solo film in voga, ad esempio American Pie 2, alle pareti le foto mostrano solo attrici turche ed italiane poco vestite per attirare l’avido pubblico.“E’ ancora un cinema per famiglie, il proprietario ha messo queste foto per attirare la gente” ha dichiarato Assam Abdul Karim un impiegato del cinema. La storia del cinema in Iraq riflette gli scossoni attraverso i quali il paese è passato. Nadim ricorda come gli inglesi fondarono il primo cinema quando occuparono il paese prima del 1920. A quello ne seguirono altri che proiettavano i film muti come quelli di Charlie Chaplin importati dall’estero. Negli anni 40 gli iracheni iniziarono a produrre i propri film, spesso di natura romantica, ma con la salita al potere del partito Baath nel 1968 lo stato iniziò a controllare l’industria del cinema commissionando film epici di argomento storico e politico. Il cinema in Iraq comunque continuò ad esistere per tutta la durata della guerra contro l’Iran. Faiz Taha Salam, docente all’Accademia di Belle Arti, fu il protagonista di tre grandi film degli anni 80 – “Amore e motocicletta” “Matrimonio iracheno” e “Il dilemma”. In quest’ultimo film, che trattava della lotta contro il dominio britannico negli anni 20, Salam recitò accanto ad una stella del cinema inglese, Oliver Reed, che faceva la parte di un ufficiale di Sua Maestà ucciso dalla folla in rivolta.“L’impatto della guerra ha cambiato il cinema in Iraq. I film erano diventati violenta propaganda militare, lontani dalla sofferenza della gente comune – spiritualmente vuoti secondo me –" dice Salam.
L’industria cinematografica crollò poi a causa delle sanzioni delle Nazioni Unite e la conseguente mancanza di fondi e di registi. Il pubblico si dovette rivolgere alla televisione, certo non un esempio artistico, secondo Salam. La televisione di stato, Shabab, nella maggior parte dei casi rubava i film di altre stazioni ed il compito di portare avanti la storia del cinema iracheno ricadde su chi viveva all’estero.
Saad Salman, un regista iracheno in esilio in Francia per trent’anni ritornò in incognito nel 2000 per girare un film sugli effetti del regime di Saddam. Le interviste comprendevano quelle ad una donna che aveva visto uccidere suo marito ed i suoi tre figli e quella ad un uomo depresso cui era stato tagliato un orecchio e non poteva portare gli occhiali. La granata usata come peso per vendere le patate, ed il cartello con la scritta “Benvenuti ad Helabja” mostravano l’orrore della sofferenza quotidiana. Il film, “Baghdad on and off” acclamato internazionalmente sebbene bandito in Francia fu proiettato per la prima volta in Iraq il 15 agosto (2003) all’Al-Awiyah Club, che sotto Saddam era un club per dirigenti. "Non sono mai stato così nervoso come per quella prima, ma sono rimasto sorpreso che la gente del cinema in Iraq ha capito ciò che intendevo” dice Salman. Sebbene il pubblico possa avere capito la sofferenza, lo stile documentaristico era però nuovo. Secondo Ahmid Hassa, un impiegato “Non era altro che una telecamera che si spostava da un posto all’altro.” “E’ un film rozzo perchè manca di bellezza, ma è realistico nel dialogo e nella storia” secondo Awatif Naim, una nota attrice irachena. La mancanza di familiarità con i documentari potrebbe però cessare a breve. Salman ha infatti deciso di produrre e finanziare documentari di 10 ore sull’Iraq.“Il progetto tratterà dei ricordi delle persone rimaste a lungo in silenzio – ed ogni documentario sarà diretto da un giovane iracheno” dice. Salman, che insegna ai giovani studenti di cinematografia, ha anche intenzione di istituire una fondazione che terrà seminari e corsi per i nuovi registi iracheni, ed ha grandi idee per il futuro. Secondo lui l’industria cinematografica ha un grande compito.“Abbiamo diverse strade davanti a noi. Dobbiamo trattare i casi sociali trascurati in passato, e dobbiamo girare film che mostrino la realtà politica nascosta dell’Iraq.” Sfortunatamente però i suoi studenti non sono ostacolati solo dalla mancanza di risorse e pratica, ma dalle loro stesse esperienze. “Il nostro compito è molto difficile perchè gli studenti hanno la mente ed il cuore feriti – siamo bloccati da un grande muro e dobbiamo scegliere la giusta finestra da cui guardare il sole che entra nelle nostre case e ci fa felici.”
