By Baghdadhope
Era aprile dello scorso anno, e Tareq Aziz, ex primo ministro, ex ministro degli esteri, ma soprattutto ex "volto presentabile" del regime di Saddam Hussein, sognava di poter vivere a Roma una volta scarcerato dagli americani che lo detengono a Baghdad dal 24 aprile del 2003, quando si consegnò nelle loro mani.
La realtà è però molto diversa dai sogni, e sempre ad aprile, ma il 29 prossimo, per Tareq Aziz inizierà un altro tipo di viaggio: quello che dalla prigione in cui è detenuto lo porterà al tribunale dove un giudice curdo - lo stesso che pronunciò la condanna a morte di Saddam Hussein - presiederà al processo che vede Aziz coinvolto, insieme ad altri gerarchi dell'ex regime tra cui il fratellastro di Saddam, Watban Ibrahim Al Hassan, nell'uccisione di 42 commercianti che nel 1992 vennero accusati di avere speculato sui prezzi dei generi alimentari.
Un'accusa che sa tanto di pretesto visto che ben altri sono i crimini di cui Aziz verrà probabilmente accusato magari non in quanto esecutore ma in quanto complice passivo.
Tareq Aziz quindi, l'8 di picche del famoso mazzo di carte che rappresentava i 52 ricercati più importanti del regime di Saddam, difficilmente potrà ancora avanzare richieste di sorta.
Non serviranno gli appelli del figlio Ziad che, dalla Giordania dove vive con il resto della famiglia, ha più volte chiesto la scarcerazione del padre per problemi di salute. Nè serviranno quelli del Patriarca Caldeo, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly che ancora lo scorso Natale ne aveva richiesto la liberazione in una più generale richiesta per coloro che erano detenuti in Iraq senza prove a loro carico.
Inevitabilmente questo processo, come gli altri che lo hanno preceduto, sarà dichiarato da molte voci nel mondo come irregolare e manipolato dal governo americano che di fatto controlla quello iracheno. Niente di più vero. La stessa, frettolosa esecuzione di Saddam Hussein, ha dimostrato il desiderio che non venissero alla luce i misfatti e le complicità dei governi stranieri con il regime iracheno.
E' anche vero però che un comportamento negativo non ne cancella un altro solo perchè ad esso precedente. I crimini americani in Iraq non cancellano quelli del regime di cui Aziz era parte importante.
Il cristiano caldeo Michael Yohanna, nato a Tel Keif nel 1936, colui che si creò un' identità araba cambiandosi il nome in Tareq Aziz e la cui stessa presenza nel gotha del potere iracheno veniva citata come prova della benevolenza del regime verso le minoranze potrà ripetere in aula le parole di suo figlio: "Mio padre lavorava nel campo politico, non era responsabile nei confronti della gente, eseguiva gli ordini e non aveva potere decisionale."
Ma sarà inutile. E sarà poco. Perchè troppi iracheni non hanno avuto il potere per denunciare i crimini del regime. Lui invece l'ha avuto, ma non l'ha usato. Anche questo è un crimine.
Era aprile dello scorso anno, e Tareq Aziz, ex primo ministro, ex ministro degli esteri, ma soprattutto ex "volto presentabile" del regime di Saddam Hussein, sognava di poter vivere a Roma una volta scarcerato dagli americani che lo detengono a Baghdad dal 24 aprile del 2003, quando si consegnò nelle loro mani.
La realtà è però molto diversa dai sogni, e sempre ad aprile, ma il 29 prossimo, per Tareq Aziz inizierà un altro tipo di viaggio: quello che dalla prigione in cui è detenuto lo porterà al tribunale dove un giudice curdo - lo stesso che pronunciò la condanna a morte di Saddam Hussein - presiederà al processo che vede Aziz coinvolto, insieme ad altri gerarchi dell'ex regime tra cui il fratellastro di Saddam, Watban Ibrahim Al Hassan, nell'uccisione di 42 commercianti che nel 1992 vennero accusati di avere speculato sui prezzi dei generi alimentari.
Un'accusa che sa tanto di pretesto visto che ben altri sono i crimini di cui Aziz verrà probabilmente accusato magari non in quanto esecutore ma in quanto complice passivo.
Tareq Aziz quindi, l'8 di picche del famoso mazzo di carte che rappresentava i 52 ricercati più importanti del regime di Saddam, difficilmente potrà ancora avanzare richieste di sorta.
Non serviranno gli appelli del figlio Ziad che, dalla Giordania dove vive con il resto della famiglia, ha più volte chiesto la scarcerazione del padre per problemi di salute. Nè serviranno quelli del Patriarca Caldeo, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly che ancora lo scorso Natale ne aveva richiesto la liberazione in una più generale richiesta per coloro che erano detenuti in Iraq senza prove a loro carico.
Inevitabilmente questo processo, come gli altri che lo hanno preceduto, sarà dichiarato da molte voci nel mondo come irregolare e manipolato dal governo americano che di fatto controlla quello iracheno. Niente di più vero. La stessa, frettolosa esecuzione di Saddam Hussein, ha dimostrato il desiderio che non venissero alla luce i misfatti e le complicità dei governi stranieri con il regime iracheno.
E' anche vero però che un comportamento negativo non ne cancella un altro solo perchè ad esso precedente. I crimini americani in Iraq non cancellano quelli del regime di cui Aziz era parte importante.
Il cristiano caldeo Michael Yohanna, nato a Tel Keif nel 1936, colui che si creò un' identità araba cambiandosi il nome in Tareq Aziz e la cui stessa presenza nel gotha del potere iracheno veniva citata come prova della benevolenza del regime verso le minoranze potrà ripetere in aula le parole di suo figlio: "Mio padre lavorava nel campo politico, non era responsabile nei confronti della gente, eseguiva gli ordini e non aveva potere decisionale."
Ma sarà inutile. E sarà poco. Perchè troppi iracheni non hanno avuto il potere per denunciare i crimini del regime. Lui invece l'ha avuto, ma non l'ha usato. Anche questo è un crimine.