Sorelle e fratelli cari,
“grazia e pace a voi in abbondanza” (1 Pt 2).
Voglio indirizzarvi questo messaggio in occasione della visita di Sua Santità, Papa Francesco, all’Iraq, a motivo del suo significato ecclesiastico e nazionale.
Una visita che lascerà necessariamente un segno nella nostra Chiesa e nel nostro paese
Sua Santità, Papa Francesco visiterà l’Iraq all’inizio del mese di marzo 2021. Questa visita è un pellegrinaggio al nostro paese, la terra di Abramo; non è un viaggio turistico o un viaggio di lusso, Sua Santità porta un messaggio di conforto per tutti in un tempo di incertezza . Si tratta di una visita che deve essere preparata, in modo nazionale, ecclesiale e spirituale, data la sua importanza. Una visita che incoraggerà gli iracheni a superare il passato doloroso, per la riconciliazione e curare le ferite, per unirsi e aiutarsi in vista dello sviluppo, della pace, della stabilità, del consolidamento della convivenza, del rispetto della diversità e del pluralismo, essendo fratelli differenti di un’unica famiglia, e cittadini della terra di Abramo, l’Iraq, la loro casa comune. Per questo devono unire le mani per la pace.
Per noi cristiani si tratta di una visita, di un’occasione di pellegrinaggio alle nostre prime radici, di una conversione e un attaccamento alla nostra identità cristiana e irachena; per questo dobbiamo essere all’altezza dell’evento e non lasciare che avvenga senza lasciare un segno in noi, nella nostra chiesa e nel nostro paese.
Si tratta di una visita che è un’occasione per riflettere, rivedere, analizzare, e per lanciarsi a una nuova visione della chiesa in Iraq e nella regione, e per trovare un piano di azione affinché la chiesa diventi più entusiasta nel tornare alla radicalità spirituale evangelica, e più vicina alla gente, servendoli con generosità e gioia con ogni mezzo, sull’esempio dei nostri Padri, santi, e dei nostri martiri.
Come tutti sanno, la nostra chiesa caldea irachena e le altre chiese sorelle in Iraq e nel Medio Oriente vivono pressioni e sfide diverse, politiche, economiche e sociali, a motivo dei conflitti, dell’estremismo, dell’emigrazione, delle conseguenze della pandemia del coronavirus – realtà tutte che hanno confuso la visuale e complicato le relazioni e il lavoro. Dobbiamo fare di questa visita un’occasione di un grande capovolgimento, in modo che la fede e la speranza in noi diventino un impegno.
Dobbiamo essere responsabili
Vivendo nel 21° secolo, dobbiamo capire l’importanza di rivedere e cambiare il modo della nostra riflessione teologica e spirituale, liturgica e pastorale, ecumenica e pedagogica, del nostro comportamento come credenti, come servi consacrati chiamati dal Signore per pascere il suo gregge in modo armonico, lontano dai concetti errati e della ricerca del predominio e del prestigio.
Le domande rivolte a noi oggigiorno sono: Quale è la nostra presenza, quale è il nostro influsso sui nostri cristiani e sulla nostra società? Quale è la nostra visione per il futuro del cristianesimo e dell’annuncio in Iraq e nell’Oriente? È un esodo, o un rimanere, facendo fronte alle sfide, nell’unione, nella testimonianza, nell’apertura con fede, speranza e gioia. Questa è la nostra terra, non possiamo rinunciarvi, né immaginarla senza i suoi cristiani. C’è anche un’altra grande sfida per le famiglie che hanno programmato di avere un numero inferiore di figli. Davanti a tutte queste domande dobbiamo sostenerci, sia coloro che sono all’interno della nazione, sia quelli che vivono nella diaspora.
La nostra esistenza come cristiani in Iraq e nell’Oriente non è un caso o in vista di un’emigrazione, ma secondo un piano divino; noi abbiamo una vocazione e una missione. Non possiamo rinunciarvi, nonostante le difficoltà. Come pastori, dobbiamo continuamente capire la situazione presente con mentalità aperta, e dobbiamo riorganizzare e cambiare le cose con saggezza per rendere la vita cristiana in armonia con le esigenze del tempo presente in cui viviamo, rimanendo ancorati nella nostra autenticità orientale, ossia attingendo alla fonte e non ai rivoli, basandoci sulla lettera del Papa Francesco “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, dove afferma che l’evangelizzazione è lo standard che deve guidarci e muoverci. Il Papa Francesco, insiste nei suoi discorsi su una chiesa in uscita verso la gente, una chiesa che parli loro nella loro lingua, per essere nel cuore del mondo, una chiesa della perenne incarnazione e della risurrezione
Caratteristiche della Chiesa viva e presente
- La nostra chiesa caldea, per essere più viva e presente, deve diventare:
- Chiesa di Cristo, del Vangelo e dell’evangelizzazione, della catechesi cristiana, del servizio e della pastorale
- Chiesa dello Spirito Santo, come era al tempo degli Apostoli e dei Padri, chiesa in cui ognuno trova il suo posto, ruolo e si fa responsabile.
- Chiesa della piena comunione con la Chiesa Cattolica, nel rispetto della sua piena particolarità, del suo carisma e della sua eredità.
- Chiesa impegnata nel rinnovamento del concilio Vaticano secondo.
- Chiesa del dialogo ecumenico con le chiese sorelle, e chiesa della convivenza e del dialogo con le religioni, specialmente con l’islam.
- Chiesa che si prende cura degli affari pubblici, per appoggiare con fermezza le attese legittime del popolo per eliminare l’ingiustizia, realizzare la giustizia, l’eguaglianza, la libertà, e la dignità.
Infine, invito i cristiani in Iraq e nel Medio Oriente a unirsi per testimoniare il Vangelo, nonostante la molteplicità e la diversità delle nostre chiese, poiché noi siamo essenzialmente una sola famiglia con fratelli diversi, chiamati a realizzare la nostra vocazione in questo oriente, tanto provato. Da questo punto di partenza, invito a trarre profitto dall’occasione della visita del Papa per mobilizzare l’opinione pubblica per sostenere i cristiani dell’Oriente, affinché vi restino come segno della presenza dell’amore di Cristo, della fratellanza universale e della convivenza.
Benvenuto a Sua Santità nella terra di Abramo, padre dei credenti, ‘Bshina bshina, o baba dmar ‘Īthā (Con pace e tranquillità, o Papa della santa Chiesa).
Dio vi protegga tutti, in modo che stiate bene e in pace!