By Sala Stampa Santa Sede
Cari fratelli e sorelle,
vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro di riflessione e di condivisione sull’opera della Chiesa nel contesto della crisi siriana e irachena. Saluto voi tutti, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. In particolare, desidero salutare il Signor Staffan de Mistura, Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria, che ringrazio per la sua presenza. A Mons. Dal Toso e al Pontificio Consiglio Cor Unum esprimo il mio grato apprezzamento per il sostegno attento ed efficace a quanto la Chiesa va compiendo per cercare di lenire le sofferenze di milioni di vittime di questi conflitti. In tal senso vorrei sottolineare l’importanza di una rinnovata collaborazione a tutti i livelli tra i diversi soggetti che operano in questo settore.
A un anno di distanza dal nostro ultimo incontro, dobbiamo constatare con grande tristezza che, nonostante i molti sforzi prodigati in vari ambiti, la logica delle armi e della sopraffazione, gli interessi oscuri e la violenza continuano a devastare questi Paesi e che, fino ad ora, non si è saputo porre fine alle estenuanti sofferenze e alle continue violazioni dei diritti umani. Le conseguenze drammatiche della crisi sono ormai visibili ben oltre i confini della regione. Ne è espressione il grave fenomeno migratorio.
La violenza genera violenza e abbiamo l’impressione di trovarci avvolti in una spirale di prepotenza e di inerzia da cui non sembra esserci scampo. Questo male che attanaglia coscienza e volontà ci deve interrogare. Perché l’uomo, anche al prezzo di danni incalcolabili alle persone, al patrimonio e all’ambiente, continua a perseguire le prevaricazioni, le vendette, le violenze? Pensiamo al recente attacco contro un convoglio umanitario dell’ONU… È l’esperienza di quel mysterium iniquitatis, di quel male che è presente nell’uomo e nella storia e ha bisogno di essere redento. Distruggere per distruggere. Perciò, in questo Anno nel quale più intensamente fissiamo lo sguardo su Cristo, Misericordia incarnata che ha vinto il peccato e la morte, mi tornano alla mente queste parole di San Giovanni Paolo II: «Il limite imposto al male, di cui l’uomo è artefice e vittima, è in definitiva la Divina Misericordia» (Memoria e identità, p. 70). E’ l’unico limite. Sì, la risposta al dramma del male si trova nel mistero di Cristo.
Guardando ai tantissimi volti sofferenti, in Siria, in Iraq e nei Paesi vicini e lontani dove milioni di profughi sono costretti a cercare rifugio e protezione, la Chiesa scorge il volto del suo Signore durante la Passione.
Il lavoro di quanti, come voi che rappresentate tanti operatori sul campo, sono impegnati ad aiutare queste persone e a salvaguardarne la dignità è certamente un riflesso della misericordia di Dio e, in quanto tale, un segno che il male ha un limite e che non ha l’ultima parola. È un segno di grande speranza, per il quale voglio ringraziare, insieme con voi, tante persone anonime – ma non per Dio! – le quali, specialmente in questo anno giubilare, pregano e intercedono in silenzio per le vittime dei conflitti, soprattutto per i bambini e i più deboli, e così sostengono anche il vostro lavoro. Ad Aleppo, i bambini devono bere l’acqua inquinata!
Al di là dei necessari aiuti umanitari, ciò che oggi i nostri fratelli e sorelle della Siria e dell’Iraq desiderano più di tutto è la pace. Non mi stanco perciò di chiedere alla comunità internazionale maggiori e rinnovati sforzi per giungere alla pace in tutto il Medio Oriente e di chiedere di non guardare dall’altra parte.
Porre fine al conflitto è anche nelle mani dell’uomo: ognuno di noi può e deve farsi costruttore di pace, perché ogni situazione di violenza e ingiustizia è una ferita al corpo dell’intera famiglia umana.
La mia richiesta si fa preghiera quotidiana a Dio di ispirare le menti e i cuori di quanti hanno responsabilità politiche, affinché sappiano rinunciare agli interessi parziali per raggiungere il bene più grande: la pace.
Questo incontro mi dà, in tale prospettiva, l’opportunità di ringraziare e di incoraggiare le istanze internazionali, in particolare le Nazioni Unite, per il lavoro di sostegno e di mediazione presso i diversi Governi, affinché si concordi la fine del conflitto e si ponga finalmente al primo posto il bene delle popolazioni inermi. È una strada che dobbiamo percorrere insieme con pazienza e perseveranza, ma anche con urgenza, e la Chiesa non mancherà di continuare a dare il suo contributo.
Infine il mio pensiero va alle comunità cristiane del Medio Oriente, che soffrono le conseguenze della violenza e guardano con timore al futuro. In mezzo a tanta oscurità, queste Chiese tengono alta la lampada della fede, della speranza e della carità. Aiutando con coraggio e senza discriminazioni quanti soffrono e lavorano per la pace e la coesistenza, i cristiani mediorientali sono oggi segno concreto della misericordia di Dio. Ad essi va l’ammirazione, la riconoscenza e il sostegno della Chiesa universale.
Affido queste comunità e quanti operano al servizio delle vittime di questa crisi all’intercessione di Santa Teresa di Calcutta, modello di carità e di misericordia.
Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. E grazie, molte grazie per quello che voi fate. Molte grazie!
