By Asia News
Pieno “apprezzamento” per gli “sforzi” compiuti dall’esercito irakeno e dalle milizie Peshmerga curde, che hanno strappato Mosul allo Stato islamico (SI, ex Isis) anche se permangono alcuni focolai di violenza in città. E l’invito a camminare attraverso la “lunga e faticosa” strada che porta alla completa “cancellazione” della ideologia jihadista e alla costruzione di una “pace e sicurezza” durature.
Così il primate della Chiesa caldea mar Louis Raphael Sako, in una nota pubblicata sul sito del patriarcato e inviata per conoscenza ad AsiaNews, ha commentato la “liberazione” della ex roccaforte del Califfato, tracciando il percorso da seguire per la rinascita della regione e di tutto il Paese.
Pieno “apprezzamento” per gli “sforzi” compiuti dall’esercito irakeno e dalle milizie Peshmerga curde, che hanno strappato Mosul allo Stato islamico (SI, ex Isis) anche se permangono alcuni focolai di violenza in città. E l’invito a camminare attraverso la “lunga e faticosa” strada che porta alla completa “cancellazione” della ideologia jihadista e alla costruzione di una “pace e sicurezza” durature.
Così il primate della Chiesa caldea mar Louis Raphael Sako, in una nota pubblicata sul sito del patriarcato e inviata per conoscenza ad AsiaNews, ha commentato la “liberazione” della ex roccaforte del Califfato, tracciando il percorso da seguire per la rinascita della regione e di tutto il Paese.
Il 10 luglio scorso il Primo ministro Haider al-Abadi ha annunciato
la vittoria della coalizione arabo-curda che, a ottobre, ha sferrato una
’offensiva
a tutto campo contro l’Isis a Mosul. Una operazione durata oltre nove
mesi e caratterizzata da pesanti combattimenti, gravissime distruzioni e
un nuovo esodo di massa di civili, usati come scudi umani dai
jihadisti.
Testimoni locali in città riferivano di sporadici combattimenti che
si sono susseguiti per tutta la giornata, a dispetto dei proclami di
vittoria ufficiali da parte del governo. Fonti vicine alla coalizione,
coadiuvata nell’offensiva dai raid aerei statunitensi, parlano di alcune
isolate “sacche di resistenza” dei miliziani nella Città Vecchia.
Nell’area vi sarebbero ancora 3mila persone, perlopiù civili,
intrappolate; di questi la maggioranza sono disabili, anziani e bambini
che hanno perduto i contatti con le loro famiglie nel tentativo di
sfuggire alle violenze.
Nel pomeriggio di ieri è circolata anche la notizia della morte del
"califfo" dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi, rilanciata dalla tv irakena Al Sumaria che
cita una fonte della piana di Ninive. I vertici del Califfato
dovrebbero comunicare a stretto giro di vite il nome del successore di
al-Baghdadi, anche se restano dubbi sull’autenticità dell’annuncio. Gli
esperti nutrono però molti dubbi e in passato il leader dello SI è stato
dato più volte per morto o ferito, senza mai una prova effettiva.
All’indomani dell’annuncio della vittoria sull’Isis, il premier
irakeno in visita a Mosul ha incontrato al quartier generale del comando
per le operazioni militari di Ninive una delegazione di cristiani
originari della città e della piana. Durante l’incontro il leader di
governo ha sottolineato che “la nostra ambizione” è che tutti gli
sfollati e i “figli di tutte le religioni, nazionalità e credo possano
tornare”, soprattutto “i nostri fratelli cristiani”. La “risposta
naturale” a Daesh [acronimo arabo per lo SI], ha aggiunto, “è di vivere
assieme”.
Abadi ha inoltre ricordato che “la nostra diversità” è una fonte di
“orgoglio” e deve essere “preservata per rendere vano il disegno di
Daesh, che voleva imporre agli irakeni un unico colore” e spezzare una
“unità formatasi nei millenni”. Il nostro compito, ha concluso, è quello
di “proteggere i cittadini e fornire loro servizi a prescindere
dall’appartenenza etnica e religiosa, combattendo ogni discriminazione e
favorendo la convivenza” fra i “figli di Ninive”.
Ideali di unità, condivisione e impegno comune rilanciati a più
riprese nelle scorse settimane anche dal patriarca caldeo mar Louis
Raphael Sako, in un’ottica di ricostruzione. Nonostante gli sforzi
sinora compiuti, scrive il prelato, “vi è una lunga e faticosa strada”
per eliminare Daesh e riportare la pace. Agli irakeni e, in particolare,
ai cristiani egli chiede una “nuova consapevolezza” per scongiurare un
“ulteriore declino, divisione e frammentazioni del passato”. Alla
comunità cristiana “più antica” al mondo mar Sako chiede uno sforzo
comune per “ricostruire case e infrastrutture” per facilitare “il
ritorno dei profughi”; la creazione di un “piccolo team” di massimo 10
persone che operino a nome e in rappresentanza dei cristiani, lavorando
con uno spirito di squadra in patria e all’estero; creare una struttura
centrale che sappia rispondere ai bisogni dei cristiani e alle loro
aspirazioni.
Patriarcato Caldeo
Patriarcato Caldeo
11 luglio 2017
Christians' situation post-ISIS
Christians' situation post-ISIS