By Asia News
Ricostruire case, chiese, ospedali può essere fonte di
“soddisfazione” per una vita che torna alla normalità dopo le
devastazioni compiute dallo Stato islamico; tuttavia, prima ancora di
ricostruire è essenziale compiere una “opera di sminamento”. È quanto
afferma il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako, in una lettera-appello -
inviata ad AsiaNews - in cui chiede di lavorare “passo dopo passo […]
ricostruendo dopo aver bonificato”, per poter tornare “un giorno” a
“vivere qui, nelle nostre case”.
Ancora oggi, a oltre due anni dalla presa di Mosul e di parte
della piana di Ninive delle milizie dello SI e alla vigilia di una
imponente operazione dell’esercito irakeno contro i jihadisti dall’area,
risulta “difficile sapere in quale condizione verseranno i villaggi”
dopo la liberazione. Certo sarà necessario ricostruire case e
infrastrutture, avverte il primate caldeo, ma “prima di tornare per
restituire nuova vita alle nostre care e benamate città” sarà necessario
“rimuovere un grande ostacolo. Questo ostacolo è un nemico subdolo,
nascosto sotto la terra e alle volte anche negli stessi oggetti di uso
quotidiano”.
“Oggi - conclude mar Sako - dobbiamo affrontare in modo serio il
dopo Daesh e pianificare il ritorno alla vita di questa piana fertile, e
antica”.
Ecco, di seguito, la lettera-appello del Patriarca caldeo inviata ad AsiaNews:
In questi giorni diversi giornali parlano dei preparativi della
battaglia di Mosul; tuttavia, alla conclusione dei combattimenti si
dovrà pensare a un nuovo imponente progetto umanitario. Da oltre due
anni diverse centinaia di migliaia di abitanti della piana di Ninive,
circa 120mila cristiani, decine di migliaia di Yazidi, di kakaïs e tutti
gli altri abitanti di questa regione sperano di poter rientrare nelle
loro case.
Sfortunatamente, risulta oggi difficile sapere in quale condizione
verseranno i villaggi cristiani dopo la loro liberazione. Non vi sono
però dubbi circa il fatto che, come è avvenuto in altre città irakene
liberate, sarà necessario ricostruire le scuole, le case, ripristinare
le cliniche, gli ospedali e le chiese.
Ciononostante, prima di pensare alla ricostruzione, prima di tornare
per restituire nuova vita alle nostre care e benamate città della piana
di Ninive - Teleskuf, Bqaofq, Batnaya, Tell Keff, Bartala, Ba’ashiqa,
Karamless e Qaraqosh - sarà necessario rimuovere un grande ostacolo.
Questo ostacolo è un nemico subdolo, nascosto sotto la terra e alle
volte anche negli stessi oggetti di uso quotidiano.
Vi voglio parlare delle mine e delle molte insidie che lo Stato
islamico (SI) dissemina nel terreno quando è costretto ad abbandonare un
territorio. In ogni zona dalla quale lo SI si ritira semina morte e
distruzione nascondendo nel terreno mine e congegni esplosivi.
A Sinjar, a Ramadi e a Tikrit quante persone sono morte mentre
tornavano nelle loro case? Quante famiglie sono state spezzate mentre
gioivano per aver ritrovato infine le loro case, dopo essere state a
lungo sfollate o rifugiate?
Queste trappole lasciate da Daesh [acronimo arabo per lo Stato
islamico, SI] non devono prolungare oltre il calvario dei rifugiati
della piana di Ninive. Oggi, dobbiamo affrontare in modo serio il dopo
Daesh e pianificare il ritorno alla vita di questa piana fertile, e
antica, che porta il nome di Ninive.
Se desidero attirare l’attenzione del mondo su questo dramma, è
perché non voglio che i nostri bambini crescano in mezzo a campi minati.
Il nostro popolo ha già sofferto abbastanza, perché debba registrare
altre persone ferite, amputate, uccise dalle mine.
Un giovane cristiano di soli 14 anni, Eugène Salah, è morto per aver
calpestato una mina, mentre era impegnato a lavorare la terra in
compagnia del padre, in uno dei nostri villaggi liberati.
Oggi lancio un invito a tutti gli uomini di buona volontà, a tutti i
cristiani, perché si mobilitino affinché la piana di Ninive possa
ritornare a vita nuova. Sì, confidando in Cristo Signore voglio credere
nella resurrezione della piana di Ninive e di Mosul!
Per poter ricostruire la culla delle comunità cristiane in Iraq,
serve prima di tutto un grande lavoro di sminamento. Ai primi di luglio
ho chiesto alla Fraternità in Iraq [Ong francese in prima linea
nell’opera di aiuto e sostegno alle minoranze religiose in Iraq fra cui
cristiani, yazidi, shabak, ndr] di capire come possano essere sminati due villaggi cristiani liberati già da tempo.
In questi giorni la stessa Fraternità in Iraq e la Francia hanno
annunciato che presto potranno cominciare le operazioni di pulizia e
sminamento di questi due villaggi cristiani e di altri quattro villaggi
kakaïs nella regione. Questo progetto, che mira al contempo a formare
anche dei cristiani in questa opera, non è che il primo passo.
Certo, è fonte di maggiore soddisfazione costruire scuole o cliniche,
ma se non si compie prima questa opera di sminamento non sarà possibile
ricostruire. Anticipando questo problema, potremo ridurre di molto il
lasso di tempo che trascorrerà fra la liberazione dei nostri villaggi e
il giorno in cui i profughi cristiani potranno tornare nelle loro case.
Facendo venire oggi gli specialisti dello sminamento nella piana di
Ninive, iniziamo il cammino di ricostruzione e del post Isis delle aree
liberate.
Invito tutti coloro i quali leggeranno queste parole a credere in
Cristo, nostro Salvatore, e che sì, Mosul e la piana di Ninive potranno
resuscitare un giorno. Ed è lavorando passo dopo passo, tappa dopo
tappa, ricostruendo dopo aver bonificato, che noi cristiani irakeni
potremo un giorno tornare a vivere qui, nelle nostre case.
* Patriarca caldeo di Baghdad e presidente della Conferenza episcopale irakena