"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

3 dicembre 2020

Iraq: 200 famiglie cristiane tornano a Mosul

By Porte Aperte/Open Doors

Fuggite nel 2014 a seguito dell’arrivo dello Stato Islamico, 200 famiglie cristiane si preparano per tornare a Mosul, città dell’Iraq.
Il Centro di Speranza di Alqosh, piccola cittadina situata a circa 50 Km a nord di Mosul, mostra i segni evidenti della devastazione lasciata dal radicalismo islamico. Sulle sue pareti sono incise queste parole in arabo: “Terra del Califfato”. Ma oggi un’aria di cambiamento sembra accarezzare questa terra.

Un atteggiamento diverso
Un’associazione di volontariato locale ha rimosso un catasto di macerie dall’interno di una chiesa: “Questo è un messaggio per i cristiani, affinché ritornino. Loro appartengono a Mosul“, ha affermato Mohammed Essam, uno dei fondatori dell’associazione.
Dopo essere stato testimone delle atrocità commesse contro i cristiani iracheni, della confisca delle loro case e del saccheggio delle chiese, ora Mohammed vuole sostenere questa comunità. Così, insieme alla sua squadra, ha distribuito cibo e raccolto fondi per aiutare a ricostruire le case delle famiglie cristiane più povere. “Dopotutto, Mosul è anche la loro città. Qui hanno una ricca storia”, ha detto. Un’iniziativa di questa portata, in un Paese dove i cristiani, spogliati dei loro beni, lottano per la sopravvivenza, merita di essere raccontata

Una necessaria presenza cristiana
Prima della caduta di Saddam Hussein, nel 2003, la città di Mosul contava circa 45.000 cristiani. Con l’arrivo dello Stato Islamico nel 2014, in molti sono stati costretti a trasferirsi.
Un leader cristiano, rientrato in Iraq dopo 6 anni di assenza, è rimasto molto colpito dallo stato di devastazione e dal livello di sofferenza della popolazione. “La nostra presenza qui è necessaria ora, non solo per quanto riguarda la fede, ma anche sotto il profilo educativo. La nostra missione è quella di contribuire a creare un’atmosfera di pace nel Paese, portando, con la testimonianza della nostra fede, amore e pace, non violenza e guerra”.

Centri di Speranza: un supporto reale
È proprio nell’ottica della testimonianza concreta che Porte Aperte/Open Doors, insieme ai suoi partner locali, ha dato vita ai Centri di Speranza in Iraq, nel tentativo di alleviare la sofferenza della comunità cristiana e riportare vita. Un Centro di Speranza è un edificio annesso a una chiesa locale, che lavora per ricostruire case (fondi economici, manodopera), rafforzare la comunità cristiana (aiuto pratico, progetti di sviluppo socio-economico, scuole) e favorire un rinvigorimento spirituale (formazione biblica, attività per bambini e giovani).
Sono queste le azioni che vediamo fare la differenza nella vita dei cristiani iracheni oggi, così che, incoraggiati e uniti, partecipino alla ricostruzione del loro Paese.