Cari fratelli e sorelle,
vi ringrazio per la vostra partecipazione a questo incontro di riflessione e di condivisione sull’opera della Chiesa nel contesto della crisi siriana e irachena. Saluto voi tutti, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. In particolare, desidero salutare il Signor Staffan de Mistura, Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Siria, che ringrazio per la sua presenza. A Mons. Dal Toso e al Pontificio Consiglio Cor Unum esprimo il mio grato apprezzamento per il sostegno attento ed efficace a quanto la Chiesa va compiendo per cercare di lenire le sofferenze di milioni di vittime di questi conflitti. In tal senso vorrei sottolineare l’importanza di una rinnovata collaborazione a tutti i livelli tra i diversi soggetti che operano in questo settore.
A un anno di distanza dal nostro ultimo incontro, dobbiamo constatare con grande tristezza che, nonostante i molti sforzi prodigati in vari ambiti, la logica delle armi e della sopraffazione, gli interessi oscuri e la violenza continuano a devastare questi Paesi e che, fino ad ora, non si è saputo porre fine alle estenuanti sofferenze e alle continue violazioni dei diritti umani. Le conseguenze drammatiche della crisi sono ormai visibili ben oltre i confini della regione. Ne è espressione il grave fenomeno migratorio.
La violenza genera violenza e abbiamo l’impressione di trovarci avvolti in una spirale di prepotenza e di inerzia da cui non sembra esserci scampo. Questo male che attanaglia coscienza e volontà ci deve interrogare. Perché l’uomo, anche al prezzo di danni incalcolabili alle persone, al patrimonio e all’ambiente, continua a perseguire le prevaricazioni, le vendette, le violenze? Pensiamo al recente attacco contro un convoglio umanitario dell’ONU… È l’esperienza di quel mysterium iniquitatis, di quel male che è presente nell’uomo e nella storia e ha bisogno di essere redento. Distruggere per distruggere. Perciò, in questo Anno nel quale più intensamente fissiamo lo sguardo su Cristo, Misericordia incarnata che ha vinto il peccato e la morte, mi tornano alla mente queste parole di San Giovanni Paolo II: «Il limite imposto al male, di cui l’uomo è artefice e vittima, è in definitiva la Divina Misericordia» (Memoria e identità, p. 70). E’ l’unico limite. Sì, la risposta al dramma del male si trova nel mistero di Cristo.
Guardando ai tantissimi volti sofferenti, in Siria, in Iraq e nei Paesi vicini e lontani dove milioni di profughi sono costretti a cercare rifugio e protezione, la Chiesa scorge il volto del suo Signore durante la Passione.
Il lavoro di quanti, come voi che rappresentate tanti operatori sul campo, sono impegnati ad aiutare queste persone e a salvaguardarne la dignità è certamente un riflesso della misericordia di Dio e, in quanto tale, un segno che il male ha un limite e che non ha l’ultima parola. È un segno di grande speranza, per il quale voglio ringraziare, insieme con voi, tante persone anonime – ma non per Dio! – le quali, specialmente in questo anno giubilare, pregano e intercedono in silenzio per le vittime dei conflitti, soprattutto per i bambini e i più deboli, e così sostengono anche il vostro lavoro. Ad Aleppo, i bambini devono bere l’acqua inquinata!
Al di là dei necessari aiuti umanitari, ciò che oggi i nostri fratelli e sorelle della Siria e dell’Iraq desiderano più di tutto è la pace. Non mi stanco perciò di chiedere alla comunità internazionale maggiori e rinnovati sforzi per giungere alla pace in tutto il Medio Oriente e di chiedere di non guardare dall’altra parte.
Porre fine al conflitto è anche nelle mani dell’uomo: ognuno di noi può e deve farsi costruttore di pace, perché ogni situazione di violenza e ingiustizia è una ferita al corpo dell’intera famiglia umana.
La mia richiesta si fa preghiera quotidiana a Dio di ispirare le menti e i cuori di quanti hanno responsabilità politiche, affinché sappiano rinunciare agli interessi parziali per raggiungere il bene più grande: la pace.
Questo incontro mi dà, in tale prospettiva, l’opportunità di ringraziare e di incoraggiare le istanze internazionali, in particolare le Nazioni Unite, per il lavoro di sostegno e di mediazione presso i diversi Governi, affinché si concordi la fine del conflitto e si ponga finalmente al primo posto il bene delle popolazioni inermi. È una strada che dobbiamo percorrere insieme con pazienza e perseveranza, ma anche con urgenza, e la Chiesa non mancherà di continuare a dare il suo contributo.
Infine il mio pensiero va alle comunità cristiane del Medio Oriente, che soffrono le conseguenze della violenza e guardano con timore al futuro. In mezzo a tanta oscurità, queste Chiese tengono alta la lampada della fede, della speranza e della carità. Aiutando con coraggio e senza discriminazioni quanti soffrono e lavorano per la pace e la coesistenza, i cristiani mediorientali sono oggi segno concreto della misericordia di Dio. Ad essi va l’ammirazione, la riconoscenza e il sostegno della Chiesa universale.
Affido queste comunità e quanti operano al servizio delle vittime di questa crisi all’intercessione di Santa Teresa di Calcutta, modello di carità e di misericordia.
Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. E grazie, molte grazie per quello che voi fate. Molte grazie!