By Asia News
17 giugno 2017
17 giugno 2017
Professori, studenti, intellettuali e donatori privati musulmani e
cristiani, in Iraq e all’estero, stanno contribuendo con lasciti e
donazioni di libri e altro materiale, alla rinascita della biblioteca
dell’università di Mosul devastata dallo Stato islamico (SI, ex Isis).
Una iniziativa avviata tre mesi fa, all’indomani della liberazione
dell’area dalla presenza jihadista nel contesto della offensiva
promossa dall’esercito irakeno - con il sostegno di milizie curde e
sciite - per riprendere l’intero controllo della città. Il settore
orientale è ormai liberato dalla presenza jihadista, come la quasi
totalità della pianura di Ninive, ma restano ampie sacche di resistenza
nella zona occidentale di Mosul e nella Città Vecchia.
Proprio in questi giorni ricorre il terzo anniversario della presa di
Mosul da parte delle milizie di Daesh [acronimo arabo per lo SI], che
nel giugno del 2014 assumevano il controllo della seconda città per
importanza dell’Iraq. All’interno dell’università i miliziani hanno
compiuto una delle peggiori devastazioni al patrimonio storico e
culturale, dando fuoco a libri - anche antichi - e manoscritti preziosi.
Nell’estate del 2015 l’Unesco, l’agenzia specializzata Onu che
promuove la cooperazione fra Stati attraverso l’educazione, la scienza e
la cultura, aveva lanciato l’allarme per le profonde devastazioni compiute
dai jihadisti al patrimonio storico e culturale di Iraq (e Siria). Lo
stesso patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako aveva lanciato un appello nel dicembre scorso a tutela di beni, manufatti, opere d’arte e della letteratura a rischio distruzione, definendole un “bene universale” che vale “più del petrolio”.
Obay al-Dewachi, rettore dell’università di Mosul, sottolinea che “la
distruzione è completa”. “Quasi il 100% della biblioteca universitaria e
il suo contenuto - aggiunge l’intellettuale, che dal 2015 guida
l’ateneo dal suo esilio a Duhok, nel Kurdistan irakeno - sono andati
perduti”.
La gran parte dei manoscritti più antichi sono stati “digitalizzati”
nel tempo e “salvati su server”, precisa il direttore della biblioteca
Mohammed Jassim, affinché possano essere “utilizzati anche dai posteri”.
Dal suo studio a Kirkuk, egli aggiunge che altri manoscritti sono
rimasti integri perché alcuni impiegati li hanno prelevati poco prima
dell’arrivo delle milizie jihadiste.
All’intero della struttura erano contenuti 3500 libri rari, alcuni
dei quali risalenti al XVIII secolo. A questi si aggiungevano 5mila
pubblicazioni governative, risalenti anche al periodo della nascita
dell’Iraq moderno nel 1921.
Ad aggravare il bilancio delle distruzioni i raid aerei della
coalizione internazionale a guida statunitense, che hanno colpito la
libreria nel marzo 2016 ritenendola il centro di comando delle milizie
di Daesh. Secondo gli esperti le bombe avrebbero polverizzato la maggior
parte del milione di libri contenuti al suo interno. Infine, poco prima
di abbandonare la zona i jihadisti hanno dato fuoco all’area per
cancellare ogni traccia della loro presenza all’interno dell’ateneo.
Ali al-Barood, assistente al Dipartimento di traduzioni
dell’università, racconta che “l’odore del fumo si avvertiva anche a 500
metri di distanza”. “I libri - aggiunge - sono stati accatastati in un
angolo e incendiati”.
La campagna per la rinascita della libreria è partita a febbraio,
poco dopo la liberazione del settore orientale di Mosul, in cui sorge
anche l’ateneo. A guidarla il blogger irakeno Mosul Eye, che
negli ultimi anni - e in forma anonima per motivi di sicurezza - ha
raccontato i massacri e le devastazioni compiute dallo Stato islamico.
Ad oggi sono stati raccolti circa 6mila libri e l’obiettivo è arrivare a
quota 20 tonnellate, nelle aree più disparate: dalla scienza, alla
medicina, dall’arte alla letteratura.
Fra i benefattori vi è anche la comunità accademica del Baghdad
College, un prestigioso istituto di studi superiori fondato dai gesuiti
americani negli anni ’30 del secolo scorso. Anas Jaroo, 23enne studente
di ingegneria informatica, ha donato 40 libri di medicina e informatica.
“Mio padre - racconta il giovane, che vive a Baghdad - è un fisico che
si è laureato nell’università di Mosul nel 1982”. “Egli - aggiunge - era
solito raccontarmi dell’università, del suo passato. Per lui era una
piccola Harvard”.