"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

23 dicembre 2020

La Chiesa Cattolica in Iraq e il suo recente martirio dal 1958 fino ai giorni nostri. Il Patriarcato di Babilonia dei Caldei e le altre chiese

Maria Grazia Moretti

La Chiesa cattolica in Iraq è parte della Chiesa cattolica universale. E’ formata da Chiese sia di rito latino sia di rito orientale. Il gruppo più rappresentativo che raccoglie i tre quarti di tutti i cristiani iracheni, è costituito dalla Chiesa Cattolica Caldea, il cui capo ha il titolo di Patriarca di Babilonia dei Caldei. 
Esistono inoltre comunità siro-cattoliche, armeno-cattoliche, greco-cattoliche e latine. Le origini della Chiesa Caldea Quando si dice Chiesa Caldea (Caldea regione storica della Mesopotamia) si pensa immediatamente all’Iraq. 
A guidarla c’è il Patriarca Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia che ha sede a Baghdad. La Chiesa caldea in Iraq è suddivisa in una arciparchia propria del Patriarca e 7 eparchie, così si chiamano le diocesi di rito orientale. 
La chiesa caldea appartiene alle Chiese cattoliche di rito orientale o Chiese sui iuris orientali: si tratta di Chiese particolari in piena comunione con la Santa Sede che conservano le proprie tradizioni cristiane orientali in merito alla spiritualità, alla liturgia che prevede, ad esempio che la messa – celebrata sia in arabo che in aramaico - sia quasi tutta cantata compresa la lettura del vangelo, a qualche questione teologica, e alla normativa canonica e disciplinare, che le distinguono dalla Chiesa sui iuris latina. I fedeli sono poco più di 600 mila, non solo in Iraq però, perché i Caldei sono presenti in Iran, Siria, Libano, Turchia, Egitto, Stati Uniti, Canada e perfino Australia oltre naturalmente ai molti fedeli caldei in Europa affidati ad un visitatore apostolico (nominato dal Papa per le comunità della diaspora che non hanno una guida o un responsabile appartenente al proprio rito liturgico). 

Dal medioevo al XV secolo
 Cresciuta fin dall’inizio in mezzo alle persecuzioni, ha conosciuto nel Medio Evo uno slancio missionario senza pari, che l’ha condotta dall’Alta Mesopotamia fino al Golfo persico, dall’India alla Cina. 
Origini antiche dunque quelle della Chiesa caldea, di cui si parla per la prima volta nella bolla Benedictus sit Deus promulgata da papa Eugenio IV per sancire l’unione della Chiesa Cattolica con i nestoriani ed i maroniti di Cipro che venivano chiamati con il termine di “caldei” per distinguere i neoconvertiti dalla chiesa d'origine nestoriana. 
L’unione durò poco e molti dei neoconvertiti, già nel 1450 ritornarono al nestorianesimo. Nel 1500 furono gli assiri a cercare nuovamente un dialogo con Roma. 
La Chiesa Assira fu caratterizzata a partire dalla metà del XV secolo da una tradizione di successione patriarcale ereditaria, da zio a nipote introdotta da Simeone IV. Il fatto che una sola famiglia controllasse la sede patriarcale indebolì la Chiesa d’Oriente sul piano intellettuale, spirituale, pastorale e amministrativo, a causa dei contrasti e delle divisioni che si produssero tra i fedeli, soprattutto quando la carica di Patriarca finiva in mano a un ragazzo (di 18 anni, di 15 e financo di 12 anni). 
 Fu proprio il rifiuto di accettare uno di questi patriarchi nel 1552, che spinse un gruppo di vescovi Assiri a rivolgersi a Roma. L’abate Yuhannan Sulaqa venne a tale scopo nominato patriarca, con l’incarico specifico di promuovere questa volontà di unione presso la Chiesa Cattolica. Il riavvicinamento diede i suoi frutti nel 1553, quando Papa Giulio III lo proclamò Patriarca con il nome di Simeone VIII "dei Caldei" e lo ordinò vescovo nella Basilica di San Pietro il 9 aprile di quello stesso anno.
La nuova comunità non ebbe vita facile, lo stesso Sulaqa nel 1555 fu imprigionato e torturato per quattro mesi fino a morire. La Chiesa caldea considera perciò Sulaqa il “martire dell’unione” (1). I cinque vescovi consacrati da Sulaqa elessero come suo successore il monaco ‘Abdisho‘ Marun IV ‘Abdisho‘ (1553-1570), che, recatosi a Roma e ottenuto il riconoscimento di Papa Pio IV, stabilì la sua sede in un monastero presso Seert, dove rimase fino alla morte.
I Patriarchi seguenti rimasero in comunione con la Santa Sede fino al XVII secolo, ma nessuno si recò a Roma per ottenere la conferma papale. Alla fine del Seicento questa linea patriarcale tornò gradualmente alla dottrina tradizionale, di espressione nestoriana, mentre si perdevano i contatti con Roma. Da questa linea discende l’attuale Chiesa assira d’Oriente. 

