By Asia News
La liberazione di Mosul dalle milizie dello Stato islamico (SI, ex Isis) che nel giugno 2014 hanno assunto il controllo della città “sarà completata entro i prossimi giorni”, perché al momento “restano solo poche aree” presidiate dall’ultimo bastione jihadista. È quanto afferma ad AsiaNews Duraid Hikmat Tobiya, cattolico, già consigliere per le minoranze del governatorato di Ninive e membro della Hammurabi Human Rights Organization, che prefigura una riconquista a breve della ex roccaforte del “Califfato”. Al momento vi sono poche centinaia di uomini, al massimo 350 combattenti [stime dell’esercito irakeno, ndr] concentrati nella Città Vecchia. “Vi è un notevole grado di distruzione - aggiunge il leader cristiano - soprattutto nel lato destro. Ma con l’infuriare della battaglia, il timore è che vi possano essere nuovi, e gravi danni alle infrastrutture”.
La liberazione di Mosul dalle milizie dello Stato islamico (SI, ex Isis) che nel giugno 2014 hanno assunto il controllo della città “sarà completata entro i prossimi giorni”, perché al momento “restano solo poche aree” presidiate dall’ultimo bastione jihadista. È quanto afferma ad AsiaNews Duraid Hikmat Tobiya, cattolico, già consigliere per le minoranze del governatorato di Ninive e membro della Hammurabi Human Rights Organization, che prefigura una riconquista a breve della ex roccaforte del “Califfato”. Al momento vi sono poche centinaia di uomini, al massimo 350 combattenti [stime dell’esercito irakeno, ndr] concentrati nella Città Vecchia. “Vi è un notevole grado di distruzione - aggiunge il leader cristiano - soprattutto nel lato destro. Ma con l’infuriare della battaglia, il timore è che vi possano essere nuovi, e gravi danni alle infrastrutture”.
Il leader cattolico è in contatto con le fonti (per le quali chiede
l’anonimato) che sono rimaste a Mosul per tutto il periodo in cui la
metropoli del nord dell’Iraq è rimasta sotto il dominio di Daesh
[acronimo arabo per lo SI]. Il timore, spiega, è che nello scontro
finale fra jihadisti e coalizione arabo-curda “possano morire molti
civili innocenti”. Ad oggi, aggiunge, “vi sono fino a 100mila persone
sotto assedio, la maggior parte delle quali donne, bambini e anziani”
che vengono usati dai miliziani fondamentalisti “come scudi umani” per
coprirsi la fuga.
Nel fine settimana i miliziani dello Stato islamico (SI) hanno
lanciato una contro-offensiva, per rispondere ai crescenti attacchi
della coalizione arabo-curda che, dopo aver liberato il settore
orientale di Mosul, ora punta al controllo completo della città. I
jihadisti hanno dislocato un gran numero di kamikaze in alcuni punti
strategici, pronti a farsi esplodere. Testimoni locali sottolineano che,
a dispetto dei tentativi di opposizioni la sconfitta finale si fa
sempre più vicina.
Gli scontri hanno interessato i distretti occidentali di Al-Tanak,
Rajm Hadid e Al-Yarmouk, provocando morti e feriti. L’avanzata
dell’esercito è rallentata dai cecchini, in grado di colpire anche al
buio grazie all’uso di visori notturni. Tuttavia, secondo quanto
affermato alti ufficiali irakeno da una “prospettiva militare” lo Stato
islamico “è finito”. I timori maggiori riguardano la sorte dei civili,
ancora intrappolati dietro le linee jihadiste con poco cibo, medicinali e
acqua a disposizione. Il numero degli sfollati ha superato quota
800mila.
Musulmani e cristiani fuggiti dalla città condividono le medesime
difficoltà e preoccupazioni, spiega Duraid Hikmat Tobiya, cui si
aggiungono le devastazioni, lo sfollamento e la mancanza di lavoro. “Il
futuro di Mosul - aggiunge - è ancora assai vago. Aspettiamo la
liberazione completa, per vedere ciò che accadrà. La priorità resta però
la ricostruzione, di modo che la gente possa tornare e riprendere le
proprie attività di un tempo”. Secondo il leader cattolico è ancora
presto per parlare di “piena coesistenza pacifica” fra i fedeli delle
due religioni, anche perché “l’ideologia estremista permea una parte
della popolazione” e anche con la sconfitta dell’Isis i timori di nuove
violenze non saranno dissipati. In questo senso è compito delle autorità
centrali a Baghdad adoperarsi per sradicare queste sacche di
fondamentalismo. E sarà possibile farlo valutando “i sermoni del venerdì
nelle moschee” e colpendo quanti predicano odio e divisioni. A questo
si aggiunge la modifica dei curriculum scolastici, “perché - conclude -
non vi può essere coesistenza senza un cambiamento radicale del
pensiero, eliminando alla radice l’ideologia che Daesh ha instillato
nelle menti delle persone, soprattuto i giovani, negli ultimi tre anni”.
Intanto nell’area di Mosul liberata dall’offensiva arabo-curda - in cui permangono i segni delle gravi e sistematiche violenze
compiute dallo SI - la popolazione musulmana ha festeggiato per la
prima volta senza la minaccia jihadista la festa di Eid al-Fitr per la
fine del Ramadan. I bambini (nella foto) si sono riversati
nelle strade e piazze del settore orientale; alcuni di loro hanno
festeggiato con riproduzioni di pistole e fucili, gli unici “giocattoli”
ammessi sotto il Califfato, mentre altri ne hanno approfittato per
rispolverare i vecchi balocchi.
Da Mosul parte infine un appello alla comunità internazionale per la
ricostruzione del minareto pendente [la “Hadba”] che affiancava la
moschea di al-Nouri, devastata nei giorni scorsi dallo SI durante gli scontri con l’esercito irakeno. Promosso dal popolare blogger Mosul Eye,
che da tempo racconta in forma anonima la vita sotto il Califfato,
l’appello spiega che “far rinascere il minareto di al-Hadbaa” vuol dire
al tempo stesso “rilanciare l’identità di Mosul”. Il minareto
rappresenta un patrimonio “culturale e umano” per tutto il popolo della
città, cristiani e musulmani; la sua distruzione ha rappresentato “la
distruzione della nostra identità umana”. Una sua ricostruzione
costituirebbe un segnale di “attenzione” della comunità internazionale
per le sorti della regione e una dura risposta “contro il terrorismo che
ha distrutto un patrimonio umano”.
Mosul Eye
Revive Mosul’s identity – Rebuild Al-Hadbaa
Mosul Eye
Revive Mosul’s identity – Rebuild Al-Hadbaa