By Fides
Due Patriarchi delle Chiese d'Oriente, il siro ortodosso Ignatius Aphrem
II e il siro cattolico Ignatius Youssif III Younan hanno preso parte ai
lavori della Conferenza sul futuro dei cristiani in Iraq (A Future for
Christians in Iraq) organizzata a Bruxelles, presso la sede del
Parlamento Europeo, su iniziativa del parlamentare europeo Lars
Adaktusson, esponente del Partito cristiano democratico svedese. "Lo
scopo di questa conferenza” aveva dichiarato Adaktusson per lanciare
l'iniziativa “è il ritorno della popolazione nella Piana di Ninive, e io
invito tutti i caldei, i siri e gli assiri a unirsi per assicurare che
il loro popolo possa tornare a casa”.
Ai lavori della Conferenza, che si concludono nella giornata di oggi, venerdì 30 giugno, non hanno invece preso parte rappresentanti della Chiesa caldea né della Chiesa assira d'Oriente. Il Patriarcato caldeo, come ha già riferito l'agenzia Fides (vedi Fides 28/6/2017), aveva spiegato in una nota - diffusa la scorsa settimana – le ragioni della mancata adesione all'iniziativa europea, ricordando, tra l'altro, che “il futuro dei cristiani è legato al futuro di tutto il popolo iracheno”, del quale i cristiani iracheni sono parte integrante, e giudicando quindi inopportune iniziative organizzate presso istituzioni politiche occidentali che esprimono attenzione e appoggio in forma esclusiva alle comunità cristiane presenti in Iraq. Se Paesi e istituzioni occidentali vogliono aiutare i cristiani in Iraq – si leggeva in quella nota – possono farlo sostenendo la lotta al terrorismo e la ricostruzione del Paese, così da favorire anche i profughi cristiani che vogliono tornare alle proprie terre d'origine. Il Patriarcato caldeo aveva richiamato anche le tante sigle e micro-formazioni politiche cristiane locali a farsi carico delle proprie responsabilità, evitando di inseguire ipotesi politiche fantasiose e irrealizzabili.
Nella giornata di giovedì 29 giugno, alcuni media legati alla comunità cristiana assira hanno riferito che anche la Chiesa assira d'Oriente ha deciso di non inviare nessun rappresentante alla conferenza di Bruxelles. Secondo le fonti citate da Assyria TV, il Patriarcato assiro ha giudicato l'iniziativa ospitata dal Parlamento Europeo come troppo sbilanciata a favore dei disegni politici indipendentisti perseguiti dai leader curdi della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, intenzionati a allargare la propria influenza sulla Piana di Ninive.
Nel suo intervento, il Patriarca siro ortodsso Ignatius Aphrem II ha dichiarato che i cristiani in Medio Oriente vogliono solo vivere in pace insieme ai loro connazionali, e ha invocato il sostegno internazionale a favore della ricostruzione e del ritorno dei rifugiati alle proprie terre d'origine, sia in Iraq che in Siria, ma non ha fatto alcun riferimento alla necessità di mobilitare forze di protezione internazionali a favore del reinsediamento delle comunità cristiane nelle proprie aree di radicamento storico.
Già all'inizio di maggio, come documentato dall'Agenzia Fides (vedi Fides 6/5/2017) il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako aveva diffuso una lettera in cui suggeriva ai cristiani di non chiudersi in trincea e di non farsi abbagliare da proposte irrealiste e intempestive. In quell'occasione, il Patriarca sembrava alludere in particolare alle ipotesi – rilanciate anche di recente da politici cristiani iracheni – di istituire nel nord dell'Iraq aree protette riservate alle minoranze etnico-religiose – comprese quelle cristiane – dotandole di autonomia amministrativa o addirittura sottoponendole a garanzie e sistemi di protezione internazionali.
Ai lavori della Conferenza, che si concludono nella giornata di oggi, venerdì 30 giugno, non hanno invece preso parte rappresentanti della Chiesa caldea né della Chiesa assira d'Oriente. Il Patriarcato caldeo, come ha già riferito l'agenzia Fides (vedi Fides 28/6/2017), aveva spiegato in una nota - diffusa la scorsa settimana – le ragioni della mancata adesione all'iniziativa europea, ricordando, tra l'altro, che “il futuro dei cristiani è legato al futuro di tutto il popolo iracheno”, del quale i cristiani iracheni sono parte integrante, e giudicando quindi inopportune iniziative organizzate presso istituzioni politiche occidentali che esprimono attenzione e appoggio in forma esclusiva alle comunità cristiane presenti in Iraq. Se Paesi e istituzioni occidentali vogliono aiutare i cristiani in Iraq – si leggeva in quella nota – possono farlo sostenendo la lotta al terrorismo e la ricostruzione del Paese, così da favorire anche i profughi cristiani che vogliono tornare alle proprie terre d'origine. Il Patriarcato caldeo aveva richiamato anche le tante sigle e micro-formazioni politiche cristiane locali a farsi carico delle proprie responsabilità, evitando di inseguire ipotesi politiche fantasiose e irrealizzabili.
Nella giornata di giovedì 29 giugno, alcuni media legati alla comunità cristiana assira hanno riferito che anche la Chiesa assira d'Oriente ha deciso di non inviare nessun rappresentante alla conferenza di Bruxelles. Secondo le fonti citate da Assyria TV, il Patriarcato assiro ha giudicato l'iniziativa ospitata dal Parlamento Europeo come troppo sbilanciata a favore dei disegni politici indipendentisti perseguiti dai leader curdi della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, intenzionati a allargare la propria influenza sulla Piana di Ninive.
Nel suo intervento, il Patriarca siro ortodsso Ignatius Aphrem II ha dichiarato che i cristiani in Medio Oriente vogliono solo vivere in pace insieme ai loro connazionali, e ha invocato il sostegno internazionale a favore della ricostruzione e del ritorno dei rifugiati alle proprie terre d'origine, sia in Iraq che in Siria, ma non ha fatto alcun riferimento alla necessità di mobilitare forze di protezione internazionali a favore del reinsediamento delle comunità cristiane nelle proprie aree di radicamento storico.
Già all'inizio di maggio, come documentato dall'Agenzia Fides (vedi Fides 6/5/2017) il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako aveva diffuso una lettera in cui suggeriva ai cristiani di non chiudersi in trincea e di non farsi abbagliare da proposte irrealiste e intempestive. In quell'occasione, il Patriarca sembrava alludere in particolare alle ipotesi – rilanciate anche di recente da politici cristiani iracheni – di istituire nel nord dell'Iraq aree protette riservate alle minoranze etnico-religiose – comprese quelle cristiane – dotandole di autonomia amministrativa o addirittura sottoponendole a garanzie e sistemi di protezione internazionali.