By Baghdadhope*
L'arresto di decine di cattolici caldei di origine irachena residenti negli USA che nelle decadi passate si erano macchiati di crimini più o meno gravi per i quali hanno scontato le pene loro inflitte e che sarebbero ora destinati ad essere deportati in Iraq ha suscitato molto scalpore nella comunità in nord America ma anche in Iraq.
Baghdadhope ne ha parlato con il vicario patriarcale caldeo, Mons. Basel Yaldo di recente tornato da una lunga visita proprio alla diocesi di San Tommaso Apostolo a Detroit.
"Decine di famiglie stanno contattando il patriarcato dopo ciò che è successo a Detroit" ha spiegato il vescovo Yaldo, "chiedono che esso intervenga presso il governo iracheno perchè faccia pressione su quello americano e blocchi i provvedimenti di espulsione."
E' possibile?
"E' una questione molto delicata che riguarda i due governi e non ascolterebbero le nostre proposte. Queste persone non hanno documenti di cittadinanza americani o perchè sono entrati illegalmente nel paese decine di anni fa o perchè, avendo commesso dei crimini seppure espiati, sono stati loro rifiutati. L'amministrazione Trump vuol ripulire gli Stati Uniti da chi ha la fedina penale macchiata ed anche queste persone sono state coinvolte in questa politica. Nel caso venissero deportati in Iraq però i problemi sarebbero enormi. Io stesso conosco la vicenda di un uomo di 47 anni, negli USA da quando ne aveva 9, che in Iraq non ha più nulla e nessuno e non parla neanche l'arabo. Cosa farebbe quest'uomo qui, come sopravviverebbe?"
I cristiani inoltre non hanno vita facile in Iraq....
"Certo, immaginiamo un cristiano di origine sì irachena ma che non conosce il paese.. ciò che noi auspichiamo è che l'amministrazione USA aspetti che la situazione qui sia migliorata e la misericordia per queste persone che hanno già pagato il loro debito verso la società e che, ripeto, in alcuni se non molti casi non hanno con l'Iraq nessun legame materiale, affettivo o culturale. "
Per ora le notizie sul seguito di quanto successo domenica 11 sono scarne.
Secondo il vescovo della diocesi di San Tommaso Apostolo, Mons. Francis Kalabat, la questione è già arrivata sul tavolo del vice-presidente Mike Pence che solo lo scorso mese al summit mondiale per i cristiani perseguitati tenutosi a Washington aveva affermato di parlare "per conto del Presidente (Trump) come segno tangibile del suo impegno nella difesa dei cristiani e di tutti coloro che al mondo soffrono a causa del loro credo religioso;" che è stato affidato l'incarico ad uno studio legale e che si sta cercando di convincere i membri del Congresso a firmare una petizione da inviare a John F. Kelly, Segretario di Stato per la sicurezza, per fermare il processo di deportazione.
Secondo il patriarcato caldeo per l'ambasciata irachena a Washington la questione "è un affare interno del governo degli Stati Uniti" anche se l'istituzione diplomatica farà il possibile per "facilitare le procedure di comunicazione con le autorità USA coinvolte."
SIR
15 giugno 2017
Caldei arrestati negli Usa: mons. Yaldo (Baghdad), “I governi non ci ascolterebbero”. Si prova a bloccare l’espulsione verso l’Iraq
Baghdadhope ne ha parlato con il vicario patriarcale caldeo, Mons. Basel Yaldo di recente tornato da una lunga visita proprio alla diocesi di San Tommaso Apostolo a Detroit.
"Decine di famiglie stanno contattando il patriarcato dopo ciò che è successo a Detroit" ha spiegato il vescovo Yaldo, "chiedono che esso intervenga presso il governo iracheno perchè faccia pressione su quello americano e blocchi i provvedimenti di espulsione."
E' possibile?
"E' una questione molto delicata che riguarda i due governi e non ascolterebbero le nostre proposte. Queste persone non hanno documenti di cittadinanza americani o perchè sono entrati illegalmente nel paese decine di anni fa o perchè, avendo commesso dei crimini seppure espiati, sono stati loro rifiutati. L'amministrazione Trump vuol ripulire gli Stati Uniti da chi ha la fedina penale macchiata ed anche queste persone sono state coinvolte in questa politica. Nel caso venissero deportati in Iraq però i problemi sarebbero enormi. Io stesso conosco la vicenda di un uomo di 47 anni, negli USA da quando ne aveva 9, che in Iraq non ha più nulla e nessuno e non parla neanche l'arabo. Cosa farebbe quest'uomo qui, come sopravviverebbe?"
I cristiani inoltre non hanno vita facile in Iraq....
"Certo, immaginiamo un cristiano di origine sì irachena ma che non conosce il paese.. ciò che noi auspichiamo è che l'amministrazione USA aspetti che la situazione qui sia migliorata e la misericordia per queste persone che hanno già pagato il loro debito verso la società e che, ripeto, in alcuni se non molti casi non hanno con l'Iraq nessun legame materiale, affettivo o culturale. "
Per ora le notizie sul seguito di quanto successo domenica 11 sono scarne.
Secondo il vescovo della diocesi di San Tommaso Apostolo, Mons. Francis Kalabat, la questione è già arrivata sul tavolo del vice-presidente Mike Pence che solo lo scorso mese al summit mondiale per i cristiani perseguitati tenutosi a Washington aveva affermato di parlare "per conto del Presidente (Trump) come segno tangibile del suo impegno nella difesa dei cristiani e di tutti coloro che al mondo soffrono a causa del loro credo religioso;" che è stato affidato l'incarico ad uno studio legale e che si sta cercando di convincere i membri del Congresso a firmare una petizione da inviare a John F. Kelly, Segretario di Stato per la sicurezza, per fermare il processo di deportazione.
Secondo il patriarcato caldeo per l'ambasciata irachena a Washington la questione "è un affare interno del governo degli Stati Uniti" anche se l'istituzione diplomatica farà il possibile per "facilitare le procedure di comunicazione con le autorità USA coinvolte."
SIR
15 giugno 2017
Caldei arrestati negli Usa: mons. Yaldo (Baghdad), “I governi non ci ascolterebbero”. Si prova a bloccare l’espulsione verso l’Iraq