Negli anni 70 ed 80 il cinema teatro Samiramis fu un punto di riferimento nel centro di Baghdad per un’intera generazione di iracheni che si divertiva con film di prima visione che andavano dalla serie di Indiana Jones a Batman. Il primo agosto prossimo il suo grande schermo si spegnerà per sempre. Il cinema, uno degli ultimi del suo genere, chiuderà dopo 38 anni. “Il cinema a Baghdad ed in Iraq è andato “via col vento” ha dichiarato il direttore del Samiramis, Saad Samir, usando un’espressione comune in Iraq che deriva dal classico del 1939 interpretato da Clark Gable. Il cinema da 1800 posti non è stato in grado di resistere alla violenza endemica, ad un coprifuoco che lo costringeva a chiudere alle tre di ogni pomeriggio, alla tendenza globale che fa preferire i DVD visti a casa.“Non speriamo neanche più che le cose possano migliorare” ha aggiunto Samir un mercoledì pomeriggio mentre 12 persone assistevano alla proiezione di una copia pirata di Spider Man 3. “Siamo molto tristi, ma non avevamo altra scelta.”I problemi del Samiramis iniziarono alla metà degli anni 90 quando un’ondata di copie pirata di film in Iraq ridussero drasticamente il numero degli spettatori, ha spiegato Samir. Col diminuire degli affari il cinema ha smesso di importare i film di prima visione americani perché non poteva permettersi di pagare spese di 20.000/25.000 $, ed ha cominciato a proiettare i DVD pirati. Il rovesciamento di Saddam Hussein nel 2003 non ha portato solo violenza, ha aggiunto Samir, ma anche un’epoca di immoralità. La maggior parte della dozzina di cinema di Baghdad ora proiettano film pornografici – proibiti sotto Saddam – mentre altri sono stati distrutti o semplicemente hanno chiuso.“Samiramis è l’unico cinema ancora decente a Baghdad” ha dichiarato Firas Hamdi, 27 anni, un ingegnere disoccupato, “la gente a cui piacevano i film americani ha lasciato il paese, e quella che è rimasta è senza istruzione o ha come principale interesse il sesso.”Nel cinema il numero massimo di spettatori è di 50 persone. “Molti vengono non per guardare il film ma per passare delle ore in un ambiente con aria condizionata” ha detto Samir in un giorno in cui la temperatura era di quasi 48°, la media per metà luglio, “alcuni vengono a fare un sonnellino.”Hamdi, infatti, è contento di aver pagato 2.40 $ di ingresso per sfuggire al calore del suo appartamento dove l’aria condizionata funziona per circa un’ora al giorno quando c’è elettricità, di essere “sfuggito al caos” e di poter vedere l’ultimo episodio di Spider Man:“spero sia un giorno calmo” ha detto “così potrò passare un po' di tempo in pace.”
Baghdad Blues
Di Kathleen McCaul, Baghdad Bullettin, 31 agosto 2003
Venerdì. Cinema “Le Stelle” in Sadun Street. Normalmente è il giorno da passare in famiglia o in moschea, ma la fiumana di uomini che entrano ed escono dal cinema ha scelto un luogo di incontro alternativo. Il cartellone del film è pittoresco. Dipinto a colori vivaci reclamizza un film italiano degli anni 70. All’interno della hall alcune foto tratte dal film sono appese a dei tabelloni. Ad osservarle è chiaro che non si tratta di un film romantico, ma di ciò che viene definito “film hard.” Dall’inizio dell’occupazione i molti cinema di Baghdad si sono riempiti, ma c’è una sola scelta: film pornografici. Sebbene si tratti nella maggior parte dei casi di film datati e casti se paragonati a ciò a cui si è abituati in occidente, si tratta di un fenomeno nuovo a Baghdad. “Saddam controllava tutti i film, ma l’assenza di un ministero dello spettacolo ha creato una situazione di anarchia" dice Ahmed Nadim, 76 anni, direttore per 44 anni del cinema Najaa, che si dichiara esperto di cinema e teatro.“Oggi si può vedere ogni tipo di film. Sebbene prima si proiettassero pochi film romantici non c’erano scene spinte, ora invece si tratta di puro sesso”Nadim è andato al cinema ed ha scritto recensioni sui film a Baghdad per quasi tutta la sua vita. Conserva ancora nel portafoglio un biglietto sbiadito del cinema Simbad che risale al 1948 ed è disgustato da ciò che viene proiettato oggi. “La qualità e lo spirito dei film cui sono abituato non esiste più, oggi non riesco più a vederli – la mia generazione non li accetta, è la generazione di Saddam.” Malgrado ciò, però, Nadim ammette di proiettare anche lui i film hard perchè è l’unico modo per poter guadagnare a Baghdad. "Il cinema Sameera Ramees è uno dei migliori di Baghdad, proiettava solo film adatti a tutti, ma non incassava più nulla, le famiglie non vanno più al cinema per ragioni di sicurezza, gli unici spettatori sono uomini” dice. Anche il rispettabile cinema Sameera Ramees è cambiato ora. Sebbene pubblicizzi solo film in voga, ad esempio American Pie 2, alle pareti le foto mostrano solo attrici turche ed italiane poco vestite per attirare l’avido pubblico.