"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

28 giugno 2009

Fotogiornalista italiana mette in luce la realtà dei rifugiati iracheni


Tradotto ed adattato da Baghdadhope

Attraverso il suo obiettivo l'italiana Delizia Flaccavento esplora la difficile condizione degli immigrati iracheni in Turchia. In un progetto dello scorso inverno la fotogiornalista ha scattato più di 6000 foto della comunità irachena cristiana caldea in Turchia mettendo in luce la sorte delle "altre vittime" della guerra in Iraq.
Delizia Flaccavento ha passato mesi a catturare le speranze e le vite degli immigrati iracheni ad Istanbul allo scopo di ricordare al mondo alcune delle vittime dimenticate della guerra. "Volevo che il mondo sapesse" ha dichiarato a Hürriyet Daily News. "Quando sentiamo le notizie sull'Iraq non sentiamo mai parlare dei rifugiati che sono una delle conseguenze più tragiche della guerra. Era importante per me fare un pò di luce su questo problema."
Flaccavento, docente di fotografia documentaristica e di fotogiornalismo alle università di Yeditepe e Bilgi (Istanbul), ha vissuto ad Istanbul per un anno, il suo lavoro con gli immigrati iracheni ha rappresentato il suo primo progetto in Turchia ed è stato esposto all'inizio del mese presso il Centro Culturale Italiano. La fotografa ha dichiarato di sperare di esporre le sue foto anche altrove.
La mostra delle sue foto ha avuto una risposta positiva e l'autrice ha spiegato come l'opportunità di condividere la sua esperienza con alcuni dei suoi studenti sia stata importante. Molti di loro non sapevano nulla della comunità irachena della città: "Erano sorpresi dai contatti che ho costruito - entrare nelle case, familiarizzare con l'argomento - e questo è ciò che cerco di insegnare loro." "Tutto ciò che si fa richiede tempo. Nella fotografia si può avere talento ed occhio buono ma per catturare immagini davvero significative bisogna prima capire, stabilire un rapporto con il soggetto e passare molto tempo a fare foto."
Flaccavento stima di aver scattato circa 6,000 foto degli iracheni in Turchia nel corso dell'inverno con la sua Canon digitale non usando mai il flash: "In altre situazioni lo uso ma in questo caso non volevo essere intrusiva e se una camera era mal illuminata volevo farlo vedere."
Molte delle foto sono state scattate nell'epicentro della comunità, la chiesa di Sant'Antonio ad Istanbul dove gli iracheni, la maggior parte dei quali cattolici caldei che parlano aramaico, si ritrovano ogni domenica.
Lì, ha raccontato la fotografa, è stata testimone di una delle più tristi realtà della guerra nel lontano Iraq: "Uno dei momenti più tristi in chiesa era quando qualcuno veniva a sapere di un qualche parente ucciso in Iraq." "C'erano funzioni speciali, le donne vestivano di nero e piangevano rivolgendosi al prete, una cosa che succede abbastanza spesso. Ogni giorno muore qualcuno."
Flaccavento ha riferito di come il contatto con la comunità irachena sia stato facile. "Sono molto ospitali, dicevano - sei nostra sorella - così si è creato un rapporto di amicizia. D'altra parte però è stato difficile testimoniare le loro avversità, è dura vedere la gente soffrire ed aspettare. Da un punto di vista umano è dura.
Secondo la fotografa delle migliaia di immigrati iracheni in Turchia solo pochi sono abbastanza fortunati da ottenere asilo in altre paesi. Nel 2007 solo 758 sono stati accettati negli Stati Uniti.
La fotografa ha riferito di casi di immigrati che vivono letteralmente in un limbo da più di 10 anni in attesa dell'asilo. Mentre sono in Turchia, anche se hanno ricevuto lo status di rifugiato dall'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, sono obbligati a pagare tasse mensili esorbitanti per rimanere nel paese e multe se mancano di presentarsi alla polizia ogni giorno o ogni settimana. Trovare lavoro è una sfida. Secondo la Flaccavento c'è un motivo di giustificata frustrazione tra i rifugiati: "Sono venuti qui con la speranza di trasferirsi rapidamente per poter iniziare una nuova vita ma sono rimasti bloccati. Da una parte adattarsi in Turchia non è difficile per loro: il cibo è simile, alcune parole derivano dall'arabo, e così culturalmente non è proprio uno shock. Eppure è frustrante. Non possono lavorare, è difficile avere un permesso per farlo, e l'Iraq manca loro molto."
A parte alcune famiglie che hanno in mente il "grande sogno americano" la maggior parte avrebbe voluto non dover abbandonare l'Iraq: "Ho sentito una donna di 35 anni dire che la sua vita era finita e che ciò che faceva era solo per i suoi figli perchè sperava in un futuro migliore per loro. Anch'io ho 35 anni ma non considererei mai la mia vita finita come loro vedono la propria. Ciò che dicono sempre è che tutto è fatto per il bene dei propri figli."
Negli Stati Uniti la Flaccavento ha lavorato ad un progetto sulla comunità italoamericana di Brooklyn. Pur descrivendo l'esperienza dell'emigrazione sempre traumatica perchè sospende le persone tra due mondi ha descritto quella degli italoamericani come "meno pesante" di quella degli iracheni: "Una cosa è l'emigrazione per ragioni economiche, un'altra è quella dovuta ad una guerra che obbliga alla ricerca dell'asilo."
La ragione dell fuga che gli emigrati descrivono come predominante è la crescita dell'intolleranza nel paese man mano che le forze alleate incoraggiano la segregazione su base religiosa. Sotto il regime di Saddam Hussein dicono che musulmani e cristiani vivevano in pace. Così in un certo senso Istanbul rappresenta l'Iraq che essi sentono di aver perso, ha spiegato la fotografa. "Vorrebbero tornare in Iraq. Coloro che affermano che non lo faranno mai sono anche più reticenti a parlare e hanno probabilmente avuto esperienze davvero traumatiche durante la guerra. Solo Dio sa cosa è successo. Mi dicevano: se Dio vuole un giorno verrai in Iraq e sarai nostra ospite, mangeremo cibo iracheno, danzeremo insieme e ti faremo vedere dei bei posti." Flaccavento spera di iniziare presto un nuovo progetto in Turchia: "E' un paese diverso e complesso. Lavorare qui è davvero una sfida ma è anche molto gratificante."