Dal XVI al XIX secolo.
Se dalla linea di Sulaqa discende l’attuale Chiesa assira d’Oriente, il patriarcato caldeo deriva dalla linea di Simeone VII avversario “nestoriano” di Sulaqa e discendente di quel Simeone IV che aveva introdotto la forma di successione ereditaria del patriarcato. Il suo discendente Elia VII convocò un Sinodo nel 1616, in cui riaffermò la fede cattolica, pur senza arrivare all’unione. 
Nello stesso tempo Simeone XX, della linea Sulaqa, mandava anch’egli la sua professione di fede a Roma. I frati francescani cercarono allora di far dialogare le due parti per ripristinare la comunione, ma senza risultati. Tuttavia a metà del 1600 si erano nuovamente interrotti i legami tra Roma e i due patriarcati della linea di Simeone VII (con sede a Mosul) e della linea di Sulaqa (con sede a Qutshanis). Per questa ragione, nel 1672 il missionario cappuccino Giovanni Battista da Saint-Aignan, che aveva iniziato a operare ad Amid, convinse il locale metropolita Giuseppe a passare al Cattolicesimo. Nel 1677 Giuseppe ottenne il riconoscimento dalle autorità civili come arcivescovo indipendente con giurisdizione su Amid e Mardin. Roma lo confermò nel 1681 come Giuseppe I, “Patriarca della nazione Caldea” e in tal modo fu stabilita una terza linea patriarcale ad Amid (oltre a quella di Simeone VII e di Sulaqa), i cui membri portavano tutti il nome di Giuseppe. I successori nella linea patriarcale di Amid conobbero un notevole successo nel diffondere la fede cattolica ad Amid, Seert, Mardin, nell’Alta Mesopotamia e nella piana di Ninive. Questa linea patriarcale durò fino al 1828 e dalla morte dell’ultimo patriarca della linea di Amid i caldei ebbero un solo patriarcato, a Mosul, guidato da Giovanni Hormiz. Dopo circa due secoli fu solo a metà del 1800 quindi che si arrivò ad una certa stabilità giurisdizionale (con la conferma di Papa Pio VIII del Metropolita Giovanni Hormiz quale capo di tutti i Cattolici Caldei, con il titolo di Patriarca di Babilonia dei Caldei), e dopo molti spostamenti di sede nel 1950 il Patriarcato ebbe finalmente sede a Baghdad. 

La Chiesa martire
Una Chiesa martire ormai da decenni per diverse ragioni storiche e oggi i caldei sono più che mai in diaspora. Durante la prima guerra mondiale molte regioni cristiane tradizionalmente abitate da caldei e siriaci furono devastate. Il patriarcato di Qutshanis fu cancellato e tutti gli assiri dovettero abbandonare la regione dello Hakkari. Migliaia di caldei furono massacrati da formazioni al soldo degli ottomani nell’Alta Mesopotamia e alcuni vescovi furono uccisi. La Chiesa caldea è passata attraverso tre rivoluzioni (1958, 1963, 1968), facendo i conti con tre regimi, la rivolta curda e la lunga guerra Iran-Iraq (1980-88). Durante i conflitti tra i curdi e l’esercito iracheno, che durarono fino al 1975, molti villaggi cristiani furono bruciati e molte chiese distrutte. Con la guerra con l’Iran iniziò l’esodo verso l’estero che portò alla formazione di diocesi negli Stati Uniti, in Europa, Australia, Nuova Zelanda e Canada. 
Tra il giugno e l’agosto del 2014, a causa dell’avanzata dell’ISIS, più di 120.000 cristiani di Mosul e della piana di Ninive sono stati costretti a fuggire dalla terra che, come abbiamo visto, era stata per secoli il centro della presenza caldea e anche dopo la liberazione della Piana di Ninive nel corso del 2017, solo in pochi sono tornati.
 Alcuni martiri iracheni 
• Don Ragheed Aziz Ganni
• Basman Yousef Daud 
• Wahid Hanna Isho 
• Gassan Isam Bidawed 
 Il 3 giugno del 2007 a Mosul, terroristi dello Stato Islamico uccisero dopo la messa il 35enne parroco della chiesa caldea dello Spirito Santo, don Ragheed Ganni e tre giovani diaconi. Avviato il processo per il riconoscimento del martirio. 
• Padre Thaer Abdal e Padre Wassim Kas Boutros e 46 laici Domenica 31 ottobre del 2010 un gruppo terroristico faceva irruzione, durante la celebrazione della Messa, nella cattedrale siro-cattolica Nostra Signora del perpetuo soccorso di Baghdad, dove erano presenti 150 persone tra sacerdoti, diaconi, coro e fedeli. 
Nel 2019 si è conclusa a Baghdad la fase diocesana della Causa di Beatificazione e Dichiarazione di Martirio dei 48 servi di Dio. 
• Suor Cecilia Moshi Hanna Uccisa a Baghdad nel 2002. Avviato il processo per il riconoscimento del martirio. 

*** Fonti 
1) La Chiesa in Iraq. Storia, sviluppo e missione, dagli inizi ai nostri giorni. Card. Fernando Filoni – Libreria Editrice vaticana Ed. 2015 
2) Louis Raphaël I Sako, Chiesa d’Oriente: due millenni di martirio e missione, «Oasis», anno XI, n. 22, nnovembre 2015, pp. 34-43.

*Ai martiri iracheni già citati è doveroso aggiungere il nome di Mons. Faraj Paulous Raho, Arcivescovo caldeo di Mosul rapito il 29 febbraio del 2008 e ritrovato cadavere il 13 marzo successivo.  
Nota di Baghdadhope