"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

23 aprile 2008

QUELLA NUOVA FORTEZZA NEL CUORE DI BAGHDAD. . .

Source: Misna




“Sembrerebbe che gli Stati Uniti occuperanno l’Iraq per sempre”: così una giornalista del canale televisivo ‘Nbc’ conclude il servizio dedicato alla “controversa” costruzione della nuova ambasciata americana a Baghdad, in via di completamento sulle rive del Tigri. I giornalisti l’hanno ribattezzata “Fortress America” ed è tutto un programma: una città nella città, della superficie di 42 ettari (come la Città del Vaticano), 27 palazzi, due campi da basket, una piscina e alloggi per almeno 600 dipendenti, senza contare i circa 200 agenti di sicurezza necessari per proteggere la ‘fortezza’. “Sarà la più grande ambasciata del mondo ed è già costata al contribuente americano 700 milioni di dollari, senza contare i 35 milioni da aggiungere alla fattura per i ritardi di costruzione e i due miliardi di dollari che costerà ogni anno” riferisce ancora il servizio della tv statunitense. “Un edificio del genere sarà sicuramente molto bello e dotato di ogni confort e garanzie di sicurezze, ma al di là delle mura di questa fortezza irraggiungibile si trova il popolo iracheno, un popolo che soffre ogni giorno di più, al quale è stata tolta ogni dignità: costretto alla fuga, sottoposto a un’insicurezza costante, in un paese ormai diviso, occupato e saccheggiato delle proprie risorse” commenta alla MISNA monsignor Philip Najim, iracheno, procuratore dei Caldei presso la Santa Sede.
“Sarebbe stata una bella vittoria per gli americani - dice ancora - se avessero costruito oltre all’ambasciata anche qualche bel palazzo per gli iracheni, scuole e ospedali, infrastrutture e pensato un po’ di più al benessere della popolazione nelle nostre città ormai diventate città di morte”. Da cinque anni, continua l’esponente della Chiesa caldea, “la comunità internazionale ci fa promesse di democrazia, di libertà, di dignità ma a guardare quello che succede ogni giorno nel paese ci chiediamo dove siano e soprattutto – insiste – chiediamo alla coscienza della comunità internazionale come mai sta accettando di vedere la democrazia andare nel verso sbagliato”. Noi, dice alla MISNA monsignor Najim, “non siamo contro gli americani in particolare, non siamo contro nessuno, ma siamo davvero dispiaciuti che non si prendano mai in considerazione gli interessi e le esigenze del popolo iracheno”.