Fulvio Scaglione
James Woolsey, 75 anni, è repubblicano ma è stato vice-ministro della Marina con Billy Carter e direttore della Cia con Bill Clinton. Poi è rispuntato nel ruolo di consigliere per la Sicurezza Nazionale nella campagna elettorale di Donald Trump
 e ora è in lizza per la carica di ministro della Difesa nel governo che
 il nuovo Presidente si appresta a formare. La sua, dunque, non è voce 
da poco. Colpisce quindi sentirgli dire che contro l’Isis, in Iraq e in 
Siria, occorre intensificare gli sforzi e, se e dove necessario, inviare
 truppe sul terreno.
La nuova ricetta colpisce per due ragioni. La prima è che va nella direzione esattamente opposta
 a quella che dal 2014, cioè dal’irruzione dell’Isis in Iraq con la 
conseguente proclamazione del Califfato di Al Baghdadi, è stata 
applicata dall’amministrazione Obama, convinta che bastassero i bombardamenti
 per fiaccare i miliziani. In questo lasso di tempo l’Isis ha massacrato
 decine di migliaia di innocenti e depredato le risorse di un terzo 
del’Iraq e di metà della Siria, senza che il duo Obama-Clinton battesse 
ciglio. E le uniche vere vittorie militari sul Califfato, a Fallujah e forse ora a Mosul, come peraltro in Siria, sono state ottenute laddove, appunto, sono state impiegate truppe di terra,
 fossero quelle dell’esercito iracheno, dei peshmerga curdi, dei 
miliziani sciiti addestrati dall’Iran in Iraq o dell’esercito regolare 
di Assad.
La seconda ragione per cui le parole di Woolsey colpiscono è questa: 
riflettono al millimetro quanto da più di due anni tutti gli esponenti 
delle comunità cristiane del Medio Oriente, soprattutto
 quelle di Iraq e Siria, ripetono. Già a quel’epoca, per esempio, Sua 
Beatitudine Louis Raphael I Sako, patriarca della Chiesa cattolica 
caldea irachena, supplicava la coalizione americo-saudita di cambiare 
strategia, convinto che l’Isis non sarebbe mai stato sconfitto con i 
soli bombardamenti. E infatti: dopo migliaia di incursioni aeree, siamo 
ancora a chiederci quando ri-prenderemo Mosul, mentre andiamo scoprendo 
sempre nuove fosse comuni di civili innocenti.
Ma la ragione per cui non si è mai dato 
retta ai cristiani mediorientali, con regola ferrea oscurati dai grandi 
media tradizionali, è resa chiarissima proprio da questo cambio di 
strategia legato al cambio di Presidente negli Usa. Obama voleva abbattere Assad
 e quindi anche l’Isis, creatura delle monarchie petrolifere del golfo 
Persico tradizionali alleate degli Usa, poteva tornar utile allo scopo. 
Trump vuole abbattere l’Isis e sconfiggere il terrorismo, quindi anche 
Assad, per non parlare di Putin, può tornar utile. Alla gente del Medio 
Oriente la sentenza, peraltro già emessa da tempo, su quale 
atteggiamento a essa convenga.