Fonte: SIR
E’ passato un mese dal ritrovamento, il 13 marzo, del corpo di mons. Rahho, l’arcivescovo caldeo di Mossul e non ci sono notizie sulle indagini e sui colpevoli. A chiedere verità e giustizia è don Renato Sacco, di Pax Christi Italia che al Sir denuncia: “sulle indagini su mons. Rahho c’è silenzio. Da Mossul giungono voci di una situazione drammatica. Non si sa a che punto siano le indagini, se hanno arrestato qualcuno o se è un modo per calmare la richiesta di verità”.
E’ passato un mese dal ritrovamento, il 13 marzo, del corpo di mons. Rahho, l’arcivescovo caldeo di Mossul e non ci sono notizie sulle indagini e sui colpevoli. A chiedere verità e giustizia è don Renato Sacco, di Pax Christi Italia che al Sir denuncia: “sulle indagini su mons. Rahho c’è silenzio. Da Mossul giungono voci di una situazione drammatica. Non si sa a che punto siano le indagini, se hanno arrestato qualcuno o se è un modo per calmare la richiesta di verità”.
Per il sacerdote, che recentemente è stato in Iraq con una delegazione italo-francese di Pax Christi, “questo silenzio riflette anche quello in atto sull’Iraq, eppure ci sono oltre 4 milioni e mezzo di profughi iracheni, un terzo della popolazione è a rischio di vita per mancanza di acqua, medicinali e cibo. Dobbiamo informare e lavorare per la verità, per la giustizia e per non lasciare soli gli iracheni”. Nonostante le enormi difficoltà la Chiesa sta emergendo con una forza particolare, quella della “minoranza”, che, afferma don Sacco, la pone “fuori da ogni logica di spartizione del potere e così può giocare un grande ruolo nel costruire ponti e far incontrare chi non riesce a dialogare. A chiederlo sono tanti leader islamici per i quali la chiesa può inventare modi di incontro e di dialogo nuovi. Gli iracheni hanno fame di dialogo e di pace”.