"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

21 dicembre 2020

Restaurata la chiesa siro cattolica di Mar Toma a Mosul, ospiterà la Santa Messa il 26 dicembre.

By Baghdadhope*

Era il 3 luglio del 2018, il giorno dell'apostolo Tommaso che diffuse la parola del Vangelo in Mesopotamia,  quando in una Mosul che ancora nascondeva sotto le sue macerie i cadaveri dei morti per mano dell'ISIS e della guerra scatenata contro di essa ufficialmente conclusasi un anno prima, in una piccola chiesa nel centro della città, ancora senza altare e piena di macerie,
 si tenne la
 prima celebrazione cristiana dalla presa della città avvenuta nel 2014. La chiesa era quella siro cattolica di Mar Toma ed a guidare la celebrazione fu Mons. Butrous Moshe.
C'era, allora, ancora la speranza che la cacciata dei combattenti islamisti e quel gesto simbolico di riportare Cristo tra le macerie potesse segnare il ritorno dei cristiani mosulioti che dal 2003 ad ondate diverse avevano abbandonato la città, e la cui fuga di massa del 2014, quando dall'ISIS erano state date loro tre sole alternative: convertirsi, fuggire o rimanere pagando la "Jizia," la tassa di protezione prevista dall'Islam per i non islamici viventi nel suo territorio, aveva decretato la fine della comunità tanto da far ammettere all'allora arcivescovo caldeo, Mons. Emile Nona, che la sua diocesi "non esisteva più.
Vandalizzata, spogliata di tutto ciò che conteneva e trasformata in base militare, l'antichissima chiesa di Mar Toma (VIII secolo) ha resistito alla furia dell'ISIS e con il tempo, e l'aiuto di molti giovani volontari, cristiani e musulmani, ora è rinata tanto che, come annunciato da diverse fonti irachene, a lavori di ripristino ormai terminati il 26 dicembre sarà celebrata la Santa Messa cui sono invitati a partecipare tutti i fedeli ed anche coloro che, da Ankawa, sobborgo a maggioranza cristiana di Erbil, il capoluogo della regione autonoma del Kurdistan iracheno vorranno unirsi a che saranno portati a Mosul da autobus appositamente organizzati.  
Perchè è questo il vero problema di Mosul, e di tutto l'Iraq: i cristiani che hanno la forza e la voglia di tornare sono pochi e se è vero, come ha affermato il patriarca caldeo, il Cardinale Mar Louis Sako, che è impossibile che l'ISIS possa tornare a prendere il controllo di Mosul dove la gente ha sofferto troppo e non ne vuole più sentire parlare, è vero anche - e sono sempre le sue parole - che ci sono ancora gruppi fondamentalisti che ne predicano l'ideologia.
Ed è difficile convincere i cristiani a fidarsi dei nuovi anti-ISIS che, a parte delle eroiche eccezioni, non mossero un dito per difendere i vicini cristiani quando sulle loro porte apparve la lettera NUN che li segnalava come vittime predestinate. 
Cristiani che, si spera, possano prendere coraggio dalla visita che il Papa farà anche a Mosul nel corso del suo prossimo viaggio apostolico in Iraq a marzo ma che, di certo, spentasi l'eco di quell'evento vorranno di più che chiese restaurate e speranze; vorranno tornare ad essere abitanti di Mosul a tutti gli effetti, con tutti i diritti ed i doveri che i cittadini hanno, e soprattutto quello di essere difesi da uno stato che ancora oggi, a 17 anni e mezzo dallo scoppio della guerra, è lontano dall'essere normale e pacificato.