“E’ ancora un cinema per famiglie, il proprietario ha messo queste foto per attirare la gente” ha dichiarato Assam Abdul Karim un impiegato del cinema. La storia del cinema in Iraq riflette gli scossoni attraverso i quali il paese è passato. Nadim ricorda come gli inglesi fondarono il primo cinema quando occuparono il paese prima del 1920. A quello ne seguirono altri che proiettavano i film muti come quelli di Charlie Chaplin importati dall’estero. Negli anni 40 gli iracheni iniziarono a produrre i propri film, spesso di natura romantica, ma con la salita al potere del partito Baath nel 1968 lo stato iniziò a controllare l’industria del cinema commissionando film epici di argomento storico e politico. Il cinema in Iraq comunque continuò ad esistere per tutta la durata della guerra contro l’Iran. Faiz Taha Salam, docente all’Accademia di Belle Arti, fu il protagonista di tre grandi film degli anni 80 – “Amore e motocicletta” “Matrimonio iracheno” e “Il dilemma”. In quest’ultimo film, che trattava della lotta contro il dominio britannico negli anni 20, Salam recitò accanto ad una stella del cinema inglese, Oliver Reed, che faceva la parte di un ufficiale di Sua Maestà ucciso dalla folla in rivolta.“L’impatto della guerra ha cambiato il cinema in Iraq. I film erano diventati violenta propaganda militare, lontani dalla sofferenza della gente comune – spiritualmente vuoti secondo me –" dice Salam.
L’industria cinematografica crollò poi a causa delle sanzioni delle Nazioni Unite e la conseguente mancanza di fondi e di registi. Il pubblico si dovette rivolgere alla televisione, certo non un esempio artistico, secondo Salam. La televisione di stato, Shabab, nella maggior parte dei casi rubava i film di altre stazioni ed il compito di portare avanti la storia del cinema iracheno ricadde su chi viveva all’estero.
Saad Salman, un regista iracheno in esilio in Francia per trent’anni ritornò in incognito nel 2000 per girare un film sugli effetti del regime di Saddam. Le interviste comprendevano quelle ad una donna che aveva visto uccidere suo marito ed i suoi tre figli e quella ad un uomo depresso cui era stato tagliato un orecchio e non poteva portare gli occhiali. La granata usata come peso per vendere le patate, ed il cartello con la scritta “Benvenuti ad Helabja” mostravano l’orrore della sofferenza quotidiana. Il film, “Baghdad on and off” acclamato internazionalmente sebbene bandito in Francia fu proiettato per la prima volta in Iraq il 15 agosto (2003) all’Al-Awiyah Club, che sotto Saddam era un club per dirigenti. "Non sono mai stato così nervoso come per quella prima, ma sono rimasto sorpreso che la gente del cinema in Iraq ha capito ciò che intendevo” dice Salman. Sebbene il pubblico possa avere capito la sofferenza, lo stile documentaristico era però nuovo. Secondo Ahmid Hassa, un impiegato “Non era altro che una telecamera che si spostava da un posto all’altro.” “E’ un film rozzo perchè manca di bellezza, ma è realistico nel dialogo e nella storia” secondo Awatif Naim, una nota attrice irachena. La mancanza di familiarità con i documentari potrebbe però cessare a breve. Salman ha infatti deciso di produrre e finanziare documentari di 10 ore sull’Iraq.“Il progetto tratterà dei ricordi delle persone rimaste a lungo in silenzio – ed ogni documentario sarà diretto da un giovane iracheno” dice. Salman, che insegna ai giovani studenti di cinematografia, ha anche intenzione di istituire una fondazione che terrà seminari e corsi per i nuovi registi iracheni, ed ha grandi idee per il futuro. Secondo lui l’industria cinematografica ha un grande compito.“Abbiamo diverse strade davanti a noi. Dobbiamo trattare i casi sociali trascurati in passato, e dobbiamo girare film che mostrino la realtà politica nascosta dell’Iraq.” Sfortunatamente però i suoi studenti non sono ostacolati solo dalla mancanza di risorse e pratica, ma dalle loro stesse esperienze. “Il nostro compito è molto difficile perchè gli studenti hanno la mente ed il cuore feriti – siamo bloccati da un grande muro e dobbiamo scegliere la giusta finestra da cui guardare il sole che entra nelle nostre case e ci fa felici.”