I fronti caldi come l’Iraq e la Siria, le piazze “storiche” come il
Pakistan, ma anche stati impenetrabili e inespugnabili come la Corea del
Nord dove le donne vengono uccise per il solo possesso di una Bibbia.
E’ il quadro drammatico in cui si staglia l’inchiesta di Marta
Petrosillo che ha pubblicato con la Nuova BQ il libro “Perseguiteranno anche voi” che ieri è stato presentato ai deputati nella cornice della Sala stampa della Camera.
L’iniziativa, voluta da Paola Binetti aveva come
scopo principale la sensibilizzazione dell’organo legislativo sulla
tragedia che vivono nel mondo milioni di cristiani perseguitati per la
loro fede e presentare alla ripresa dell’attività politica parlamentare
la petizione di Aiuto alla Chiesa che soffre, firmata già da un
centinaio di deputati, sul riconoscimento del genocidio dei cristiani in
Medio Oriente. E proprio sul riconoscimento del genocidio, che non è
stato ancora preso in considerazione dalle grandi potenze, si è speso
uno degli ospiti dell’evento.
“Ritengo indispensabile che si arrivi al riconoscimento
del genocidio che è un atto nei nostri Paesi”, ha detto padre Rebwar
Basa, sacerdote della diocesi di Erbil, in Iraq, uno dei fronti più
caldi della persecuzione in atto da parte delle milizie di Daesh. Basa,
nel corso della presentazione, ha ricordato come a Mosul sia stata messa
in campo una persecuzione sistematica e pianificata. Una persecuzione
che si è imposta prima obbligando le minoranze cristiane ad abbandonare
il Paese oppure a convertirsi, ma che poi è proseguita con un sistema
scientifico di uccisioni, arrivate spesso dopo minacce, come il caso del
vescovo di Mosul, mons. Paulos Faraj Rahho, ucciso nel 2008, che
ricevette ben 10 lettere minatorie. Da quel giorno a Mosul è stata una
tragedia continua: hanno ucciso i sacerdoti, rapito i fedeli e distrutto
delle chiese.
L’evento è stato seguito anche da Radio Vaticana che al termine ha rivolto alcune domande all’autrice.
“Senza dubbio l’identificazione dei cristiani con
l’Occidente in molti Paesi a maggioranza islamica, dove tra l’altro vi
sono state recentemente anche guerre da parte di potenze occidentali,
che sono viste molto spesso dalle società locali come delle vere e
proprie invasioni, è un fattore fondamentale. Ma non vi è soltanto
questo perché i cristiani sono minoranza e in molti Paesi.
Paradossalmente, poi, i valori cristiani rendono i cristiani
maggiormente vulnerabili. Una volta un ragazzo di Baghdad mi ha detto:
“Loro sanno precisamente che noi non ci vendicheremo mai e quindi questa
nostra disponibilità al perdono ci rende ovviamente più vulnerabili”,
ha detto la Petrosillo che ha insistito sulla prima azione da compiere
per arrestare la persecuzione: “Prendere consapevolezza, perché
solamente conoscendo la realtà si può passare ad intraprendere azioni
che ovviamente devono essere sostenute dai nostri governi”.
Molta attenzione è stata posta sulla doppia persecuzione
nei confronti delle donne che sono fatte oggetto anche di stupri
ripetuti o convertite forzatamente. In Sudan, ad esempio, alcune donne
sono state frustate solamente perché indossavano una gonna ritenuta
troppo corta, anche se non erano tenute a sottostare al codice di
abbigliamento islamico.
Ma non ci sono solo il Medio Oriente o l’Africa come fronti caldi.
C’è anche il Pakistan. Ieri a Roma era presente anche Joseph Coutts,
arcivescovo di Karachi, che ha ricordato le persecuzioni messe in atto
in base alla legge sulla blasfemia, come ci ricorda il caso di Asia
Bibi, ancora in carcere per un’accusa di blasfemia tanto mai provata
quanto insussistente.
La situazione dei cristiani nei paesi del Medio Oriente
è testimoniata anche dai tanti missionari che hanno scelto di restare
in guerra per continuare la loro vocazione, consapevoli che potrebbe
portare al martirio. E’ il caso di suor Fortezza, una religiosa di una
congregazione italiana, che ci chiede di restare anonima. Suor Fortezza è
ad Aleppo in Siria da 40 anni e ha potuto vedere con i suoi occhi i
drastici cambiamenti che il Paese, una delle culle del cristianesimo, ha
subito negli ultimi anni di conflitto. Suor Fortezza gestisce un
ospedale ad Aleppo, la Nuova BQ ha raccolto la sua testimonianza.
"Questa nostra bella città è divisa drammaticamente in due.
La parte orientale è sotto il controllo dei terroristi dell’Isis che
obbliga i poveri cittadini lì rimasti alla shari’ah più opprimente. Non
sono mancati neanche da noi bombardamenti, ma sono stati tutti
neutralizzati dalla mano Divina. Posso testimoniare proprio questo: la
nostra fede in queste circostanze si rafforza, lo dico con cuore
stretto, piangente, con le lacrime agli occhi, perché di fronte al male
si acquisisce sempre più la certezza, che esso non prevarrà mai, così
come è successo a nostro Signore Gesù Cristo. Nell’Ospedale avevamo
cinquanta medici, ne sono rimasti solo venti. Anche loro come molti
altri hanno cercato e cercano di fuggire, esponendosi troppo spesso a
rischi, talvolta più gravi del rimanere sotto le bombe”.