Noi siamo la chiesa del mistero pasquale, la sua storia è di martiri e monaci
Card.Louis Raphael Sako
Domenica prossima, 14 febbraio 2021 (in pratica lunedì 15) inizia nella nostra chiesa caldea il Domenica prossima, 14 febbraio 2021 (in pratica lunedì 15) inizia nella nostra chiesa caldea il tempo del grande digiuno. E il digiuno è un’occasione per trovare uno spazio ‘interiore’ per muoversi in esso liberamente, nonostante le nostre occupazioni e le circostanze attuali della pandemia del coronavirus. Questa Quaresima dovrebbe permetterci di dedicare più tempo al digiuno, alla preghiera, alla meditazione della parola di Dio e al servizio dei più poveri. Può aprire la strada al rinnovamento spirituale e sociale, cioè alla riconciliazione con noi stessi e con la società.
Nel nostro cammino cristiano durante il tempo del digiuno, e fuori del tempo del digiuno, la priorità è mettere Dio nel centro della nostra vita, e rivolgerci interamente al mistero “della morte e risurrezione di Cristo” che è fondamentale nella nostra fede, e ha una grande importanza nella nostra vita.
In queste circostanze difficili che stiamo attraversando, la nostra fede nel mistero pasquale ci porta a vedere oltre ciò che si vede. Come dice san Paolo: “E il nostro sguardo non è attaccato a ciò che si vede, ma a ciò che non si vede; ciò che si vede è temporaneo, ma ciò che non si vede è eterno. »(2 Cor 4:18). Il mistero pasquale ci trasporta dalle tenebre della sofferenza, della fragilità e della morte alla luce della risurrezione e della vita. Riempie i nostri cuori di consolazione, gioia e forza per andare avanti. È una luce che accogliamo con fervore, che seguiamo con fede e che portiamo agli altri con amore e zelo, come ha ricordato Papa Francesco nei suoi voti alle Chiese orientali il 6 gennaio 2021, secondo il calendario giuliano.
Cari fratelli e sorelle,
Cristo ha sperimentato il dolore, la fatica e la morte, ma alla fine è risorto. Vuole che noi accogliamo questa speranza, tramite la nostra partecipazione a questo mistero pasquale nelle nostre situazioni, per poter risorgere con Lui alla vita eterna.
La nostra chiesa caldea “la chiesa dell’Oriente” non ha nessuna bellezza esterna, non essendo mai stata sul podio del governo, ossia non essendo mai stata la religione dello stato; la sua bellezza è nella sua eredità spirituale, liturgica e nella sua fedeltà alla fede fino al martirio. La sua storia è di martiri e monaci.
La nostra chiesa oggi è sparsa nel mondo: in Iraq, la nostra patria storica in cui siamo cittadini, e non stranieri, in Iran, Turchia, Siria, Libano, Egitto, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, e in Europa. Abbiamo affrontato culture e lingue nuove, con la sfida di conservare il legame con la nostra chiesa madre, e la necessità dell’apertura e della diversità, partendo dalla relazione con Cristo-capo e con la chiesa universale.
Ogni caldeo, ovunque si trovi, deve sentire che la chiesa caldea è la sua identità e la sua casa, in essa egli ha ruoli propri, ispirandosi alla ricca eredità spirituale dei nostri padri. Per questo è necessario che ci sosteniamo, ognuno nel suo ruolo, e agiamo con lo spirito di un unico gruppo, per poter superare le difficoltà e fare esperienza in modo profondo della gioia di essere nella chiesa, corpo mistico di Cristo, e di essere partecipi alla sua vita.
A noi, Vescovi e sacerdoti, spetta il dovere di prenderci cura del popolo di Dio, a noi affidato, con fedeltà completa e dedizione piena, e di assumerci le nostre responsabilità per rafforzare la fede e conservare la nostra originalità, tornando alle radici specifiche, lontani da ciò che è retaggio errato e idee stereotipe, per svegliare la speranza nel cuore dell’uomo tramite l’aggiornamento attivo della liturgia, dell’omiletica, della catechesi,della giustizia sociale e rispondere alle domande che le persone chiedono e ai loro bisogni se possibile. Certo la chiesa non è uno stato.
La nostra fede nella risurrezione ci riempie di gioia, di stupore, ci dona la forza per purificare il cuore, per uscire dalla chiusura in se stessi, dalle nostre inquietudini e paure, e vivere nelle situazioni dolorose con speranza, serenità e pace. La luce della pasqua ci sprona a intraprendere la nostra missione, come hanno fatto i nostri padri lungo la storia. Ricordiamoci di quello cha ha detto una volta Gesù: “Non abbiate paura”. Egli non ci lascia soli; la luce della sua pasqua scaccia le tenebre e allarga i nostri orizzonti tramite persone nuove che incontriamo e avvenimenti inattesi che ci capitano. Però questo richiede una maturità spirituale.
Riguardo alla nostra patria, l’Iraq, ricordiamoci che noi siamo partecipi della costruzione del suo futuro. Gli iracheni hanno sopportato difficoltà e dolori penosi a causa della crisi politica, economica, sociale, sanitaria, causata dall’epidemia del coronavirus.
Il mistero pasquale è un movimento verso Dio e verso l’uomo. Da questa visione i cristiani hanno un ruolo importante per rafforzare la fratellanza, impegnandosi con gli altri cittadini per costruire uno stato democratico civile moderno che assicuri la prevalenza della legge, applicando la giustizia e l’uguaglianza di tutti, senza guardare all’appartenenza religiosa e etnica, uno stato che rispetti la diversità e salvaguardi l’unità, mantenendosi lontano da qualsiasi movimento o politica non confacente ai suoi interessi.
Chiedo al Signore che riempia con la sua luce tutti i cuori e le menti, e che protegga la nostra chiesa e il nostro paese, affinché godano della pace, della sicurezza e della prosperità, e che ponga fine alla pandemia mondiale del coronavirus, guarendo tutti quelli che ne sono stati contagiati.
Preghiamo anche affinché la visita del Papa Francesco sia un segno sensibile e concreto per rafforzare i denominatori comuni tra gli iracheni, e sia uno stimolo per la solidarietà fraterna, per realizzare la riconciliazione nazionale, la pace, la stabilita, la protezione della vita dei cittadini, dei loro diritti e della loro dignità.