"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 ottobre 2016

Forze irachene verso Mosul. Cristiani pronti a tornare


Decine di raid aerei della coalizione a guida Usa appoggiano l’offensiva su larga scala delle milizie peshmerga e delle forze speciali di Baghdad verso Mosul. Il premier iracheno Abadi ha affermato che le operazioni "procedono più rapidamente del previsto". Mentre da Parigi il ministero degli Esteri iracheno ha definito la battaglia contro il Califfato una guerra mondiale. E per l’omologo francese Ayrault gli scontri sono destinati ad intensificarsi. Ma intanto fra gli sfollati cristiani, fuggiti due anni fa dalla Piana di Ninive, cresce  la speranza di tornare nei propri villaggi, come riferisce al microfono di Marco Guerra, l’inviato del Corriere della Sera ad Erbil, Lorenzo Cremonesi:
Per loro è un po’ la realizzazione di un sogno! Vennero espulsi con la forza, con il terrore, con la violenza nel giugno 2014: veramente, fuga di notte in pigiama! Ricordo ancora quando ero qui a Erbil, li accoglievamo ai posti di blocco, storie incredibili di gente che veniva depredata dai guerriglieri di tutto, letteralmente: degli anelli, delle collane … la gente era veramente spogliata di tutto e arrivava praticamente nuda, qui, nelle zone curde. Quindi per loro è – come dicevo – la realizzazione di un sogno.
Che notizie si hanno delle località ancora sotto il controllo del sedicente Stato Islamico?

Naturalmente, da qui poi c’è la realtà, e la realtà è quella di una terra bruciata, di Paesi devastati, di chiese non solo dissacrate ma spesso trasformate in moschee, se non bruciate; di croci abbattute nei cimiteri, di antichissimi monasteri … qui siamo … è una cosa che forse non è mai ripetuta abbastanza: qui, nella zona di Ninive, a Nordest, siamo nel cuore pulsante della storia del primo cristianesimo, delle prime Chiese cristiane in Medio Oriente! Siamo tra le madri delle grandi Chiese mondiali! Quindi, testimonianze antichissime di un’evangelizzazione veramente dei primi secoli della Storia della Cristianità, e questo loro lo sanno e questa è anche parte del dramma degli intellettuali, dei vescovi, dei Padri della Chiesa, dei sacerdoti locali che vedono un patrimonio di cultura, tradizioni e storie venire devastato se non perduto. E quindi (ne parlavo ieri qui, nel piccolo campo profughi – che poi, la maggioranza dei cristiani in questo momento non è più nei campi ma è in case: qui c’è stata una grande mobilitazione delle Chiese internazionali, delle associazioni cristiane a favore dei correligionari) tra un terzo e la metà dei circa 150 mila cristiani che sono fuggiti, che abitavano tra Mosul e Ninive e che sono fuggiti nelle zone curde, sono partiti. Qui la grande maggioranza spera di tornare alle proprie case.

A tal proposito, la popolazione sfollata come si sta organizzando a rientrare nei suoi villaggi, nelle sue case in queste località?

Sono state create piccole commissioni; io ho parlato con questo padre Paolo Thabit Mekko che è uno dei cristiani, dei latini, del caldei – quindi latino, che fa capo alla Chiesa di Roma – il quale mi ha raccontato che hanno creato delle commissioni, anche qui nella zona di Erbil, che si occupano proprio del ripristino dei villaggi. Loro si rendono conto che i villaggi sono devastati: cioè, non è solo un problema di case, di chiese e di cimiteri e di monasteri; è un problema proprio di abitazioni, di rete elettrica distrutta, di rete idrica, di infrastrutture e quindi ci vogliono soldi, tanti soldi. Che loro non hanno e che però saranno necessari per rendere abitabili questi luoghi.

Sul terreno, cosa sta succedendo, parlando più in generale? Cosa vedi?

Ma la preparazione ormai non c’è più: siamo in piena battaglia. Si passa da momenti di euforia, cioè dichiarazioni altisonanti – “siamo arrivati”, “stiamo entrando” – a invece un realismo molto più sobrio, e cioè ci si rende conto che in realtà ci vorranno mesi: la battaglia vera non è neanche appena incominciata! Stiamo proprio ai preludi. E quindi in questo momento si sta combattendo non a Mosul, ma nei villaggi attorno: si vede, tra l’altro, dove si trova la maggioranza dei villaggi cristiani. Le difficoltà sono enormi, ma le difficoltà cresceranno. Oggi, tra l’altro – questa notte – è incominciata una seconda offensiva, dopo quella lanciata lunedì scorso; offensiva – tra l’altro – che investe due villaggi cristiani, che sono uno Teleskof e un altro Bartalla. Le truppe sono bene addestrate, sono la “Golden Brigade”, la brigata dorata irachena, le truppe scelte mandate da Baghdad, che hanno il compito – almeno loro dicono – di evitare scontri settari: uno dei grossi problemi è questo scontro tra sciiti e sunniti, cioè la popolazione sunnita di Mosul teme sia i peshmerga curdi ma soprattutto le brigate sciite.