"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

8 aprile 2008

In Iraq la vita ci divide ma la morte ci unisce


Di Padre Douglas Dawood Al Bazi
Nel 2003 gli Americani arrivarono in Iraq e portarono con loro la bandiera della democrazia e della libertà ed in questi anni non c’è luogo, che sia ufficio, casa, strada, chiesa o moschea che non abbia conosciuto il dolore.
Oggi è strano vedere che in Iraq alcune formazioni di miliziani – ce ne sono almeno 25 operanti nel paese – sfilano nelle strade con in una mano un ramo di olivo, e nell’altra un’arma, mentre i cristiani lo fanno portando sì un ramo di olivo in una mano ma una candela nell’altra, entrambi simboli della cristianità irachena.
Il 5 di aprile a Baghdad è stato ucciso Padre Yousef Abudi, un sacerdote siro ortodosso. Perché è stato ucciso Padre Yousef? Non aveva fatto nulla più di ciò che i martiri che lo hanno preceduto – e che lo seguiranno – fecero e faranno: portò nella proprie mani quella pace e quella giustizia che in questi cinque anni però non sono state – e non sono – apprezzate da alcune parti politiche e religiose.
Ciò che si deve sapere è che la comunità cristiana in Iraq, e specialmente a Baghdad, vede nella chiesa l’unico punto di aggregazione, e nella figura del sacerdote il cuore della comunità stessa.
Colpire questo simbolo quindi - in questi ultimi anni chiese e conventi sono stati attaccati, migliaia di famiglie cristiane sono state obbligate a fuggire, decine di sacerdoti sono stati sequestrati, decine di diaconi e quattro sacerdoti sono stati uccisi ed un vescovo caldeo, Monsignor Faraj P. Rahho, è morto durante il sequestro – vuol dire cercare di spingere la gente a fuggire, ma i sacerdoti rimarranno tra coloro che non hanno la possibilità di lasciare le proprie case.
Affrontare la morte ogni giorno altro non fa che unire ancor di più la comunità irachena cristiana – in patria ed all’estero – ed è per questo molto triste dover ammettere che in questi anni bui è la morte il collante degli iracheni cristiani.